sabato 12 ottobre 2019

Democrazia debole, Nato morta

L’atlantismo era finito da un pezzo. Trump che presenta il conto agli europei è l’ultimo tratto di un cammino avviato con la fine della guerra fredda, negli anni 1980. In Italia, che più di tutti, dopo gli Stati Uniti, contribuisce in uomini e fondi alla alleanza, la cosa è tabù, ma è un fatto. La Turchia in Siria che, invece che aiuto dai paesi Nato, come da statuti dell’alleanza, ne riceve ammonizioni e sanzioni, è la dissoluzione anche del referente pratico dell’atlantismo: l’alleanza militare, la Nato.
La Turchia in Siria non è il primo caso di scoordinamento. Nella stessa Siria la Francia ha agito in accordo col Qatar, e non con gli Stati Uniti. Che sono intervenuti autonomamente, ma in collegamento con l’Arabia Saudita, che ha alimentato, finanziato e armato al rivolta. In Libia Francia e Inghilterra, col sostegno di Obama, hanno agito contro gli interessi dell’Italia – e della stessa Libia, cui hanno tolto la pace e il benessere. In nessun modo la Nato, dopo la faccia feroce, ha difeso l’Ucraina, o la Georgia.    
L’avventurismo incontrollato di Erdogan, che è peraltro per ogni aspetto un dittatore, sia pure plebiscitato, che passa disinvolto dall’Europa all’impero ottomano, poi a capofila dei sunniti nel mondo islamico, e a cliente della Russia per i missili, fuori dai sistemi d’arma alleati, sottolinea l’aspetto probabilmente fondamentale della Nato: la libertà e la democrazia. Una precondizione mai fatta valere, nemmeno con la stessa Turchia quando era governata dai militari, e tuttavia al fondo attiva: non si accettavano regimi dichiaratamente monocratici, la Spagna e, fino alla rivolta dei colonnelli, il Portogallo, e si tolleravano i militari in Turchia in funzione anticomunista, antidittatura.
Ma non si arriva allespulsione, non è prevista, sarebbe ridicola - una alleanza è pur sempre tra eguali. Se non che così la Nato, pur continuando a celebrarsi, va all’estinzione. Per automatismo. Nel presupposto che, qualora una minaccia esterna si manifestasse, gli Stati Uniti avranno tutto l’interesse a salvare l’Europa – e l’Europa eventualmente ad aiutare o salvare gli Usa, anche se non si vede con che mezzi. Ma il “presupposto” non ha bisogno dell’alleanza. Che poi sono le basi americane in Italia, in Germania, in Grecia e altrove.
In questo senso ha ragione Trump. Cioè, nel suo isolazionismo, individua e denuncia il completo disinteresse europeo all’atlantismo. Il cerchio si è rigirato: allentata, se non abbandonata, dagli Usa, da Reagan e poi da Clinton, la pregiudiziale atlantica, nella difesa come negli affari, è stata dopo la crisi del 2007, coincidente col cancellierato Merkel, attenta ai rapporti con la Cina e con la Russia, abbandonata dall’Europa. Che ora si ritrova sola e inetta. E senza una politica di difesa, o militare.
Non indifesa, perché vale “nel caso” il “presupposto” atlantico. Ma una che non sa che fare. Ed è come se non ci fosse, anche se tutto attorno, in Turchia come nellEgeo o in Libia, la danneggiano.
Resta da vedere se il fondamento della Nato, la democrazia, in questa eclisse dell’alleanza non  allenterà la sua presa anche sull’Europa. Oggi non si vede come, ma nessun futuro è già stato deciso, a partire dalle elezioni in Polonia domani. Dalla crisi del gabinetto von der Leyen, così trionfalmente nominato, prima ancora del suo insediamento. Dall’incertezza economica e politica in Germania.

Più evidente è la crisi da quel che resta della Nato, che si propone unicamente al contenimento della Russia di Putin,  che è inutile e anche dannoso. La Russia di Putin era meglio cooptarla nel sistema occidentale di sicurezza, come si era provato a fare con ottimi risultati fin a qualche anno fa nel G 8. Ha prevalso la politica revanscista, o della sfida, in Polonia, in Georgia, in Ucraina, con gli embarghi, e con la riapertura del riarmo missilistico, con esito finora perdente.

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