Si può arguire che così il
fisco incassa 100 mila euro per ogni ricco residente che altrimenti non
incasserebbe. Ma il residente non calciatore, e magari faticatore, imprenditore
o esecutore, potrebbe obiettare. Anche perché l’imposta sul reddito percepito in
Italia (l’ingaggio) è stata ridotta a giugno dal decreto Crescita del governo
ora defunto al 24 per cento - facendo “della serie A il campionato fiscalmente più
favorevole al mondo”, come spiega Marco Bellinazzo sul “Sole 24 Ore” (meglio,
peggio, fa solo la Russia, col 13 per cento, che però non paga ingaggi plurimilionari).
Si argomenta anche che il
decreto Cresciota favorisce le società di calcio, che a loro volta sono quelle
che alimentano tutto lo sport italiano, per almeno due terzi delle spese. Anzi,
favorisce solo le società, che garantiscono gli ingaggi al netto: sono le
società che risparmiano con l’aliquota al 24 per cento.
Sì, però così le società sono
indotte a garantire ingaggi stratosferici. Che inevitabilmente si ripercuotono
sul momte ingaggi, delle squadre nel
complesso, compresi i medi e piccoli campioni. E comunque stiamo parlando di un
mondo fra i più ricchi in Italia. Gli sportivi professionisti - atleti e tecnici
– sono all’Inps 7.449. La maggior parte del calcio: 3.790 atleti e 3.070
tecnici. Di cui 368 con un imponibile ai fini previdenziali di oltre 700 mila
euro l’anno (55 di essi tecnici), 905 nella fascia fra 100 e 700 mila
euro, circa 4 mila nella fascia 50-100
mila euro.
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