In Inghilterra soprattutto,
si moltiplicano gli studi sul “mito” della democrazia popolare e della “volontà
del popolo”. In America lo scandalo Brexit è stato sopravanzato, se possibile,
dall’effetto Trump, posteriore. Ma benché partiti dopo, anche gli scienziati
politici americani rivedono i limiti della democrazia. Con meno ansia degli inglesi,
a quello che si legge, forse perché l’assetto istituzionale americano è democrazia
pura, senza Lord e senza Corona, e forte – e comunque l’America, che il
populismo ha inventato, nel primo Ottocento, e con più forza ha alimentato, non
può far finta di nulla.
Caleb Crain, che è americano
ma non cattedratico, è anche più cauto. Romanziere premiato, del genere, gay, è
anche autore di saggi sull’America, le istituzioni e i modi di essere. Questo “caso
contro la democrazia è il disinnesco del caso stesso. “Circa un terzo degli
elettori americani pensa che lo slogan marxista «da ognuno secondo le sue
capacità , a ognuno secondo i suoi bisogni» appare nella Costituzione” è l’esordio:
“Più o meno la stessa percentuale è incapace di nominare anche una sola delle tre
branche del governo costituzionale. Meno di un quarto conosce il nome dei suoi
senatori, e solo la metà sa che ogni stato ne ha due”. Ma l’ignoranza non
diminuisce la democrazia.
Il problema non è nuovo, Crain
spiega paziente ai suoi sofisticati lettori, quelli del “New Yorker” – come dire
che l’ignoranza è infinita: “La democrazia è gli altri, e l’ignoranza dei molti
ha da tempo irritato i pochi, specialmente i pochi che si considerano
intellettuali”. A partire da Platone, dalla “Repubblica” e anche prima, fino a
J.S.Mill: una quadro della “democrazia rappresentativa”. Che Schumpeter un secolo
dopo Mill vedeva limitata giustamente al voto, il controllo diretto dei rappresentanti
eletti tra un voto e un altro considerando nocivo, alla legislazione e alla
democrazia stessa, agli interessi “popolari”. Tra una consultazione e l’altra l’elettore
deve evitare, consigliava, “la guida politica dal sedile posteriore”. L’effetto
sarebbe deleterio, e ognuno ne vede i risultati con i sondaggi in continuo.
Troppa democrazia rende ineffettuale
la democrazia. Ma questo non riguarda la consultazione popolare, voto politico
o referendum. Questo è l’esito della parlamentarizzazione dell’opinione pubblica,
ignorante e ondivaga quale è. Attraverso i sondaggi, e ora i social.
C’è una aloofness della sociologia anglosassone, compresa la sociologia politica,
tutta basata, forse per un fatto linguistico, sulle esperienze anglosassoni,
anzi solo inglesi e americane. Il Resto del Mondo non conta. Il problema è che
il Resto del Mondo non pensa se il mondo anglosassone non pensa. E poi pensa a
rimorchio, dei problemi cioè specifici alla Gran Bretagna, anzi all’Inghilterra,
e agli Stati Uniti. Per di più come se fossero un’apocalisse, Brexit o Trump.
Il popolo ignorante è
comunque tra noi e con noi. Decide anche per conto nostro, e comunque noi ce ne
serviamo molto. Forse, se provassimo a istruirlo invece che a disprezzarlo, la sana
alterigia intellettuale sarebbe anche democratica.
Caleb Crain, The Case against Democracy, “The New
Yorker” 7 novembre 2016, free online
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