domenica 22 settembre 2019

Martin Eden sono io, Marinelli

Formidabile racconto attorno al protagonista, Luca Marinelli. Montato scena dopo scena, posa dopo posa, attorno al suo viso e al suo corpo, di profilo, di fronte, di tre quarti, di spalle, da manovale, da borghese, distante oppure febbrile, gentile oppure violento, da ragazzo e in età, freddo e sudato, affettuoso e capriccioso, e dai colori incredibilmente variabili. Un exploit da annali. I comprimari ne risultano diminuiti, e così pure il fondo sociale della storia, ma il racconto Marinelli fa a ogni posa avvincente. Marcello, autore sin qui di documentari, storie di cose e ambienti, se ne lascia per primo soggiogare.
La vicenda è quella di Jack London: il manovale ignorante, marinaio nei sogni di ragazzo, che decide di leggere e diventare scrittore. Ma Marcello, che l’ha pure sceneggiata, la segue distratto. Dal suo protagonista, Marinelli. Che assorbe in sé i comprimari, tutte donne - a parte il cognato, il “calabrese” di fatto e di ruolo Marco Leonardi, una faccia che è un programma: Jessica Cressy, l’amore irraggiungibile, che pure ha formato Martin, Carmen Pommella, la casalinga che ospita e sfama il febbrile scrittore, Autilia Ranieri, l’amore proletario che Martin ritrova sempre senza amore, Carlo Cecchi, nel cameo del socialista conseguente, spenseriano anarcoide, come sarà il suo discepolo Martin, che finisce suicida. In una Napoli improbabile, se non per la violenza, tra fonderia-acciaieria del tempo che fu, coste alberate (Cilento?), e una tranquilla campagna (Terra di Lavoro?), ma poi irrilevante. Anche i tempi sono confusi: molto anni 1940, e poi, quando si parla di guerra!, 1960. Ma giusto per il dettaglismo: abbigliamento, automobili, attitudini.  
Pietro Marcello, Martin Eden

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