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sabato 5 ottobre 2019

Il mondo com'è (384)

astolfo


Cavallo Pazzo – Più grande da solo dei quattro presidenti del vicino Mount Rushmore, il monumento più grande del mondo è dedicato a Cavallo Pazzo. Molto più grande: i quattro faccioni di Mount Rushmore, messi l’uno sull’altro, raggiungerebbero la metà o poco più della faccia di Cavallo Pazzo.
In costruzione dal 1948, opera dello scultore polacco-americano Korczak Ziolokowski, poi di sua moglie Ruth. Che nel 1998 ha completato la parte frontale del viso. Da allora si considera il monumento finito: inaugurato da Clinton, meta di 4-5 milioni di visitatori ogni anno. Ma dopo 71 anni, il monumento è realizzato solo per un terzo. Il progetto lo vuole alto quattro volte la statua della Libertà. Seduto su un cavallo, il braccio sinistro sollevato a indicare qualcosa. Sui 200 metri, in ampiezza (esattamente 195) e in altezza (172).
Il monumento a Cavallo Pazzo è anche una sorta di proprietà privata: è gestito da una fondazione dei figli di Korczak e Ruth Ziolkowski. I “Sioux”, in realtà i Lakota, nella cui riserva il monumento è situato, non toccano un centesimo. Il governo federale ha provato un paio di volte a rilevare l’area e il monumento per finanziarne la costruzione, ma Ziolkowski prima e poi i suoi familiari hanno rifiutato l’offerta. I Lakota dal canto loro non riconoscono l’appropriazione del territorio,
Il progetto è nato su un’idea di un capo “Sioux” (Lakota), Luther Orso in Piedi, che nel 1939, poco prima di morire, ha o avrebbe scritto a Korczak Ziolkowski, che aveva lavorato per qualche tempo al Mount Rushmore, per protestare che un monumento analogo era necessario per i nativi. Orso in Piedi avrebbe saputo di Ziolkowski perché era stato premiato per la scultura all’esposizione mondiale di New York. Nel 1947 Ziolkowski si stabilì in Sud Dakota, nelle Black Hills non lontano dal Mount Rushmore, e cominciò a comprare terreni. Un anno dopo avviò la costruzione del monumento a Cavallo Pazzo, con una prima esplosione. Alla presenza, fa ricordare dai figli, degli ultimi reduci della battaglia di Little Bighorn, il torrente del Montana, dove Cavallo Pazzo, con i Lakota, i Cheyenne e gli Arapaho sconfisse il colonnello Custer e il Settimo Cavalleria.

Degenerescenza – Ritorna con l’“Alzheimer”, dopo un lungo periodo di disattenzione, se non per la forma dell’arteriosclerosi. Era tema di diffusa esplorazione al culmine dello scientismo, a metà Ottocento. E il problema forse più discusso. Effetto, come oggi, del progresso: le migliori condizioni di vita e di trattamento sociale accrescevano la moltitudine degli anziani. E con essi dei mutilati, di guerra o civili, e delle persone problematiche. Un trattato famoso del 1857, “Trattato delle degenerazioni fisiche, intellettuali e morali della specie umana”, di uno stimato scienziato, lo psichiatra Bénédict Morel, che officiava a La Salpétrière, la addebitava a una sorta di predisposizione alla nascita, rilevandola dall’infanzia – la “demenza precoce” – all’età adulta Ma la “degenerescenza”, come la chiamò, era parte dell’opinione intellettuale prevalente all’epoca, che la collocava nel darwinismo, come una sorta di “maturazione” fisica, individuale, ma applicabile anche alla società e alla storia. Analoga, anche se su presupposti diversi, all’ideologia odierna della crisi.

Media - “I costi di un’emittente televisiva a medio raggio, una volta che sia uscita vittoriosa dalla guerra della concessione delle frequenze, sono di gran lunga superiori a quelli di un quotidiano che ricopra la stessa porzione di territorio”, Andrea Camilleri, “Come la penso”, 294. Ciononostante, le tv prosperano, i quotidiani muoiono: la tv raccoglie – sa raccogliere – la pubblicità. Internet lo sa, e la raccoglie ancora meglio della tv, i cosiddetti Grandi Giganti della rete, subito prosperissimi e ricchissimi.
Camilleri intendeva provare, bizzarramente, che Berlusconi aveva speso un’enormità per diventare capo del governo. Mentre il contrario è vero: Berlusconi non ha speso un’enormità ma ha guadagnato un’enormità con la televisione, prima di diventare capo del governo. Mentre i quotidiani hanno cominciato ad andare in fallimento, sopravvivono a furia di tagli ai costi e di sovvenzioni. Perché ha inventato la pubblicità per tutti – “il mobiliere Aizzone” e la Brianza tutta di Telemilano.
I giornali sopravvivono soprattutto di tagli alle redazioni: al numero, all’anzianità, alle qualifiche e alle retribuzioni dei giornalisti. Pensano di sopravvivere come giornali senza giornalismo, come veicoli pubblicitari. Finora senza risultati, se non ulteriori tagli: la pubblicità ha bisogno di un veicolo di richiamo.

