lunedì 14 ottobre 2019

Il mondo com'è (385)

astolfo

Classe media – Va alla sparizione, si va assottigliando, è la conclusione apparentemente evidente, ovvia, delle analisi della società post-industriale. Ma vale ancora l’analisi che Orwell ne faceva nel 1940-41, in “Il leone e l’unicorno: socialismo e il genio inglese”, a proposito dell’Inghilterra in guerra: molti tratti sì riscontrano oggi, benché in altro contesto tecnico e nazionale (globale). Gli argomenti sono essenzialmente uno: la classe media cresce col miglioramento tecnico, anche se a reddito in calo. “Per quanto ingiustamente una società si organizzi, di certi miglioramenti non può che beneficiare l’intera comunità, perché molti beni sono necessariamente tenuti in comune” – a quel tempo le strade, l’elettricità, l’acqua potabile, la polizia. Come oggi potrebbero essere il wi-fi, e gli stessi social.

Etiopia – Il Nobel per la pace ad Abiy ha fatto fiorire numerose apologie dell’Etiopia, una sorta di paradiso in erra. Proiettato a un futuro immediato di grande potenza. Con i soldi della Cina, eccetera. Mentre è uno dei paesi più problematici della problematica Africa. Con una popolazione cresciuta di colpo da 35 milioni, ancora nel 1985, a 110. Non molto unita - ora non più che ai tempi in cui l’Italia vi si era introdotta - con novanta lingue diverse. Con comunicazioni disagevoli. Al centro dell’area più povera e disastrata dell’Africa: Somalia, Eritrea, Gibuti, Sudan, Sud Sudan – con l’esclusione del Kenya, paese con cui ha però pochi o nulli contatti. L’alfabetizzazione, malgrado fosse al centro del governo militare-comunista del Derg, 1975-1990, è ferma al 40 per cento. Il pil pro capite, a 800 dollari, la pone dietro perfino all’impoverita Eritrea del dittatore Afewerki.
Abiy, ch viene dai servii segreti, propone anche l’immagine di un’Etiopia verde, nella quale personalmente ha piantato milioni di alberi. M l’Etiopia, dove peraltro per fattori climatici la vegetazione stenta, è da tempo minacciata dalla deforestazione: si brucia per coltivare, e si taglia per le esigenze domestiche.

Globalizzazione – Ha rivoluzionato il mondo, moltiplicando il reddito, e linquinamento. In breve tempo, nei trent’anni da Tienamnen, 1987. Dall’apertura Usa alle esportazioni cinesi, malgrado l’ordinamento comunista e totalitario della Repubblica popolare. Per accordi automaticamente estesi all’India e a ogni altra zona produttrice del globo. 
Dal 1990 al 2018 l’Onu certifica una riduzione della “povertà assoluta” dal 40 al 10 per cento della popolazione mondiale. Con una crescita del 20 percento dell’età media – per effetto del crollo della mortalità infantile. È parallelamente esploso anche l’inquinamento, malgrado il contenimento dei rifiuti e delle emissioni di CO2 negli Stati Uniti e in Europa, che erano i maggiori responsabili delleffetto serra. Nei trent’anni l’economia americana è raddoppiata di valore, ma le emissioni nocive si sono ridotte del 10 per cento. L’Europa le ha ridotte del 20 per cento. La Cina le ha moltiplicate per cinque, ed è oggi il maggiore inquinatore del mondo, di gran lunga, più di Europa e Stati Uniti messi assieme. La più grossa concentrazione di plastiche in mare è nel Pacifico. E il maggiore sversamento è di reti di pescatori: la Cina ne scarica per 3,5 milioni di tonnellate, l’Indonesia 1,3, e a seguire le Filippine e il Vietnam. Lungo le coste americane questi sversamenti hanno ammontato a 0,7 milioni di tonnellate. Nel Mediterraneo il maggior sversatore di reti da pesca è l’Egitto, con 0.4 milioni di tonnellate. Dei dieci fiumi maggiori inquinatori, di plastiche e rifiuti solidi, e di sostanze liquide, otto sono asiatici. Più il Nilo e il Niger.

