mercoledì 2 ottobre 2019

Il crimine muove la ricchezza - e la società

È un’esagerazione, che Marx svolge come paradosso, in una annotazione che non pubblica, degli anni 1860-62. Poi aggiunta da Engels, nel lavoro febbrile per completare il “Capitale” sugli scritti lasciati da Marx, in nota alla “Teoria del plusvalore”, il cosiddetto quarto volume del “Capitale” (o forse fu aggiunta da Kaustky: fu il socialdemocratico tedesco a occuparsi della pubblicazione della “Teoria del plusvalore”, dopo la morte di Engels nel 1895).
Una riscoperta del Sessantotto: la riscoperta di Marx in Bernard de Mandeville, bello spirito olandese, “La favola delle api”, con l’idea sacrilega delle società che progrediscono per i vizi e non per le virtù. Dell’economia che accumula e cresce per la spesa, anche suntuaria, invece che per il risparmio. E perché non per il crimine, Marx aggiunge nello stesso spirito paradossale annotando Mandeville. Tesi peraltro non provocatoria: Bertrand Russell la troverà scandalizzato all’opera nel miracolo economico ch ha fatto grande l’America nel secondo Ottocento, a opera dei robebr barrons – che non rifuggivano dalla violenza contro le persone, sia pure solitamente come bastonature.
Camilleri sbaglia nell’introduzione a dire di recensione di Marx che è di “singolare, inattesa, ironia”. Perché Marx vive e scrive l’ironia, nelle lettere, nei tanti articoli “alimentari”, nei discorsi e nei manifesti politici, a partire dal “Manifesto” più celebre, e anche nei trattati.
Karl Marx e Andrea Camilleri, Elogio del crimine, Nottetempo, pp. 24 € 3

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