Normanni – Furono gli “agenti del papa” per la latinizzazione del Sud Italia nella vecchia polemica greco-ortodossa contro la chiesa “latina”, di Roma. L’accusa è riconosciuta ora fondata dallo stesso Vaticano, indirettamente, con la “restituzione” di chiese e complessi monastici, benché demaniali, a comunità greco ortodosse. Un fatto sporadico, ma solo perché non si trovano abbastanza greci (anche bulgari, russi, rumeni) greco-ortodossi disposti a trasferirsi in Italia. Significativo comunque nel fatto. Una decina di casi si registrano in Calabria, dopo quello del complesso di san Giovani Therestì a Bivongi. E un paio in Sicilia. Col coinvolgimento di non grandi comunità di monaci, in tutto meno di una cinquantina.
La discesa dei Normanni su commissione è comunque un fatto storico. In un primo tempo i papi del dopo Mille, quando la potenza bizantina si era fatta residuale, avevano puntato sui Longobardi. In funzione anti-bizantina e contro le incursioni arabe. Nel 1040 il discusso e discutibile papa Benedetto IX, Teofilatto dei conti Tuscolo, il casato orgoglio dei Trasteverini, che da alcuni decenni era solito “nominare” il papa  (il papa più giovane, di appena vent’anni, papa tre volte, la seconda dopo essere stato scacciato dal partito dei Romani avverso ai Trasteverini, la terza volta dopo essersi venduto la carica, a un suo amico, dannato dai successori e nella memoria storica come ladro e anche assassino) ne aveva dato investitura a Guaimario V e Gisulfo di Salerno. Nel 1051 ad Argiro, figlio di Melo da Bari – il duca longobardo di cultura greca che si ribellò ai bizantini, contro i quali, non trovando aiuto nell’imperatore in Germania assoldò, per primo in Italia, alcuni cavalieri normanni, capitanati da Gilbert Buatière, che però non gli evitarono la sconfitta.
Roberto il Guiscardo, figlio di Tancredi d’Altavilla, era già in Calabria, regione ortodossa al pari del Salento, nel 1057. Nell’agosto 1059, nel corso del sinodo di Melfi, ricevette dal papa Nicola II formale investitura per la conquista del Sud. Ma giù a giugno il Guiscardo si era impadronito di Reggio.
Nel 1054 la chiesa latina si era separata formalmente da quella ortodossa – il Grande Scisma, d’Oriente per i latini, d’Occidente per gli ortodossi – dopo alcuni secoli di dura controversia. A fine ano papa Leone IX scomunicò il patriarca Michele I Cerulario – che a sua volta scomunicò il papa. Ma già in precedenza, sul finire del X secolo, Roma si era sottomesse importanti diocesi del Nord della Calabria, Bisignano, Malvito e Cosenza, grazie ai legami che esse avevano con l’archidiocesi di Salerno, in terra longobarda.
La conquista normanna fu rapida. Tanto che i figli di Tancredi, Roberto e Ruggero, cominciarono a litigare per il bottino – già nell’assedio di Reggio. La questione ortodossa fu confidata a Ruggero, in quanto dominus del nuovo regno che andava a costituire dalla capitale Mileto – in attesa dello sbarco agognato in Sicilia, allora occupata prevalentemente dagli arabi. 
Gli accordi di Melfi avevano creato anche le condizioni giuridiche per l’assestamento dei Normanni nel Sud Italia, in Puglia, Calabria e, a Dio piacendo, in Sicilia. I Normanni si impegnavano a sostenere il papa in ogni circostanza, e a garantire la successione pontificia. 
Nominato a Melfi duca di Puglia, Calabria e Sicilia, Roberto il Guiscardo era a tutti gli effetti un vassallo del papa. Nel nome del quale Roberto e poi, con più intensità, Ruggero si adoperarono per imporre la chiesa latina. Con l’elargizione di benefici e feudi, la creazione di chiede e monasteri, la concessione di terre a comunità ecclesiali quali i cistercensi, favorendo il monachesimo benedettino contro quello basiliano, e la creazione di chiese, monasteri, culti, con reliquie e immagini miracolose, specie della Madonna sotto innumerevoli titoli. Con effetti rapidamente pregnanti sull’opinione popolare.
La “grecità” fu però persistente. Il rito latino fu a lungo celebrato in greco. Ci vollero tre-quattro secoli per sradicare la presenza ortodossa nel Salento, in Calabria e in Sicilia. La costituzione di un ceto sacerdotale latino prese tempo, e così pure la creazione di un episcopato.


astolfo@antiit.eu

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