mercoledì 4 settembre 2019

Secondi pensieri - 394

zeulig


Alibi – È fondamento della scienza forense, ma evanescente. Per un semplice motivo, che una semplice romanziera, di gialli, Agatha Christie, fa dure a un suo personaggio “italiano” (un peraltro evanescente signor Paravicini): “È difficile dimostrare quello che non è” – “posso io forse dimostrare che non sono un pazzo criminale?”. E l’investigatore principe di Agatha Christie, Poirot: “La maggior parte degli indizi è insignificante”

Alternativa - Termine e concetto desueti, ma non senza ragione: vivere nell’alternativa è rinunciare.  L’alternativa è politica, è un modo per esercitare il potere. Ma è un’antinomia se applicata alla società, alla produzione cioè e alla cultura.
Emarginarsi può essere rivoluzionario: si assottiglia la base del potere per abbatterlo. Fu così alle origini della politica partitica, per gli ideologi che l’hanno inventata nel Settecento. Da qui l’equivoco di voler essere resistenza e potere, l’una cosa e l’altra. Che però non è politica – e non è rivoluzione, naturalmente.

Auctoritas – La forza mista all’autorevolezza,  nella dottrina dello Stato di Alessandro Passerin d’Entrèves, la romana legittimazione. Che all’Italia sempre è mancata, argomentava lo studioso nell’ultima prolusione a Oxford, per avere i Savoia e i loro aiutanti scambiato i bastoni per briscola: “I governanti dell’Italia unita sembrano aver provato più paura da dentro che da fuori”. E hanno lasciato fuori dallo Stato la chiesa e i lavoratori, si volevano legittimare con la polizia.
Ma non solo l’Italia: la sovranità nazionale non esiste, come per la giumenta di Orlando è il suo solo difetto. Non poteva sopperire il socialismo, se Mazzini è morto ammonendo: “Meglio il ritorno degli austriaci che l’impianto in Italia di quella falsa e perversa dottrina che dividerebbe gli italiani in sfruttati e sfruttatori”. La Repubblica, malgrado tutto, ha colmato la “legittimità inadeguata”, un certo patriottismo formando, anche se sempre in rapproto alla “minaccia esterna”: prima il blocco sovietico, poi alternativamente l’Unione Europea, la Russia, l’immigrazione.

Passerin d’Entrèves dava ragione a Mazzini: “La nozione marxista dello Stato si attaglia alla concezione volgare italiana che la forza e non il consenso è la chiave della politica”.

Cinomania -  Non ce n’è più che in Diderot, dietro la maschera di “Jacques il fatalista”, per parecchie pagine. Talmente entusiasta da rasentare l’ironia: “I  cani sono così buoni, meglio loro che…”. “Che padre, madre, fratelli, sorelle, figli, servi, mariti”, “Ma sì, e non per ridere. Il cane è innocente, è fedele, non vi fa mai del male, mentre tutto il resto… “, “Viva i cani! Non c’è niente di più perfetto sotto il cielo”. “O se c’è qualcosa di più perfetto, almeno non è l’uomo…”.
È vero che Jacques, secondo il suo Maestro, non ha tutte le rotelle a posto.

Diderot giansenista – Del giansenismo condivide l’assunto principale, la negazione della libertà. Nella teoria del “fatalismo” (poi determinismo) e nell’approccio in genere ai fatti della vita, con l’opera di narratore. In “Jacques il fatalista” al punto da patrocinarlo in opposizione al “molinismo” - la corrente teologica che conciliava libertà e grazia. Forse perché patrocinata dai gesuiti.

Ecologia – Affronta gli effetti, alcuni effetti, ma non le cause del degrado ambientale – la circolazione automobilistica, il riscaldamento e il raffreddamemto domestici. Che contemporaneamente  moltiplica in misura incontrollabile e incomputabile. Si presenta come una campagna pubblicitaria, cosa che all’origine, e nel suo nucleo forte, è. Dell’industria dell’antiinquinamento. Non risolutiva naturalmente, pena la cancellazione del business.
Lo è stata dichiaratamente all’origine, nel piano di Nixon, 1969, e poi nella dottrina dei “limiti allo sviluppo”, che ha tenuto banco per un ventennio, dopo il 1973 e la crisi del petrolio, con “la fine delle risorse fossili”. Poi in sordina con la globalizzazione, che ha passato all’Asia senza limiti le produzioni altamente inquinanti.

Le strade vuote, le vetrine spente, il rimbombo dei passi, gli orologi fermi, e il freddo nelle ossa, la desolazione dell’inverno 1973 misurava quanto l’inventiva sia più colorata e attraente della natura. Era la rotta della secolarizzazione che il cristianesimo ha introdotto, dal miraggio precapitalistico del Dio in terra. Sembrava Evola, un rifiuto reazionario della modernità, ma con la teoria dei limiti e l’ecologia l’Occidente s’impadroniva anche della crisi. Un nuova domanda sociale si imponeva basata sull’astinenza – “l’Austerità”. Partendo dalla filosofia, che non ci può essere sviluppo all’infinito. Si parte cioè dall’ovvio, che è sempre una scoperta: all’infinito nulla cresce. Né decresce, lo sviluppo è continuo nella discontinuità, è sociale e individuale, aggregante e disgregante, il Club di Roma è la cuspide dello scientismo - il pensiero unilineare non muore mai, come la fine del capitalismo.
I limiti dello sviluppo ripetono l’invenzione della povertà: il ricco Occidente si fa povero per compatirsi e aiutarsi, si è ricchi per volere tutto.

Opinione pubblica – È un abuso e una disgrazia,  ciò che la “gente pensa”, per il proto-giornalista Diderot, fabbrica di fake news, e di finte impressioni, che tuttavia condannano e dannano. Nei racconti di W”Jacques il fatalista” e altrove non cessa di dirla “la folla imbecille”, il “pubblico stupido”.

zeulig@antiit.eu

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