martedì 17 settembre 2019

L’amore assoluto non si consuma

Nella sintesi di Monica D’Onofrio, che ha curato la riedizone, “l’amore, come tutte le cose di questo mondo, non può durare in eterno e, di conseguenza, non è vero fino in fondo”. Un’insufficienza che però non dissuade De Roberto, il quale, scapolo a vita e senza mai una relazione riconosciuta, scrive sempre e soltanto di amore. Questi apologhi, avviati nel 1892, riprende e raddoppia trentacinque anni dopo, nel 1928. Nel mezzo un poderoso trattato, 1895, “L’Amore. Fisiologia. Psicologia. Morale”, completo di formula matematica: amore = bI + sS (V G Pi Pr C), bellezza e Istinto (amore sensuale), con simpatia e Solidarietà (fatta di Vanità, Gratitudine, Pietà, Proprietà, Curiosità, Poesia). Più “Gli Amori”, racconti-saggio che esemplificano la sua “Fisiologia”. Gli amori di George Sand ,”Una pagina della storia dell’amore”. E gli amori dei Grandi, Rousseau, D’Alembert, Goethe, Napoleone, Balzac, Bismarck et al.,  “Come si ama”. Seguita da “Le donne, I cavalier…”. Nonché molti romanzi, “L’illusione”, “Spasimo”, “La messa di nozze”.
Il tema si vuole romantico, indagato perciò da tedeschi, ma in chiave positivista. Qui un po’ meno, De Roberto avendo fatto abiura della sua fiducia nella psicologia, ma ancora saputello, sistematico. La fine più triste dell’amore – è il primo tema (la raccolta ne discute sei)? La morte dell’amata, in ordine di peso, di tristezza crescente, il tradimento, l’abitudine. E così via per gli altri casi: l’abbandono, la trascuratezza, le gelosia.  
L’argomentazione è settecentesca, “francese” – il modello è sempre Choderlos de Laclos, “Le relazioni pericolose”.  Con molti francesismi, anche sbagliati – c’è perfino una Mademoiselle de Lafayette. La chiave è maschilista – ma meno che nel solito De Roberto. Gli altri casi in realtà non sono esemplari, semplificabili. Eccetto l’ultimo, “L’amore supremo”: è quello  che non si consuma – nel senso volgare della parola, quello che rimane allo stato di promessa (una sorta di coitus interruptus): “Se amare qualcuno importa quasi sempre più che odiarlo, giacché chi odia può anche astenersi dal far male, mentre chi ama infligge sempre dolori e tormenti, la migliore, la vera prova d’amore sarà appunto questa: rinunziare all’amore”. 
Esempi comunque di sofferenze. In chiave personale un’autogiustificazione, seppure non richiesta. Fra Torquemada, l’amore torturatore, richiamato esplicitamente: “Non facciamo noi l’elogio dei Torquemada quando, per strappare a qualcuno la verità, lo afferriamo per le braccia, gli stringiamo le mani come dentro una morsa, gl’infiggiamo nello sguardo il nostro sguardo rovente?” E i miti: “Le miti nature preferiscono patire piuttosto che far patire”. L’amore? Un patimento – manca a De Roberto il rinvio a pathos ma nell’idea c’è.
Francesco De Roberto, La morte dell’amore, Salerno, remainders, pp. 103 € 4

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