La Turchia in Siria non è il primo caso
di scoordinamento. Nella stessa Siria la Francia ha agito in accordo col Qatar,
e non con gli Stati Uniti. Che sono intervenuti autonomamente, ma in collegamento
con l’Arabia Saudita, che ha alimentato, finanziato e armato al rivolta. In
Libia Francia e Inghilterra, col sostegno di Obama, hanno agito contro gli
interessi dell’Italia – e della stessa Libia, cui hanno tolto la pace e il
benessere. In nessun modo la Nato, dopo la faccia feroce, ha difeso l’Ucraina,
o la Georgia.
L’avventurismo incontrollato di
Erdogan, che è peraltro per ogni aspetto un dittatore, sia pure plebiscitato,
che passa disinvolto dall’Europa all’impero ottomano, poi a capofila dei
sunniti nel mondo islamico, e a cliente della Russia per i missili, fuori dai
sistemi d’arma alleati, sottolinea l’aspetto probabilmente fondamentale della
Nato: la libertà e la democrazia. Una precondizione mai fatta valere, nemmeno con la stessa
Turchia quando era governata dai militari, e tuttavia al fondo attiva: non si
accettavano regimi dichiaratamente monocratici, la Spagna e, fino alla rivolta
dei colonnelli, il Portogallo, e si tolleravano i militari in Turchia in funzione
anticomunista, antidittatura.
Ma non si arriva all’espulsione, non è prevista, sarebbe ridicola - una alleanza è pur sempre tra eguali. Se non che così la Nato, pur continuando a celebrarsi,
va all’estinzione. Per automatismo. Nel presupposto che, qualora una minaccia
esterna si manifestasse, gli Stati Uniti avranno tutto l’interesse a salvare l’Europa
– e l’Europa eventualmente ad aiutare o salvare gli Usa, anche se non si vede con
che mezzi. Ma il “presupposto” non ha bisogno dell’alleanza. Che poi sono le
basi americane in Italia, in Germania, in Grecia e altrove.
In questo senso ha ragione Trump. Cioè,
nel suo isolazionismo, individua e denuncia il completo disinteresse europeo
all’atlantismo. Il cerchio si è rigirato: allentata, se non abbandonata, dagli
Usa, da Reagan e poi da Clinton, la pregiudiziale atlantica, nella difesa come
negli affari, è stata dopo la crisi del 2007, coincidente col cancellierato Merkel,
attenta ai rapporti con la Cina e con la Russia, abbandonata dall’Europa. Che
ora si ritrova sola e inetta. E senza una politica di difesa, o militare.
Non
indifesa, perché vale “nel caso” il “presupposto” atlantico. Ma una che non sa
che fare. Ed è come se non ci fosse, anche se tutto attorno, in Turchia come nell’Egeo o in
Libia, la danneggiano.
Resta da vedere se il fondamento della
Nato, la democrazia, in questa eclisse dell’alleanza non allenterà la sua presa anche sull’Europa.
Oggi non si vede come, ma nessun futuro è già stato deciso, a partire dalle
elezioni in Polonia domani. Dalla crisi del gabinetto von der Leyen, così
trionfalmente nominato, prima ancora del suo insediamento. Dall’incertezza
economica e politica in Germania.
Più evidente è la crisi da quel che
resta della Nato, che si propone unicamente al contenimento della Russia di
Putin, che è inutile e anche dannoso. La
Russia di Putin era meglio cooptarla nel sistema occidentale di sicurezza, come
si era provato a fare con ottimi risultati fin a qualche anno fa nel G 8. Ha
prevalso la politica revanscista, o della sfida, in Polonia, in Georgia, in Ucraina,
con gli embarghi, e con la riapertura del riarmo missilistico, con esito finora
perdente.
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