Autore - È “storico e poeta, veridico e
bugiardo”, Diderot, “I due amici di Bourbonne”.
Bergamo – Era il nome di un tessuto, legato alla
città – come Genova per quello che poi è diventato jeans. Era un tessuto da
tappezzeria, grossolano, di lana, filo o cotone, uniforme, a colori matti,
senza figure
Brera – Protoleghista, teorico e filologo
della Padania. Uno che quando litigò con Arpino e volle ingiuriarlo, lo chiamò “terrone
riciclato”. E i “meridionali parassiti” tuonava nei comizi, candidato
socialista, che li avrebbe “rispediti a casa”. Ma di Bossi non aveva buona opinione:
era leghista classista.
Robert Capa – Un mito, all’improvviso, con la fortuna della fotografia,
ben oltre l’indubbia capacità e la fortuna. Malgrado si sappia da qualche anno
che si era inventata la foto che lo ha reso celebre, la morte del Miliziano in
Spagna. Camilleri, “Come la penso”, favoleggia di un incontro fortuito, in
solitario, nella campagna di Porto Empedocle, nell’autunno del 1943. Helena
Janeczek, nel biopic “La ragazza con la Leica,” lo fa amante inarrivabile per Gerda
Taro, la sua eroina. Due belli, ma lui più di lei. Che ne fu invece inizialmente
socia. Col nome Robert Capa, da lei inventato, come ragione sociale, per vendere
meglio gli scatti a Parigi e alle riviste americane – un nome che si pronunciava
facile in francese, inglese e tedesco, e richiamava Frank Capra, allora in gran
voga.
Docufilm
– Si moltiplicano come veicoli pubblicitari. Di persone, personaggi, attività,
imprese. Giocando sulla forma artistica – vengono presentati ai festival, recensiti,
proiettati anche – ma basta l’annuncio, non si vedono di fatto nei cinema. A
opera di registi (soggettisti, sceneggiatori) sempre indipendenti. Vito
Robbiani e Marco Alessi dirigono e producono per esempio quello di Mariam bin
Laden, una signora che in Arabia Saudita sarebbe anche dentista, della nota
famiglia di ipercostruttori (nonché di Osama e dell’11 settembre), eroina delle
traversate in mare, che col ricavato delle sue imprese natatorie fonda un
ospedale per profughi siriani in Giordania. Parte del programma saudita di
accreditamento di un regime politico patrimoniale, della famiglia Saud, e
fortemente islamico, nel senso più bigotto, come paese moderno, che coltiva la
liberazione della donna.
Era la politica dello scià
di Persia prima della “rivoluzione” di Khomeiny. Che per questo aveva voluto i
migliori nomi occidentali, tra essi Moravia e un congruo numero di registi
italiani, avvicinati e\o contrattati.
Nomi –
Sono essenziali al narratore, allo scrittore di fantasia, dice Soldati,
“Racconti del Maresciallo”, che il momento dei nomi sacralizza: “”Devono
aiutare la fantasia dello scrittore molto prima e molto pù di quella del lettore: devono in qualche modo
echeggiare il suono di veri nomi ma, ma anche differenziarsene, quasi per
lasciare lo scrittore più libero dalle sue stesse invenzioni, e quasi per
garantirgli la vita autonoma e completa dei personaggi”..
Un mago dei nomi si può dire Camilleri. Specie nei racconti
non di Montalbano. Le accolte per esempio dei tanti circoli di notabili di
paese: basta il nome per farne personaggi.
Quasimodo. – “Un arabo che cantava da greco”, lo
ricordò Gianni Brera, che gli era amico di cene prolungate. Ma Quasimodo non è
“greco”, se non in traduzione – molte ne fece dal greco.
