Amore – Tema eminente
del secondo Ottocento - Schopenhauer, Tolstòj, Flaubert, Kierkegaard. Sull’onda
romantica sollevata dal Goethe wertheriano
(“Le affinità elettive” sono ancora geometriche – giocose, Settecento). Anche
in chiave post-romantica, è l’esercitazione prevalente e quasi terminale dello
scientismo, positivista e post (psicologia, fisiologia): Darwin, Mantegazza,
Lombroso, De Roberto, Rensi, le esercitazioni furono innumerevoli. Svanito nel primo Novecento, trascurato nel
secondo, con poche eccezioni, Barthes, Foucault. Svanito nel Millenno, in coda
ai diritti e parità femminili e lgbtq.
Nel
Sei-Settecento indagato come tutto, con spirito critico, pacato e sistematore,
oppure conclusivo. Ma senza, curiosamente, diminutio
per la condizione femminile. Prima, dal Rinascimento indietro fino
all’antichità classica, esclusi i tragici ma incluso Omero, è passione dei
sensi, con pochi o niente residui.
Una
breve storia di quello che la filosofia vuole il suo inizio, con Platone, è
così possibile.
È
finito nei social, cioè nell’esibizione, e nella pornografia libera - Badiou,
Byung-Chul Han? Nell’era dei diritti? Nei femminicidi e nell’indifferenza. È il
segno della fine della civiltà - di una civiltà, altre di altro segno ne verranno?
Della filosofia in ogni caso, che è amore – applicazione alla saggezza, se non
a una persona.
Barthes
dice “mostruosa” la filosofia che s’impegna a spiegare l’eros – che sarebbe non
filosofico, non razionalizzabile o pensabile. Ma la parola stessa,
filosofia, è “erotica”: la curiosità, se
non l’amore, per qualcosa, sapere,
capire.
Coesistenza – È di origine teologica – le persone della Trinità
coesistono dall’eternità.
Compassione – È virtù egoista.
Così La Rochefocauld in una massima, la 99 della prima edizione, 1665, poi
omessa nel 1666: “Nelle più grandi disgrazie delle persone che ci sono più care,
c’è sempre qualcosa che non ci dispiace”. Qualcosa della Schadenfreude tedesca.
Deismo - Una fede, più determinata (non controvertibile)
di quella religiosa. Anche se costitutivamente – si vuole ragione – non dà
contro della malattia e il male (violenza, ingiustizia). Da Bacone a Diderot. Il quale vi include la “nuova fisica”, e anzi
ne fa la dimostrazione: la spiegazione totale dell’universo nel sistema di
Newton è la conferma della “legge unica” dell’universo stesso.
È
la fede delle fedi. Diderot come Bacone può dire. “Sono cristiano” - Diderot,
di più, essendo stato a scuola dai
gesuiti. Il deista non pretende che le religioni siano false, al contrario, le
dice tutte vere, a condizione di interpretarle come forme della religione
universale.
Determinismo – Il concetto, così
denominato a fine Settecento (dapprima in latino, dal 1827 in francese e più o meno alla stessa data in italiano), e la
relativa dottrina sono il fatalismo di Diderot, e di tutti i sistemi
materialisti, da d’Holbach a Marx. D’Holbach lo esplicita nel “Sistema della
natura”, in un’immagine inequivoca: “In un turbine di polvere che alza un vento
impetuoso, per quanto confuso appaia ai nostri occhi, nella più terribile
tempesta provocata di venti opposti che sollevano i flutti, non c’è una sola
molecola di polvere o d’acqua che sia posta a caso, che non abbia la sua causa sufficiente per occupare il posto
dove si trova e che non agisca rigorosamente nella maniera in cui deve agire”.
Il
materialismo di Marx, che si vuole religione di libertà, è all’origine tarato –
non c’è iniziativa, se non limitata, o libertà, anche la volontà è
predeterminata.
Stupore – Quello di
Jeanne Hersch - “L’étonnement philosophique”: “Stupirsi, è proprio dell’uomo” - è il “sublime” di Longino. Che sarà
dopo lunga pausa, a metà Settecento, di Burke e Diderot – l’uno ne scrisse nel
1757, Diderot dieci anni dopo, nel salon su Vernet. E cioè tutto sommato -
posto che la freccia del tempo non è progressiva, che c’è accumulo ma non
necessariamente progresso, affinamento, elevazione - curiosità, il
domandarsi.
