Tentativi di cambiare la Costituzione,
nel senso della governabilità, ce ne sono stati, ma a nessun effetto. Non con
al riforma Renzi, bocciata. Non con la riforma in senso maggioritario dei regii
elettorali: si è tentato di rafforzare le funzioni esecutive col voto maggioritario
e i raggruppamenti personali, con un candidato a sindaco, a presidente della
Regione, a presidente del consiglio, ma a nessun effetto.
La Repubblica è sempre quella. Solo che
è di Gronchi, e non di Einaudi. È la Repubblica dell’Italia democristiana,
post-degasperiana. Anche gli uomini sono gli stessi, della stessa caratterizzazioe
politica, democratica cristiana – “popolare” nel gergo politico tedesco - seppure
di diversa generazione. E compreso il prossimo presidente della Repubblica, sia
esso Prodi, o l’inevitable giurista costituzionale emerito, o lo stesso Mattarella.
L’opinione vive in Italia nell’irrealtà.
Dei media. Che nominano e celebrano repubbliche che non esistono. Mentre non
rimarcano nemmeno le persistenze.
L’unica novità è l’inabissamento del
partito Comunista. Che ha trascinato con sé tutti gli altri partiti progressisti,
socialisti e laici, con la giustizia politica. Ma solo per rafforzare la continuità
democristiana. Napolitano è esemplare a questo proposito, il presidente della
Repubblica ex Pci che ha distrutto, letteralmente, le residue forze non
democristiane a favore di governi “popolari”, cioè Dc.
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