Gli ultimi scatti sono del
2012-2013, a 82-83 anni, sempre “narrativi” (suggestivi), benché di soggetti
ordinari, una stazione, una strada, una giovane coppia. Roma è i primi quindici
anni di vita di Berengo Gardin, che si dirà veneziano per scelta, ma di ascendenze
materne anche svizzero, e di esperienza giramondo. E si vede: il suo rapporto
con la città e i dintorni (Oriolo Romano, per esempio) è straordinario e
insieme naturale. Il suo occhio cattura lo straordinario nell’ovvio: la fontana,
i marmi, i religiosi, il lussureggiante e il misterioso di San Pietro,
Cinecittà naturalmente.
Un monumento a Roma
soprattutto del dopoguerra. In 75 scatti – di cui 25 qui esposti per la prima
volta. Semplici, e quindi nuovi (più veritieri) benché di un’epoca molto
scritta. Con i ricordi, a didascalia, di Roma nei primi anni 1940, da balilla e
poi sotto i tedeschi.
Curioso l’effetto di una città
ancora sei–sette anni fa totalmente
diversa da come la si vede e si vive oggi: non muta e arcigna, col fondo di
malizia ancora negli sguardi, di intesa. Il Casale scelto per la mostra
concorre all’impressione: difficile da raggiungere ma sull’Appia Antica, pur
sempre nel cuore di Roma, quale era, e non si può imbruttire.
Gianni Berengo Gardin, Roma, Casale di Santa Maria Nuova,
Appia Antica
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