Si sequestra in Sicilia un carico di
limoni spagnoli trattati con un anticrittogamico cancerogeno. Importare limoni in Sicilia sembra un
controsenso. Ma si importava un tempo, e fu cosa lunga, il vino dall’Algeria.
Per rivenderlo al Nord come vino siciliano da taglio. Senza la mafia.
Si saluta come un segno di libertà la
decisione della Corte Europea e della Corte Costituzionale di dare licenze
premio anche agli ergastolani per delitti di mafia. Senza obbligo di pentimento. E forse non è sbagliato. In questa “eguaglianza per i mafiosi” la
confusione potrebbe dissiparsi: non saremo più governati dai confidenti, e i
giudici riprenderanno a lavorare.
Gadda
protoleghista
“Sopra i fieni e i formaggi è stata
organizzata nel decorso ottantennio una sopraprovincia industriale, e poi
idroelettrica, che dà lavoro e consente la vita ai padani stessi e ai molti
«immigrati interni». Più che mezzo milione di immigrati interni nella sola
Milano, su un milione e mezzo di abitanti”. Gadda spiega semplice e vero il
miracolo - non ancora boom, siamo nel
1945 – del Nord, o il senso della subito
risorgente “questione meridionale”, in polemica con Mario La Cava. L’unica
polemica politica della sua vasta pubblicistica giornalistica, con sdegno
quindi non di maniera. Succedeva a “Il Mondo”, rivista allora fiorentina,
diretta da Montale. Anche lui non convinto da La Cava, cui aveva obiettato sia
presentando il suo contributo, “A proposito della questione meridionale” (“Il Mondo”, Firenze, I, 11, 1 settembre
1945), sia a commento della lunga lettera di Gadda (ib., I, 13, 6 ottobre
1945). Gadda, vecchio combattente, muove sdegnato dall’accusa che i giovani del
Sud erano stati mandati a morire in guerra per coprire gli operai imboscati del
Nord. E allarga poi il discorso all’accusa che il Nord si è arricchito a spese
del Sud.
D’accordo con La Cava sul contributo
degli ufficiali e gli agenti di Polizia, “reclutati esclusivamente nel Sud e
nell’isola del fuoco”, al mantenimento dell’ordine. Specie nella guerra civile
e nella difesa dai tedeschi, e poi nella pacificazione generale. Ma non ci sono
solo i questurini. “Anzitutto i «governi» d’Italia erano in pratica alle mani
dei meridionali”, i governi veri, “la gran macchina burocratica dello Stato
Italiano”: “La polizia, la finanza e le guardie di finanza, la organizzazione
fiscale, la magistratura stessa, i romani e milanesi ministeri e uffici erano,
in misura prevalente, combinati di funzionari meridionali. Il funzionalismo
statale italiano recluta meridionali all’80%, lombardi al 0,05%”. Né solo “organi
esecutivi dell’amministrazione”, sono
meridionali “anche inspiratori e redattori ed interpreti delle leggi. E
detentori effettuali dei poteri pubblici. Il numero di avvocati e giuristi e
nomoteti che da lontane eredità pitagoriche o da più recenti vichiane traggono
buona penna e discettante favella a legiferare” è prevalentemente meridionale. Per
“merito e alto intelletto di quei cittadini”, ma pur sempre meridionali.
Un leghista precoce, ma non separatista.
Gadda critica La Cava anche per il favore da questi mostrato verso il separatismo
siciliano – “Accenni al passato. Reluttanza a Roma, i Vespri”: “Quanto alla
guerra dei Vespri, essa diede la Sicilia agli Aragonesi (Caltabellotta, 1302).
Quanto alla rapina romulea, non si potrà sostenere che Milano depredi oggi la
Sicilia come Roma e Verre la depredarono. I graditi e saporosi agrumi che di là
ci pervengono li paghiamo a contanti”.
Perplesso si ripete in conclusione La
Cava: “Noi «sfruttiamo» i Siciliani. Treni e treni carichi di Siciliani
straboccarono durante un trentennio alla stazione centrale nonostante il veto
contro le migrazioni interne cui accenna il La Cava: veto che noi non abbiamo
avuto occasione di percepire”.
La differenza? È la fatica, la forza
delle acque, in superficie e nel sottosuolo, mettendo a frutto, con
“fienagioni” e “ricolti” sui “livellati jugeri della pianura padana”, centrali
elettriche e abbeveratoi facili e di poca spesa, per “loro”, i padani, “e i
loro buoi e le loro vacche da latte”.