Piccolo Profeta – Era il soprannome di Melchiorre
Grimm, l’editore a Parigi della “Correspondance littéraire”, il periodico
manoscritto in una ventina di copie che propagò gli scritti degli Illuministi
presso le corti europee, a pagamento. Gli derivava dalla contesa detta dei
“Bouffons”, 1753 (poi prolungata nella “Querelle des deux Musiques”), sui
meriti dell’opera francese e dell’opera italiana, nella quale Grimm si era
schierato per l’opera italiana, trascinando con sé il “partito dei filosofi”, gli
illuministi, Voltaire, Diderot, etc. Grimm aveva preso posizione con un opuscolo
satirico intitolato “Le petit Prophète de Boehmischbrda”.
Soldati - Entusiasta della Spagna del Mundial, “un
mese indimenticabile”, ci scrisse sopra tanto da farne un libro, “Ah, il
Mundial!”. Contento anche della compagnia, i “colleghi” giornalisti, Brera fra
i tanti. Ma Brera, nei taccuini-diario che annotava giornalmente (ora nell’archivio
della Fondazione Mondadori) del Mundial si lamenta : “Confessa la malinconia e
la pioggia di Vigo e l’insofferenza per le serate con Mario Solfati”, riferisce
sul “Venerdì di Repubblica”. Angelo Carotenuto, che i taccuini ha potuto
consultare.
Al
Mundial si portava appresso un bidet portatile – particolare che gli altri
inviati non rimarcano, forse per timore reverenziale con l’inviato del
“Corriere della sera”. Lo ricorda Roberto Perrone presentando “Tutti i racconti
del Maresciallo”: “Siccome non era certo di trovarlo sempre, in tutti gli
alberghi spagnoli che avrebbe dovuto cambiare, se l’era portato da casa”.
Tribalismo – È ben letterario in Italia, seppure non esclusivista, non
razzista – oggi si dice suprematista. Nell’uso costante, studiato, dei dialetti
– Porta, Belli, ma anche Bandello, Berni, Basile, Meli, Giusti, e ogni altro.
Di Manzoni, prima che di Gadda. Di D’Arrigo, di Consolo, dei narratori sardi,
prima di Camilleri. Narratori e poeti attenti alle differenze, alle forme inoffensive
di tribalismo - oggi si direbbe comunitarismo.
Vedove-i – La scomparsa del genere nella
narrativa è così spiegata da Camilla Baresani su “Io Donna”, presentando il suo
ultimo romanzo, “Gelosia”: “Un tempo la durata della vita era minore: le donne
morivano di parto, gli uomini in guerra. Si ricominciavano nuove vite costretti
dai fatti. Ora ci sono tante possibilità di incontro per entrambi i sessi, al
lavoro e nella vita”.
Viaggio – Mette a dura prove le
amicizie, e anche le coppie, se a fini ludici, da turisti. Ma chissà “perché”,
argomenta Soldati nei racconti del suo Maresciallo, “favorisce la confidenza, tra
due amici e qualche volta persino tra due estranei. La solitudine forse; il
sentirsi staccati e liberati dalle abitudini quotidiane; il pensiero che un
giorno o l’altro lasceremo questa terra allo stesso modo che abbiamo lasciato, poche
ore prima, il luogo di partenza qualunque esso sia e anche aborrito; un
istintivo e involontario paragone del viaggio e della vita, e il conseguente bisogno di non trattenere
nessun segreto, come se i segreti, morendo con noi, potessero rendere più amara
e più completa la nostra fine…”. Il
viaggio come una prova di morte, ordinaria, non traumatica.
Vino – In bottiglia etichettato non
è più il vino che dichiara di essere, a giudizio perentorio di Mario Soldati,
che se ne intendeva, già cinquant’anni fa, nei “Racconti del Maresciallo”, 1967:
“Appena sopportabili, perfino in Piemonte, oggi, quasi tutti i vini in
bottiglia etichettati”. È vero che il vino sfuso nei luoghi di produzione ha un
altro sapore.
Nei “Nuovi racconti del M.”, 1984, Soldati
spiega anche perché: il vino “nelle vasche di cemento? Refrigeratori,
filtraggi, solfitaggi?”.
letterautore@antiit.eu
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