mercoledì 11 settembre 2019

L’Europa non dimentichi di essere europea

Una tesi semplice e una complessa – contestabile. Il “bisogno di nazione” Scruton spiega come un dovere più che un limite o una barriera. Con richiami incontestabili, a Kant e a Burke, e a T.S. Eliot. Un bisogno che non è nazionalismo - il britannico jingoismo che sembra riaffiorare con la Brexit. Le “chiamate alla Patria”, spiega beffardo, sono della Rivoluzione francese. Un dovere oggi si direbbe comunitario, verso noi stessi e verso gli altri. Verso gli europei in genere e verso l’Unione Europea. Che è minacciata anch’essa – il punto complesso – dalla burocrazia che si è data e alla quale si è consegnata.
Su questo secondo punto peraltro Scruton è tassativo: le burocrazie sono il nemico, la burocrazia europea è il nemico dell’Europa, e di ognuno in Europa, italiano o inglese o di qualsivoglia nazionalità. Essere se stessi, la propria storia, le proprie tradizioni (la lingua, gli usi) è l’unico modo di essere, e anche un dovere. Verso chi ci sta vicino, ci ha preceduto, e ci seguirà. Mentre “per definizione non ci può essere una democrazia transnazionale, e le leggi oggi imposte in Europa sono una caricatura della legge”. Peggio nel caso dell’Onu, “che dà credibilità ai tiranni e ai mafiosi – “nominò l’allora dittatore libico Gheddafi a capo della sua Commissione sui diritti umani”.
Scruton non si spiega il rifiuto di “essere” che serpeggia in Europa. Sotto forma di rifiuto dell’etnocentrismo, che però confluisce in una sorta di odio-di-sé, che chiama “oicofobia”, il ripudio della casa e del luogo natii. O anche “cultura del ripudio” – per la quale esisterebbe una “industria accademica”. Un atteggiamento intellettuale che trova sviluppato in Europa nel secondo dopoguerra, che porta a privilegiare memorie e esperienze altrui, e a vilificare le proprie.
In tempi di populismo inteso come nazionalismo, questo pamphlet del 2004 segnava un punto fermo: la nazione è una difesa e non un’aggressione. Sembrava. Perché poi Scruton, che è filosofo in cattedra ma anche romanziere, viticultore, cacciatore (per poter cacciare la volpe, proibito in Inghilterra, si è trasferito con la moglie negli Stati Uniti, in Virginia, “vecchia Inghilterra”) e polemista, si è posto in primo piano per la Brexit. Che non è una difesa ma una pretesa, al niente: si può essere aggrappati al niente.
Con una strana preveggenza a proposito della Turchia – dopo essersi dichiarato “turcofilo”. Si discuteva allora dell’entrata della Turchia nella Ue. Scruton la prospetta in chiave possibilista. Ma personalmente si dice contrario, perché col libero movimento delle persone altererebbe il mercato del lavoro. Il rigetto sarebbe però “un grande fallimento della Ue: un grande Paese che ne potrebbe fare parte viene rigettato, e potrebbe diventare un futuro nemico”.  

Roger Scruton, Il bisogno di nazione, Le Lettere, pp. 100 € 10

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