Brecht – Morì suicida. Non per un
gesto violento, ma per essersi voluto lasciar morire. Lo rivela Wolf Biermann a
Tonia Mastrobuoni sul “Venerdì di Repubblica”. Non si uccise, ma volle morire,
per una sorta di “complesso di Galileo”. Biermann lo spiega bene: “ “Fu un
italiano a ucciderlo. Galileo Galilei”.
Di cui Brecht aveva scritto la “Vita” nel 1938. Quando era già in esilio, ma
“tipicamente, scrisse un elogio della vigliaccheria, della furbizia e dell’inganno.
L’abiura è stata un bene, questa la tesi”. Poi ci fu la California, la
distruzione della Germania, e la bomba atomica. “E Brecht si spaventò a morte.
Decise di riscrivere l’opera, condannando Galileo per la sua vigliaccheria
dinanzi all’Inquisizione. Ma siccome era un genio pigro, non riscrisse tutto. solo
la scena finale”. E qui, dice, “viene la parte complicata”: a Berlino nel 1956
il “Galileo” non funziona: “Non convinceva nell’improvvisa svolta dell’ultima
scena”. Brecht stava male: “Era scioccato, come tutti noi, per i crimini di
Stalin svelati a Mosca”. Ma “si
intestardì: passò ore e ore alle prove”, Biermann era allievo del Berliner
Ensemble, “anche se era già malato. Capì che avrebbe avuto bisogno di molta forza
per rinnegare se stesso”. E scelse di dileguarsi: “Disertò nella morte”. Era
malato, ma non tanto: “Il dottor Tsouloukidse, un medico mio amico, lo esaminò.
Brecht aveva appena 58 anni, avrebbe potuto vivere ancora per decenni”.
I tempi sono giusti. Krusciov denuncia
Stalin a fine febbraio. A maggio Brecht si ricovera in ospedale, ma ha solo
un’influenza. A Ferragosto muore d’infarto. Certificato ma non accertato.
Brexit – Riprende una tradizione
vecchia. Sempre in Europa si è parlato male degli inglesi, parlar male degli inglesi era un invito
alla connivenza, poiché su questo tutti erano concordi. “La corte inglese era
un inferno dell’odio”, spiega il pur simpatetico Huizinga, “L’autunno
del Medioevo”, dei secoli prima, durante e dopo il
Rinascimento. Sentimenti analoghi si nutrivano nell’isola verso il continente:
“Di là egli (il viaggiatore) porta l’arte dell’ateismo, l’arte di
gozzovigliare, l’arte di fornicare, l’arte di avvelenare, l’arte della sodomia”,
stabilisce “II viaggiatore sfortunato” di Thomas Nashe, classico del grand
tour nel ‘500.
Secondo Pirandello, “gli inglesi parlano come se avessero una patata calda in
bocca” - da qui la forma della bocca?
Casalingo – Si può dire di molti scrittori,
anche quando hanno esperienza di mondo. Il più importante è Manzoni, che era
anche il più “viaggiato”, quello con maggiore esperienza e cultura
internazionali – amava parlare in dialetto. Lo è Lampedusa, altro cosmopolita.
Alvaro, id.. Calvino è invece scrittore cosmopolita di programma, benché molto
(variamente) “impegnato” in Italia. E Soldati, malgrado lo strapaesismo
professato, per i cibi, i vini, i visi, il com’eravamo. Michelet è uno
scrittore casalingo, malgrado i viaggi all’estero programmati ogni anno, e i
due traslochi in Italia, a Firenze e a Nervi. A differenza di Flaubert e di
Baudelaire, che si sarebbe tentati di dire molto francesi, mentre invece dalle
esperienza all’estero derivarono molte idee, e anche scritture. O Dumas, che fece tesoro delle esperienze in Germania, Italia e Russia.
Dialetto – “Quello che veramente
ognun dice, ogni nato della sua molteplice terra, e non la roca trombazza d’un
idioma impossibile, che nessuno parla”: così Gadda a plauso del “dire” di
Manzoni - “Apologia manzoniana” (in
“Divagazioni e garbuglio”). Della “roca trombazza” continuando a dire: “Che
nessuno parla (sarebbe il male minore), che nessuno pensa, né rivolgendosi a
sé, né alla sua ragazza, né a Dio”.
Editoria – “Fare libri è come giocare
d’azzardo”, Gian Arturo Ferrari
Flaubert – Lavorò a “una codificazione
gregoriana” della scrittura”, R.Barthes, “Il grado zero dela scrittura”.
