“Lo
stesso italiano che una volta stentava a campare in Friuli e mandava la moglie
a far la cameriera a Roma o altrove oggi disprezza la cameriera venuta dal
Sud”, Camilleri, “Come la penso”, 208).. Anche in Veneto.
Laterza
pubblica il carteggio di Vito Laterza con Corrado Alvaro. Con “lo scrittore calabrese”
Corrado Alvaro, dice il curatore. Alvaro ricorre solo come “lo scrittore
calabrese”. Lui che è il più cosmopolita del primo Novecento – e anche il meno locale,
non una sola riga dialettale. Nemmeno una parola.
“Quelle poche volte che mi sono trovato
fuori d’Italia mi sono trovato tra popoli perfetti, tra gente che, sapendomi
italiano, non mi nascondeva la sua compassione per i miei difetti meridionali e
mediterranei. Alla fine mi sono stancato”, Ennio Flaiano, “Il difetto maggiore
degli italiani” (in “Opere. Scritti postumi”, p. 1333).
“Quando per la prima volta si recò a
Littoria per la mietitura”, Mussolini “firmò il foglio paga”, annota Flaiano (“L’occhiale
indiscreto”), e si avvide che quattro delle firme precedenti erano croci: “Storse
la bocca e mormorò qualcosa”. Subito dopo “ordinava che si iniziassero i lavori
per il campo sportivo”.
“Un’altra volta”, continua Flaiano, “di
ritorno dalla Calabria, dopo aver viste le disagiate condizioni igieniche di
quelle popolazioni, fondò l’Accademia d’Italia”.
Il Sud a qualcosa serve.
La
mafia come immaginazione
La religione è alimento e veleno del Sud.
È nota l’architettura religiosa di cui si ammantava Provenzano, il capo più
duraturo di Cosa Nostra, nella corrispondenza e negli atti (omicidi,
grassazioni, minacce). Una cappella privata piena di santi e madonne si era
fatta in casa Pietro Aglieri mafioso e killer. Perfibo Riina teneva le immaginette
in tasca. Si vuole religioso anche il “trito di affiliazione” di cui Gratteri e
Nicaso infiorettano i loro bestseller.
Non è colpa della religione, né dei riti
“pagani” cje i nuovi vescovi denunciano, le processioni e le statue. È segno
dell’immaginazione dei mafiosi. Che difettano in tutto, tratto, prudenza,
intelligenza, ma non di immaginazione: il mafioso si penaa santo, e re – legibus solutus.
Antimafia radicale sarebbe sgonfiare
questa immaginazione, non alimentarla. Chi vive in aree di mafia sa che è così.
L’antimafia invece si vuole prospera alimentandone l’immagine di potenza.
Il
concetto del dialetto
“Un grandissimo numero di parole di un
dato dialetto sono su per giù – tolte le alterazioni fonetiche - quelle stesse
della lingua, ma come concetti delle cose, non come particolare sentimento di
esse” – Pirandello, “Prosa moderna”, 1898.
Camilleri lo spiega in “Cos’è un
italiano?” (ora in “Come la penso”): “Semplificando, di una data cosa, la
lingua ne esprime il concetto, mentre il dialetto ne esprime i sentimenti”. Ma
forse vuole dire “i sentimenti e il
concetto”. Nelle sue sfumature: un concetto che è più concetti sottili. Spesso
senza bisogno di dire: il dialetto è anche sintetico e ellittico. Perché più
significante, concettualmente.
Il dialetto è “il principale donatore di
sangue” della lingua, dell’italiano – Camilleri, ib., p.245
Oicofobia, o
odio-di-sé
I
due ultimi papi europei, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, lo hanno rilevato
dell’Europa: un rifiuto delle sue radici cristiane. Sancito anche
istituzionalmente, nel progetto di Costituzione opera dei laici Giscard
d’Estaing e Giuliano Amato che poi la Francia ha bocciato con referendum. E più
in generale per le due guerra del Novecento, che hanno causato un senso di
colpa. Quello che Scruton, il teorico dell’oicofobia, l’odio del luogo di
origine, chiama “cultura del ripudio”.
Il
ripudio è una forma di difesa in realtà, contorta. L’Europa si rifiuta dacché
si sente in difficoltà, forse anzi incapace, nella globalizzazione, sovrastata
dal dumping dell’Asia, della Cina, dell’India, e dalla forza
anglosassone del denaro. Immagina di doversi scrollare di dosso tutto ciò che è
europeo e indossare una pelle nuova. Senza senso.
La
componente più forte della oicofobia, dell’odio-di-sé, è però il senso di
colpa, interiorizzato. Di debolezza o incapacità,
che porta all’inazione e alla smobilitazione.
Questo
si tocca con mano nelle realtà
meridionali, ambivalenti. Tra grande creatività e grande criminalità, in Siclia
o a Napoli, e abbandno delle tradizioni, in Calabria, in Sardegna, per mettersi
al passo dela modernizzazione, cioè del emrcato, di ciò che si impone come
necessario. Un processo non moltiplicatore ma deleterio della ricchezza.
