giovedì 3 ottobre 2019

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (404)

Giuseppe Leuzzi


“Lo stesso italiano che una volta stentava a campare in Friuli e mandava la moglie a far la cameriera a Roma o altrove oggi disprezza la cameriera venuta dal Sud”, Camilleri, “Come la penso”, 208).. Anche in Veneto.

Laterza pubblica il carteggio di Vito Laterza con Corrado Alvaro. Con “lo scrittore calabrese” Corrado Alvaro, dice il curatore. Alvaro ricorre solo come “lo scrittore calabrese”. Lui che è il più cosmopolita del primo Novecento – e anche il meno locale, non una sola riga dialettale. Nemmeno una parola.

“Quelle poche volte che mi sono trovato fuori d’Italia mi sono trovato tra popoli perfetti, tra gente che, sapendomi italiano, non mi nascondeva la sua compassione per i miei difetti meridionali e mediterranei. Alla fine mi sono stancato”, Ennio Flaiano, “Il difetto maggiore degli italiani” (in “Opere. Scritti postumi”, p. 1333).

“Quando per la prima volta si recò a Littoria per la mietitura”, Mussolini “firmò il foglio paga”, annota Flaiano (“L’occhiale indiscreto”), e si avvide che quattro delle firme precedenti erano croci: “Storse la bocca e mormorò qualcosa”. Subito dopo “ordinava che si iniziassero i lavori per il campo sportivo”.
“Un’altra volta”, continua Flaiano, “di ritorno dalla Calabria, dopo aver viste le disagiate condizioni igieniche di quelle popolazioni, fondò l’Accademia d’Italia”.
Il Sud a qualcosa serve.

La mafia come immaginazione
La religione è alimento e veleno del Sud. È nota l’architettura religiosa di cui si ammantava Provenzano, il capo più duraturo di Cosa Nostra, nella corrispondenza e negli atti (omicidi, grassazioni, minacce). Una cappella privata piena di santi e madonne si era fatta in casa Pietro Aglieri mafioso e killer. Perfibo Riina teneva le immaginette in tasca. Si vuole religioso anche il “trito di affiliazione” di cui Gratteri e Nicaso infiorettano i loro bestseller.
Non è colpa della religione, né dei riti “pagani” cje i nuovi vescovi denunciano, le processioni e le statue. È segno dell’immaginazione dei mafiosi. Che difettano in tutto, tratto, prudenza, intelligenza, ma non di immaginazione: il mafioso si penaa santo, e re – legibus solutus.
Antimafia radicale sarebbe sgonfiare questa immaginazione, non alimentarla. Chi vive in aree di mafia sa che è così. L’antimafia invece si vuole prospera alimentandone l’immagine di potenza.  

Il concetto del dialetto
“Un grandissimo numero di parole di un dato dialetto sono su per giù – tolte le alterazioni fonetiche - quelle stesse della lingua, ma come concetti delle cose, non come particolare sentimento di esse” – Pirandello, “Prosa moderna”, 1898.
Camilleri lo spiega in “Cos’è un italiano?” (ora in “Come la penso”): “Semplificando, di una data cosa, la lingua ne esprime il concetto, mentre il dialetto ne esprime i sentimenti”. Ma forse vuole dire “i sentimenti e il concetto”. Nelle sue sfumature: un concetto che è più concetti sottili. Spesso senza bisogno di dire: il dialetto è anche sintetico e ellittico. Perché più significante, concettualmente.
Il dialetto è “il principale donatore di sangue” della lingua, dell’italiano – Camilleri, ib., p.245

Oicofobia, o odio-di-sé
I due ultimi papi europei, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, lo hanno rilevato dell’Europa: un rifiuto delle sue radici cristiane. Sancito anche istituzionalmente, nel progetto di Costituzione opera dei laici Giscard d’Estaing e Giuliano Amato che poi la Francia ha bocciato con referendum. E più in generale per le due guerra del Novecento, che hanno causato un senso di colpa. Quello che Scruton, il teorico dell’oicofobia, l’odio del luogo di origine, chiama “cultura del ripudio”.
Il ripudio è una forma di difesa in realtà, contorta. L’Europa si rifiuta dacché si sente in difficoltà, forse anzi incapace, nella globalizzazione, sovrastata dal dumping  dell’Asia, della Cina, dell’India, e dalla forza anglosassone del denaro. Immagina di doversi scrollare di dosso tutto ciò che è europeo e indossare una pelle nuova. Senza senso.
La componente più forte della oicofobia, dell’odio-di-sé, è però il senso di colpa, interiorizzato. Di debolezza o incapacità, che porta all’inazione e alla smobilitazione.
Questo si tocca con mano  nelle realtà meridionali, ambivalenti. Tra grande creatività e grande criminalità, in Siclia o a Napoli, e abbandno delle tradizioni, in Calabria, in Sardegna, per mettersi al passo dela modernizzazione, cioè del emrcato, di ciò che si impone come necessario. Un processo non moltiplicatore ma deleterio della ricchezza.