Italiano – “Il difetto maggiore degli
italiani è di parlare sempre dei loro difetti”, è detto noto di Flaiano, registrato
nel “Frasario essenziale” collazionato da Manganelli e Maria Corti. Ma non è
noto l’articolo di cui è l’incipit, una raccolta straordinaria di likes, due cartelle che sono un concentrato
dell’italianità (reperibili ora solo nel volume “Opere. Scritti postumi” dei
Classici Bompiani – non più reperibile, come del resto lo stesso “Frasario
essenziale”). “Mi piace, per esempio,
che sia generalmente bugiardo”, eccetera, “che pensi sempre alle donne”, “che
sia pigro”,”che sia gentile, sentimentale, cinico, spendaccione, imprudente,
frivolo, fastoso”,“che non sia tanto patriottico” (“gli permette di essere uno
dei popoli meno razzisti e intolleranti” – vero, il razzismo si misura), “che
sia generalmente estroverso”, “che non abbia molto sviluppato il senso dei
rapporti sociali”, “che l’italiano del nord se la pigli con l’italiano del
sud”, “che l’italiano sia portato alla confusione”. Perché, in generale,
riconosce i suoi difetti: “Evidentemente, quando si parla dei difetti
dell’italiano si prende a confronto un popolo ideale che non esiste in nessuna parte
del mondo ma che noi, sempre ottimisti (altro difetto!) crediamo che viva e
prosperi realmente”.
La lunga lista non registra il difetto che
Maria Corti illustra alla fine della lunga presentazione delle opere postume di
Flaiano, a proposito della sua mancata popolarità, dello scarso seguito di
critici e lettori di Flaiano: “L’allarmante
incapacità di cogliere e assimilare ironia e satira nei propri riguardi”.
Libro – “Ogni libro è un
fallimento”, G. Orwell, “Perché scrivo” (in “Letteratura palestra di libertà”).
Per il suo autore e in sé: “Tutti gli scrittori sono vanitosi, egoisti e
indolenti, e al fondo dei loro motivi c’è un mistero”.
Mameli – Incontrava il gusto del
patriottico Gadda, invece di Carducci, autoeletto “Vate d’Italia alla stagiona
più bella!”: “Possiamo passarla al Carducci”, commenta Gadda, “anche se, come
vate, le nostre preferenze le ha tutte Goffredo Mameli” – (in “Divagazioni e
garbuglio”, 40).
Ma “vate” non è una buona parola per
Gadda. Risponde alla “posa del profetismo”che non è buona, se non per due
aspetti: “La posa del profetismo, così connaturata a tutto l’800…. aveva nell’800
un che di ingenuo, di rispettabile e anche di vero. C’erano due grandi aurore
in fàbbrica: l’aurora sociale in Europa e, da noi, l’aurora vera e santa del
Risorgimento”.
Michelet – Fu traduttore di Vico,
della “Scienza nuova”. Con un saggio sulla vita e l’opera di Vico.- e alla
seconda edizione della traduzione di una “Vie de Vico par lui-même”
Naturalismo – “Nessuna scrittura è più
artificiale di quella che ha preteso di dipingere da presso la Natura”, R.
Barthes, “Il grado zero della scrittura”: Maupassant, Zola, Daudet. Combinando
l’“arte” flaubertiana con gerghi, parole forti, dialetti, “per una natura
verbale francamente estranea al reale”.
Poesia – Differisce dalla prosa
per la cantabilità – la diversa “misura”: “La poesia classica non era sentita
che come una variante ornamentale della Prosa, il frutto di un’arte”, R. Barthes, “Il grado zero della
scrittura – “C’è una scrittura poetica?”
Romanzo – Una “masturbazione
solitaria”, Michelet, “Diario”, lunedì 22 luglio 1861. Michelet, sempre felice
sposo da una decina d’anni della giovane Aténaïs, aveva avuto l’idea di un
romanzo, “Sylvine ou les Mémoires d’un jeune femme de chambre”, tema
pruriginoso. Finché un giorno riflette: “Avendo avuto il 10 una felicità così
completa, così ben condivisa il 17, mi dico il 19: perché fantasie bizzarre?
Hai la poesia sotto mano. Riprendi il solito equilibrio”.
Scrivere – “Lasciare al senso la
scelta delle parole, e non l’inverso”, G.Orwell, “La politica e la lingua inglese”:
“In prosa la cosa peggiore che si può fare con le parole è arrendersi a esse”.
letterautore@antiit.eu
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