Calabria
Ferdinandea, un piccolo centro di
minatori a sud del monte Pecoraro nelle Serre, tra i comuni di S tilo, Pazzano
e Bivongi, ospitò a Ferragosto del 1883 Matilde Serao, su invito di Achille
Fazzari. S erao ne scrisse sul “Corriere di Roma”: “Si entra ora nella foresta dei faggi, fresca,
profonda, verde foresta. La luce vi è mite, delicatissima. In fondo al burrone
canta il torrente”. E dopo essere saliti, “fra la boscaglia fitta per un’ampia
via”, ecco Ferdinandea: “Volete voi leggere? Ferdinanea ha una bellissima
biblioteca.b Suonare il pianoforte, suonare la chitarra, giocare a bocce,
giocare agli scacchi, a dòmino?” Ferdinandea provvede a tutto. “Fare gite a
piedi? Ecco la foresta. Uscire un carrozzino, guidando, uscire in berak, uscire
a cavallo, cavalcare l’asino, andare in carro trascinato dai buoi?”, etc. Oggi
è il deserto.
Reggio Calabria è una dele città meno
produttive, e quella che fa pagare più tasse, fra Stato, Regione e Comune, a
chi lavora: esattamente il 69,8 per cento. Si lavora per il fisco a Reggio
Calabria fino all’11 settembre, calcola la Cna, la Confederazione
dell’artigianato. A Bolzano, all’opposto, dove non si vive peggio che a Reggio Calabria, basta il 53 per
cento – e in tutto il Nord-Est.
Duisburg, dove la Calabria si è resa
famigerata nel mondo, ha 50 moschee. Cinquanta, per 500 mila abitanti. Una
città islamica in Germania.
Multata l’ambulanza che portava in
ospedale un incidentato soccorso. I vigili di Grotteria a mare hanno accertato
il superamento di 3 km\h del limite consentito. In Calabria l’osservanza della
legge è rigida.
A D., comune commissariato per mafia,
uno dei tanti, il commissario capo si segnala dopo nove mesi di amministrazione
per una sfuriata ai vigili che non provvedono a far rimuove (come?) o a multare
le macchine in sosta davanti alla pasticceria. In sosta a spina invece che in parallelo,
come indica la striscia bianca. La legge è legge.
Uscendo dalla Salerno-Reggio Calabria a
Bisignano o a Gioia Tauro si aveva netta la sensazione di un passaggio nel peggio,
per le strade rattoppate male, quasi ad aggravare le buche invece che a colmarle.
Ora non più, venendo da Roma: si va per le ex statali in Calabria come per le
vie romane. Una sorta di uguaglianza al ribasso.
Che non sia questa la soluzione? Quando Milano dichiarerà falilimento, l’Italia
sarà allora unita?
Mileto non si celebra sulla
Salerno-Reggio con i Normani, che se ne fecero capitale per un secolo, guardando
l’agognata Sicilia, e molto vi hanno lasciato (che non si recupera, se non per il
poco che riesce a fare il vescovo), ma per una Madonna – “Santuaio della Cattolica“,
dice il cartellone pubblicitario. Una delle tante che nella chiesa ex ortodossa
abbondano.
Terra di monaci e eremiti? Non si
direbbe. Però.
Due monaci calabresi inventarono la
Georgia – cioè le diedero il nome.
Due monaci calabresi inventarono i
Cappuccini.
Orval, l’abbazia benedettina nella foresta
delle Ardenne in Belgio, è stata fondata da monaci calabresi (Paolo Rumiz, “Il
filo infinito”, 132).
Ma, soprattutto, la birra “sbarca in
Europa attraverso la Calabria, grazie ai monaci copti d’Egitto, risale la
Penisola dall’abbazia di san Francesco da Paola che ne aveva codificato la
ricetta, segue la dorsale appenninica, inonda la Padania lasciando tracce di
schiuma sui baffoni dei Longobardi, per poi valicare le Alpi e dissetare le
masse carolingie a est e a ovest del Reno, diventare Oktoberfest tra i
tedecshi…” – Paolo Rumiz. “Il filo infinito”, 67.
Criticando il film “Uomo all’angolo della
casa rosa”, tratto dal suo racconto, perché sposta l’azione e la scena dal 1890
al 1910, e il quartiere Maldonado popola ancora di gauchos, Borges aggiunge: “Cosa falsa nel 1910; nel quartiere
Maldonado c’era infatti molta delinquenza calabrese”.
Per girare le scene di mare, tra spiagge
dorate e scogli a picco, il regista di “Duisburg, linea di sangue”, un noir sulla strage di Duisburg, a opera
di gente di San Luca in Calabria, Enzo Monteleone deve fare capo a Peschici, nel
Gargano.
La Calabria, 404 Comuni per due milioni
di abitanti, ha il record dei Comuni in dissesto, in rapporto al numero dei
Comni, qussi il trenta per cento, e in
assoluto riapetto a ogni atra Regione, 124 – compresi Cosenza, Reggio Calabria,
e Vibo Valentia.
La seconda Regione più dissestata, la
Sicilia, ne ha 29, su 390, per una popolazione di cinque milioni. Come poi la
Campania, 28 – e dietro le tre niente, solo poche unità per Regione.
La Calabria si distingue per l’incapacità
totale della politica, non ne ha nemmeno la concezione.
leuzzi@antiit.eu
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