Pressing
insistente, perfino disperato, del Pd a Roma, non senza l’avallo di Zingaretti,
per condividere liste e poteri con la sindaca 5 Stelle Raggi. Di cui si sa che
non prenderà un solo voto a Roma quando si potrà votare, a partire dal 27
ottobre (suppletiva per il seggio di Gentiloni). Assurdo. A meno che non sia tanto
forte il bisogno di rientrare nella corruzione. Che domina questo Campidoglio.
Il
Pd romano è quello che per sbarazzarsi di Marino, che riportò la città a
sinistra dopo Alemanno, ma non voleva “condizionamenti” (affarucci), andò a
dimettersi da un notaio.
Zingaretti
per primo ha aperto le porte ai 5 Stelle, prendendosi a assessora la temibile Lombardi.
Vorrebbe il reciproco al Campidoglio. E
vuole liste comuni, un raggruppamento alla Berlusconi con i 5 Stelle, per
affrontare la sconfitta che si annuncia il 27 ottobre, a Roma 1 e anche in
Umbria - e quella possibile un mese dopo anche in Emilia e Calabria. Ma
partendo dal 36 per cento dei sondaggi?
Sembra
una strategia suicida. Perdere da soli ci sta, su tre-quattro schieramenti in
gara alcuni devono perdere, è logico, ma perdere con i grillini, recalcitranti, non è
un harakiri?
Nessun commento:
Posta un commento