Nel 1971, due anni dopo “Il
padrino” di Puzo, e due prima di quello cinematografico celebre che Coppola deriverà
da e con Puzo, un misto di simbolismo e finzione, l’inventore del giornalismo
d’autore Gay Talese scriveva un densissimo reportage
sulla mafia allora più potente a New York, quella dei Bonanno. Variamente denominata,
a seconda dei reggenti: Bonanno all’origine, dal nome del fondatore Joseph, anni
1930, nel dopoguerra presto affiancato dal figlio Bill – origini trapanesi. Due
capi belli e eleganti, oltre che crudeli. Che riusciranno a sopravvivere al piombo
e alla giustizia, malgrado l’efferatezza del loro “governo”.
Racconti di funerali costellano
la narrazione. Per un senso inevitabile di lutto, il più consono alle storie di
mafia. Una sorta di diretta su carta, tra proiettili veri, e messaggi,
riunioni, accordi, avvertimenti,
tradimenti dal vivo. Come se Talese vi avesse avuto diretto e personale accesso.
Ma senza perdere le misure: un racconto di mafia, senza compiacimenti né buone
intenzioni. La mafia, sia pure organizzata e consortile, è a monte guerra di
mafie.
Un viaggio dentro il Male
mentre si produce, quotidiano, amorale. Il ritmo partecipativo del racconto scandisce
alla Brecht, con la distanziazione (straniamento), un mondo animale, di
protezione e ferocia.
Gay Talese, Onora il padre, Bur, pp. 600, ill. € 15
Nessun commento:
Posta un commento