venerdì 6 settembre 2019

L’Africa fantasma

Fanno uno strano effetto di attualità queste note di viaggio di ottant’anni fa. Che non dicono molto, ma sì l’essenziale dell’Africa. “Fantasma” all’epoca per Leiris, che non ne sapeva nulla, e poco ne ha imparato. Fantasma ancora, spiega per questa riedizione, nel 1951, per la stessa “decolonizzazione” che sembrava dopo la guerra prendere piede, e gli aveva l’aria di un’impostura. E per questo aspetto fantasma ancora oggi, che tanto se ne parla: terra incognita - anche se la scoperta dell’Africa è stata fatta prima di Gesù Cristo.
Tra il 1931 e il 1933 Leiris, trent’anni, XVImo arrondissement , i Parioli di Parigi, un po’ surrealista, ma in rotta col surrealismo professo, confuso anche sul piano personale, dice nella prefazione, o “dell’emotività” (degli affetti?), riesce a farsi includere nella spedizione etnografica Dakar-Gibuti che Marcel Griaule ha organizzato, con mansioni ancillari. Naturalmente divenendone il dominus, per le note che ha preso nella lunga traversata, e che al ritorno André Malraux si è incaricato di fare pubblicare da Gallimard, di cui era consulente – unica manomissione editoriale al lunghissimo testo il titolo, più di fantasia che di relazione “scientifica”. Nella nota del 1951 al diario del 5 aprile 1933, a Gondar, Leiris  stesso spiega i limiti della pubblicazione: “essenzialmente effemeridi o note di agenda”, con “poca introspezione”. Sopraffatto, si direbbe, da ciò che vede o cerca, ma con poco succo.
Griaule, massima autorità in fatto di etnografia e di Africa, non apprezzò gli appunti e interruppe ogni contatto col suo assistente avventizio – che poi diverrà massima autorità degli studi di antropologia, successivamente, dopo la pubblicazione nel 1934 di “Età d’uomo”. Non resta molto in effetti: Leiris, appassionato di riti della possessione - come sarà nel dopoguerra in Italia per De Martino -, finisce irretito dalla genia dei mediatori culturali, si direbbe oggi, gli informatori. Sono interpreti e attori a soggetto, quelli che: cosa vuole l’Europeo antropologo, etnologo, folkorista noi glielo facciamo trovare. 
A distanza si vede a sbalzo. Un mondo a sé, poiché sa, dovendo sapere i rudimenti della lingua dell’ospite, come irretire il ricercatore, diventandone il dominus. In Africa con particolare velocità e manomissione, l’africano sa essere convincente - non ha una sola ragione. Favorirà il ricercatore per quello che lui\lei pensa debba interessargli, e il grado di scientificità è testimoniato-provato dalle mance. Fra trucchi costanti, quotidiani, comprese divinazioni e transe a questo fine.
Il libro è così, voluminoso di dettagli inutili. E di una realtà parallela. Minuzioso, dettagliato e inconcludente.Una realtà fatta di cerimonie e magie quasi ovunque reliquate e bizzarre – un piccolo business.  In questo una testimonianza a futura memoria, benché involontaria, dello stato degli studi etnografici. 
La seconda metà del libro è un diario ora per ora di un distinto gruppo di questi mediatori, attorno a una donna mezzo fattucchiera mezzo naiade, benché nonna e bisnonna, provvista di figlie e nipoti. Senza esito, se non inattendibili riti del sangue – nella cristianissima Etiopia – o dell’acqua. E feste tradizionali “vendute” in onore degli ospiti. Per un tallero in più, o un orologio, o una penna stilografica. Anche una raccomandazione per un nipote, che sia accettato tra gi ascari, le truppe coloniali.
Di unico interesse a distanza, nelle due-trecento pagine di Gondar, le serate e feste col Console, che è il console italiano. Che si presenta “rigorosamente in camicia nera”, e fa discorsi “oltraggiosamente politici”, ma si dimostra informatissimo di tutte le guerre e guerriglie intestine all’impero, comprese quelle che la carovana scientifica andrà a incontrare. Sono le divisioni che promuoveranno la conquista italiana e l’impero.
Il 1933 è anche l’anno del tentato assalto, da parte di una banda etiope, organizzata da agenti inglesi – in concorrenza con l’Italia sulla Somalia - al consolato italiano a Gondar. Prima o dopo l’arrivo della missione Griaule. Ma Leiris non ne fa cenno: è un’invenzione, posteriore, del governo italiano?
Massaua italiana alla fine del viaggio apparirà bella e pulita. La missione arriva in treno da Gibuti ed è accolta con onori e banchetti, nel segno dell’amicizia franco-italiana – che in realtà non cera, anche la Francia progettava un attacco tra la Somalia italiana e lEtiopia, ma Leiris non lo sa, è digiuno di politica. Il governatore italiano è “un Ercole, oppure un dio marino”. 
La missione parte per il rientro da Massaua su “un cargo misto a motore che si chiama «Volpi». Tutto nuovo, tutto curato, tutto bello”. È la festa della regina d’Italia e il “Volpi” è pavesato a festa, come tutte le imbarcazioni del porto. Cabine spaziose e ben aerate”. A bordo “una madre americana e le sue tre figlie” – “che flirtano in continuazione con gli ufficiali, comandante compreso” (“al punto che” Leiris si domanda “se le ragazze non siano delle professioniste”).
Sul finale, forse favorito dalla scoperta dell’Italia, dell’Africa italiana pulita, Leiris ha anche l’idea di un racconto africano, su “un personaggio nel genere di Axel Heyst (v. Conrad)”. Da non confondere con il Kurz conradiano del più celebre “Cuore di tenebra”: Heyst è lo svedese in età che ha scelto di vivere solo in un’isola felice (chiamato Axel come tributo al dramma analogo, intitolato “Axel”, di Villiers de l’Isle-Adam), che si innamora di una voce, lento protagonista del romanzo tardo di Conrad “Vittoria”.
Ma è un bagliore isolato, il viaggio finisce a pesce. Gibuti è cadente e sporca: non ci sono che belgi, whisky, e prostitute somale, che giocano alle ninfe, appaiono e scompaiono - come usava nei night-club in Europa. È l’inizio di una fine brusca e malinconica. Piogge torrenziali. Il “Volpi” riparte senza il gruppo Griaule, lo stesso Leiris ha perso ogni voglia di andare a Calcutta, dove il piroscafo farà scalo, per sbarcare le americane: “Il viaggio esotico è finito. Niente più desiderio di Calcutta, né di donne di colore (come fare l’amore con le vacche: alcune hanno un sì bel pelame!), e nessuna più illusione, di quelle che mi assediavano”.
Un libro per molti aspetti tuttavia ragguardevole, giustamente famoso. Tradotto trentacinque anni fa da Rizzoli, è ora introvabile. Una nuova traduzione è censita dalle librerie online. Una nuova traduzione, secondo Amazon, è prevista per l’1 gennaio 2030 (nell’attesa si può prenotare...). Secondo altre librerie è già stato pubblicato nel 2015 da Quodlibet, allo stesso prezzo di Amazon, € 26, ma si può solo prenotare.
Michel Leiris, L’Afrique fantôme, Tel Gallimard, pp. 658 € 18,90

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