Calabria
Ferdinandea, un piccolo centro di minatori a sud del monte Pecoraro nelle Serre, tra i comuni di S tilo, Pazzano e Bivongi, ospitò a Ferragosto del 1883 Matilde Serao, su invito di Achille Fazzari. S erao ne scrisse sul “Corriere di Roma”: “Si entra ora nella foresta dei faggi, fresca, profonda, verde foresta. La luce vi è mite, delicatissima. In fondo al burrone canta il torrente”. E dopo essere saliti, “fra la boscaglia fitta per un’ampia via”, ecco Ferdinandea: “Volete voi leggere? Ferdinanea ha una bellissima biblioteca.b Suonare il pianoforte, suonare la chitarra, giocare a bocce, giocare agli scacchi, a dòmino?” Ferdinandea provvede a tutto. “Fare gite a piedi? Ecco la foresta. Uscire un carrozzino, guidando, uscire in berak, uscire a cavallo, cavalcare l’asino, andare in carro trascinato dai buoi?”, etc. Oggi è il deserto.

Reggio Calabria è una dele città meno produttive, e quella che fa pagare più tasse, fra Stato, Regione e Comune, a chi lavora: esattamente il 69,8 per cento. Si lavora per il fisco a Reggio Calabria fino all’11 settembre, calcola la Cna, la Confederazione dell’artigianato. A Bolzano, all’opposto, dove non si vive  peggio che a Reggio Calabria, basta il 53 per cento – e in tutto il Nord-Est.

Duisburg, dove la Calabria si è resa famigerata nel mondo, ha 50 moschee. Cinquanta, per 500 mila abitanti. Una città islamica in Germania.

Multata l’ambulanza che portava in ospedale un incidentato soccorso. I vigili di Grotteria a mare hanno accertato il superamento di 3 km\h del limite consentito. In Calabria l’osservanza della legge è rigida.

A D., comune commissariato per mafia, uno dei tanti, il commissario capo si segnala dopo nove mesi di amministrazione per una sfuriata ai vigili che non provvedono a far rimuove (come?) o a multare le macchine in sosta davanti alla pasticceria. In sosta a spina invece che in parallelo, come indica la striscia bianca. La legge è legge.

Uscendo dalla Salerno-Reggio Calabria a Bisignano o a Gioia Tauro si aveva netta la sensazione di un passaggio nel peggio, per le strade rattoppate male, quasi ad aggravare le buche invece che a colmarle. Ora non più, venendo da Roma: si va per le ex statali in Calabria come per le vie romane.  Una sorta di uguaglianza al ribasso. Che non sia questa la soluzione? Quando Milano dichiarerà falilimento, l’Italia sarà allora unita?

Mileto non si celebra sulla Salerno-Reggio con i Normani, che se ne fecero capitale per un secolo, guardando l’agognata Sicilia, e molto vi hanno lasciato (che non si recupera, se non per il poco che riesce a fare il vescovo), ma per una Madonna – “Santuaio della Cattolica“, dice il cartellone pubblicitario. Una delle tante che nella chiesa ex ortodossa abbondano.

Terra di monaci e eremiti? Non si direbbe. Però.
Due monaci calabresi inventarono la Georgia – cioè le diedero il nome. 
Due monaci calabresi inventarono i Cappuccini.
Orval, l’abbazia benedettina nella foresta delle Ardenne in Belgio, è stata fondata da monaci calabresi (Paolo Rumiz, “Il filo infinito”, 132).

Ma, soprattutto, la birra “sbarca in Europa attraverso la Calabria, grazie ai monaci copti d’Egitto, risale la Penisola dall’abbazia di san Francesco da Paola che ne aveva codificato la ricetta, segue la dorsale appenninica, inonda la Padania lasciando tracce di schiuma sui baffoni dei Longobardi, per poi valicare le Alpi e dissetare le masse carolingie a est e a ovest del Reno, diventare Oktoberfest tra i tedecshi…” – Paolo Rumiz. “Il filo infinito”, 67.

Criticando il film “Uomo all’angolo della casa rosa”, tratto dal suo racconto, perché sposta l’azione e la scena dal 1890 al 1910, e il quartiere Maldonado popola ancora di gauchos, Borges aggiunge: “Cosa falsa nel 1910; nel quartiere Maldonado c’era infatti molta delinquenza calabrese”.

Per girare le scene di mare, tra spiagge dorate e scogli a picco, il regista di “Duisburg, linea di sangue”, un noir sulla strage di Duisburg, a opera di gente di San Luca in Calabria, Enzo Monteleone deve fare capo a Peschici, nel Gargano.

La Calabria, 404 Comuni per due milioni di abitanti, ha il record dei Comuni in dissesto, in rapporto al numero dei Comni, qussi il trenta per cento,  e in assoluto riapetto a ogni atra Regione, 124 – compresi Cosenza, Reggio Calabria, e Vibo Valentia.
La seconda Regione più dissestata, la Sicilia, ne ha 29, su 390, per una popolazione di cinque milioni. Come poi la Campania, 28 – e dietro le tre niente, solo poche unità per Regione.
La Calabria si distingue per l’incapacità totale della politica, non ne ha nemmeno la concezione.  


leuzzi@antiit.eu

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