Una tesi semplice e una complessa – contestabile. Il “bisogno di
nazione” Scruton spiega come un dovere più che un limite o una barriera. Con
richiami incontestabili, a Kant e a Burke, e a T.S. Eliot. Un bisogno che non è
nazionalismo - il britannico jingoismo che
sembra riaffiorare con la Brexit. Le “chiamate alla Patria”, spiega beffardo,
sono della Rivoluzione francese. Un dovere oggi si direbbe comunitario, verso
noi stessi e verso gli altri. Verso gli europei in genere e verso l’Unione
Europea. Che è minacciata anch’essa – il punto complesso – dalla burocrazia che
si è data e alla quale si è consegnata.
Su questo secondo punto peraltro Scruton è tassativo: le burocrazie
sono il nemico, la burocrazia europea è il nemico dell’Europa, e di ognuno in
Europa, italiano o inglese o di qualsivoglia nazionalità. Essere se stessi, la
propria storia, le proprie tradizioni (la lingua, gli usi) è l’unico modo di
essere, e anche un dovere. Verso chi ci sta vicino, ci ha preceduto, e ci
seguirà. Mentre “per definizione non ci può essere una democrazia
transnazionale, e le leggi oggi imposte in Europa sono una caricatura della
legge”. Peggio nel caso dell’Onu, “che dà credibilità ai tiranni e ai mafiosi” –
“nominò l’allora dittatore libico Gheddafi a capo della sua Commissione sui
diritti umani”.
Scruton non si spiega il rifiuto di “essere” che serpeggia in
Europa. Sotto forma di rifiuto dell’etnocentrismo, che però confluisce in una
sorta di odio-di-sé, che chiama “oicofobia”, il ripudio della casa e del luogo
natii. O anche “cultura del ripudio” – per la quale esisterebbe una “industria
accademica”. Un atteggiamento intellettuale che trova sviluppato in Europa nel
secondo dopoguerra, che porta a privilegiare memorie e esperienze altrui, e a
vilificare le proprie.
In tempi di populismo inteso come nazionalismo, questo pamphlet del 2004 segnava un punto
fermo: la nazione è una difesa e non un’aggressione. Sembrava. Perché poi
Scruton, che è filosofo in cattedra ma anche romanziere, viticultore,
cacciatore (per poter cacciare la volpe, proibito in Inghilterra, si è
trasferito con la moglie negli Stati Uniti, in Virginia, “vecchia Inghilterra”)
e polemista, si è posto in primo piano per la Brexit. Che non è una difesa ma
una pretesa, al niente: si può essere aggrappati al niente.
Con una strana preveggenza a proposito della Turchia – dopo essersi
dichiarato “turcofilo”. Si discuteva allora dell’entrata della Turchia nella
Ue. Scruton la prospetta in chiave possibilista. Ma personalmente si dice contrario,
perché col libero movimento delle persone altererebbe il mercato del lavoro. Il
rigetto sarebbe però “un grande fallimento della Ue: un grande Paese che ne
potrebbe fare parte viene rigettato, e potrebbe diventare un futuro nemico”.
Roger Scruton, Il bisogno di
nazione, Le Lettere, pp. 100 € 10
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