Sublime – Concetto
disperso dopo Longino, ripreso con la traduzione di Boileau, 1674: il top del bello, e del brutto. Boileau ne
tratta in termini di retorica, di “stile” ed “effetto”. Ma il concetto appassionerà
Diderot (passim) nello stesso tempo
che Burke, “Inchiesta sul bello e il sublime”, 1757. Nel salon di dieci anni
dopo, la cronaca-critica dell'esposizione biennale di pittura nel salon centrale del Louvre, che concentra su Vernet, il pittore delle marine, Diderot ne fa l’origine della filosofia,
della riflessione sulla natura dell’uomo e del mondo: “La passione causata dal
bello e il sublime nella natura, quando queste cause agiscono con la più grande
potenza, lo stupore (astonishment)”. Questa esperienza emotiva,
che “precede il ragionamento e ci
sconvolge con una forza irresistibile, è l’effetto del sublime al più alto
grado” – “Promenade Vernet”.
È
l’effetto, fra i sensi, della vista e dell’udito, ha arguito lo stesso Diderot
nell’“Enciclopedia”. Contrariamente all’odorato, al gusto e al tatto. Vista e udito
suscitano le “sensazioni composte”, e permettono di elaborare “idee accessorie
e morali”. Causando il “sentimento del bello”, che non si limita a sistemare immagini
e ritmi, ma tocca il cuore e lo spirito. Dando luogo a delle imitazioni. Che
meglio si dicono “rappresentazioni”, cariche di “idee e emozioni”.
Nella
“Promenade Vernet” Diderot ribadisce il concetto: “Ci sono sensazioni semplici
e sensazioni composte; è il motivo per il quale non ci sono di belli che gli
oggetti della vista e dell’udito. Scartate dal suono ogni idea accessoria, e
morale, e gli leverete la sua bellezza: Fermate l’immagine alla superficie dell’occhio;
che l’impressione non passi né allo spirito né al cuore, e essa non avrà più
niente di bello”. Con il bello anche del brutto, sulla traccia di Burke – e di
sant’Agostino. Per esempio “l’incendio di Parigi” - l’incendio di Nôtre Dame
l’altra sera, si potrebbe dire, all’imbrunire, che sarebbe stato sprecato di
giorno, o di notte. E della malvagità umana: “È un bello spettacolo, quello
della virtù nelle grandi prove”.
Di più:
il terrore è l’elemento preminente del sublime diderotiano – c’è già in Longino,
e poi in Burke, ma in Diderot è tutto: “Tutto ciò che atterrisce l’uomo, tutto
ciò che imprime un sentimento di terrore conduce al sublime” – “Promenade
Vernet”. Perché “la magnificenza non è bella che nel disordine” – ib..
Tribù - Vargas Llosa la evoca, lo
scrittore, nel titolo del suo ultimo libro, “Il richiamo della tribù”, come
“appartenenza”. Nel suo caso alla “tribù liberale”, da A.Smith a Popper. Che è
il contrario dello “spirito della tribù” che Popper depreca: la riduzione o negazione
delle individualità per poterle meglio irreggimentare e comandare. O la costruzione
delle “masse”, indistinte, amorfe. Attraverso il richiamo dell’irrazionalismo,
dell’emotività primitiva, che resta annidata nello stesso uomo civilizzato, che
non avrebbe mai superato o abbandonato come una sorta di ricordo felice il suo
passato di animale nella mandria.
Il
tribalismo è modernamente un (liberale) concetto di nazione. Uno stato
intermedio - uno degli stati intermedi, con l’ideologia, il partito politico, l’associazionismo
– tra l’individuo e il potere, o l’ordine. Tanto più se sovranamente lontano. Arcano nella globalizzazione molto più che nella concezione tradizionale del potere, e sotto il falso sembiante della pubblicità, della openness.
Lo spirito di tribù Popper depreca come
tradizione artefatta e infetta, indotta o impostata a fini catastrofici. Vargas
Llosa ne fa invece un muro liberale, difensivo, a protezione del pensiero, sempre minoritario e minacciato. Nel nome dello stesso Popper. In uno
“spirito di comunità” – nel suo caso tra grandi pensatori accomunati dal
credo liberale: A.Smith, Ortega y Gasset, von Hayek, Popper, Aron, Berlin e
Jean-François Revel. Una comunità di resistenza: l’appartenenza a un gruppo
sociale, nazionale, a fini di miglioramento-difesa reciproca. Degli interessi o semplicemente
delle idee.
Lo spirito di tribù Popper temeva retrospettivamente, sullo sfondo del populismo prebellico
nazifascista, estremamente popolare, sfociato nei lager e nella guerra. Ora è all’opposto, contro il “pensiero unico”
e le manipolazioni finanziarie, o impoverimento relativo.
zeulig@antiit.u
Nessun commento:
Posta un commento