Miracolo nazista – Fascismo e nazismo, due casi riusciti di programmazione dell’economia li dice Orwell, in “Il leone e l’unicorno”, il saggio del 1941 in cui celebra la resistenza inglese e prospetta il socialismo come carta vincente nella stessa guerra. Vincente, a suo parere, se prende dall’Italia e dalla Germania la sostanziale nazionalizzazione dell’economia. In cui la proprietà resta privata ma l’istituzione pubblica è prevalente, e anzi risolutiva. Il nazifascismo è “irreconciliabilmente diverso” dal socialismo: questo “da per scontata l’uguaglianza dei diritti umani”, all’opposto del nazifascismo, “la forza dirigente dietro il movimento nazista è la convinzione dell’ineguaglianza umana”. Ma la sua “è una forma di capitalismo che prende a prestito dal socialismo le caratteristiche che lo rendono efficiente”. E non dispersivo. “La proprietà non è mai stata abolita, ci sono padroni e lavoratori”, ma “lo Stato è in controllo di tutto: controlla investimenti, materie prime, tassi d’interesse, orari lavorativi, salari. A capo delle fabbriche c’è sempre il padrone, ma agli effetti pratici è ridotto allo status di manager”.
In particolare in Germania, nella Germania allora di Hitler, e in un’economia di guerra, “ognuno è in effetti un dipendente pubblico, anche se i salari variano molto. L’efficienza di un tale sistema, l’eliminazione degli sprechi e dei colli di bottiglia, è ovvia. In sette anni ha messo su la più potente macchina da guerra che il mondo abbia conosciuto”.

Patto Hitler-Stalin – Ebbe parte rilevante nella vittoria della Germania nei primi due anni della seconda guerra mondiale. Fino a che Hitler non decise di attaccare l’Unione Sovietica, con l’Operazione Barbarossa il 22 giugno del 1941.
Non influì nella cosiddetta Battaglia d’Inghilterra, luglio-novembre 1941, nella quale Hitler ebbe dalla sua solo l’opinione conservatrice inglese, una parte di essa, che però si tenne salda nella posizione nazionale, di difesa sotto l’attacco. Ma non le classi lavoratrici, per l’inesistenza in Gran Bretagna di un partito Comunista. Questo fu il caso invece nel continente, in Belgio, in Olanda, e soprattutto in Francia: la guerra fu sentita come un conflitto di classe più che nazionale, in un primo momento, prima del’occupazione. In Francia la condiscendenza perdurò a lungo dopo l’occupazione – che in un primo tempo fu blanda.
In Francia il partito Comunista aveva attuato un sabotaggio passivo dello sforzo di guerra, che fu perduta in poco tempo. A giugno 1940 la Francia aveva già capitolato, costringendo le truppe inglese a una difficilissima ritira tata da Dunkerque. Dopo una drôle de guerre , una guerra per finta. E subì il primo anno di occupazione senza opporre resistenza. Il patto Ribbentrop-Molotov “L’Umanité”, il giornale del partito Comunista francese, aveva salutato in rosso a tutta pagina: “Hitler et Staline sauvent la paix”.
Si ragionava anche in Europa tra 1940 e 1941, a partire da Parigi, sulle debolezze della democrazia, anche in confronto al totalitarismo. Sul presupposto che la società nazista non fosse peggiore di quella capitalistica. E che la vittoria contro Hitler, ammesso che la Gran Bretagna riuscisse in questa impresa impossibile, sarebbe stata la vittoria dei ricchi e potenti - l’impero britannico, i Lord, la City. 

Ucraina – La lotta civile in corso da ormai cinque anni è di opposte corruzioni più che di fazioni: nessun governo, anche quelli voluti dalle varie rivoluzioni, “arancione”, di Mejdan, eccetera, dopo la liberazione dall’Urss è andato esente da corruzione in grande stile.
L’Ucraina è miseria e alcolismo in molte narrazioni storiche. E di politica intesa come corruzione, in grande stile, da una parte (ucraina propriamente detta) e dall’altra (russa). Miseria e alcolismo trovavano i soldati italiani che combattevano sotto la bandiera austro-ungarica nel 1914. Lo stesso ci ha trovato Paolo Rumiz un secolo dopo (“Come cavalli che dormono in piedi”), attratto dalla rivolta di piazza Mejdan a Kiev nel 2014: solo le donne lavorano, gli uomini bevono, fanno politica e rubano, “che è per loro la stessa cosa”.


astolfo@antiit.eu

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