Tre anni dopo, evocando Milano a Radio
Milano, Gadda concluderà la lunga nota con un invito alla sobrietà: “Vorrei che
al senso profondo dell’autonomia e della responsabilità economica, si
accompagnasse un uguale ardore per ciò che è forma e stile della terrena vicenda,
in questa terra che pur diede i natali al Caravaggio, al Cardano, al Manzoni.”
Contro
l’emigrazione
È una grossa valvola di sfogo, è sempre
stata la filosofia del fenomeno emigrazione. È sempre stata esercizio meritorio,
dei più intraprendenti, giovani, intelligenti, disposti al sacrificio. E una
fonte di accumulazione per quanto risicata, di capitale attraverso le rimesse. Ma non
sempre. L’esercizio è anzi consolatorio,
visti i costi, e gli sprechi: l’emigrazione è soprattutto uno spreco, a costi
anche alti. Anche per un semplice calcolo costi\benefici. Quante risorse formative,
delle famiglie, dello Stato e e degli enti locali, si disperdono, senza
beneficio per i luoghi di formazione. L’emigrazione è la dispersione, la
desertificazione dei luoghi di origine.
La verità dell’emigrazione dal Sud è che
il Sud si è privato di energie. Anche delle migliori, è vero. Erano bocche da
sfamare? Non si sono sfamate meglio. Hanno risparmiato? Poco e male. Hanno
costruito un futuro per i figli? A quelle condizioni l’avrebbero costituito
anche a casa. Quanto hanno sofferto. E a che costi, di rinunce, sacrifici,
umiliazioni, isolamento selvaggio. Da cui peraltro nulla può redimere, nemmeno
la più buona delle intenzioni. Col senso della differenza sempre – talvolta,
come negli Usa, per generazioni: si è dago
per un secolo almeno.
La
dispersione primaria
Spreco di energie vuol dire sul piano sociale
l’interruzione ripetuta, continuativa, del processo sociale osmotico che si
chiama della borghesia, il polmone delle società moderne. Di chi opera
cambiando la propria e familiare posizione e condizione, e quella sociale, della
comunità, con l’istruzione, la salute, la proprietà, nel senso dell’igiene mentale e in quello del possesso – della vigilia, la vigilanza, la fonte della
partecipazione sociale e politica, la base delle scelte argomentate.
Si è impoverito quello che si chiamava il
tessuto umano. Si è distrutto quello politico. Chi resta non fa più parte di
una rete, è un isolato che lavora, nutre e accudisce la famiglia, e non si occupa
di sapere, c’è e non c’è, e più di tanto non si impegna, nemmeno al voto.
La borghesia al Sud ha vissuto la Repubblica
sfarinandosi: si sfilaccia, si sbriciola, a mano a mano che s’imbastisce. Crea
per disperdere. Le sue energie in gran parte, in parte preponderante, spreca
fuori. Il Sud non procede e anzi recede, perché ha invertito l’ordine: caso
raro, non si applica all’accumulazione primaria ma alla dispersione.
La borghesia funziona come una pompa
idrovora naturale: tira su le energie, le valorizza, le moltiplica. Al Sud invece in prevalenza le
disperde, in acquitrini o in rivoli remoti, residui, asfittici. Valorizza i suoi
figli non per allargarsi e irrobustirsi ma per privarsene – non per accumulare
ma per disperdere. Che sembra assurdo e lo è.
Nella Repubblica il fatto è evidente
perché l’emigrazione è a somma negativa sul semplice piano del reddito. Ma sempre
è stato così, questa la “colpa” dell’unità, di avere reso l’emigrazione
possibile, quella interna stimolata anche dall’avventura in “America.
Si dice: emigrando s’incontra il proprio
destino. A che prezzo? Allo stesso prezzo o anche meno, di miseria senza
l’isolamento e il disprezzo, si sarebbe incontrato (costruito) anche a casa. Con
lentezza, con applicazione, con sacrificio.
Ora il Nord manca di insegnanti, medici,
infermieri. Il Sud come sempre ne abbonda. Ma domanda e offerta non s’incontrano
più. Perché emigrare al Nord costa troppo.
Il Sud s’impoverisce – relativamente,
certo – perché si spopola e si sfianca. Non solo nel patrimonio edilizio
abbandonato, nei paesi desertificati, ma nelle famiglie. Che risparmiano,
investono, specie nell’istruzione, accudiscono, impegnando energie che sottraggono
al lavoro, all’impresa, per creare dei vuoti. Il destino singolo va assicurato
contro il destino sociale? Non è detto, e non è una buona cosa.
Milano
“Lotte di casse e di parte, lotte
spietate fra città e città, nel Duecento lombardo; Lodi e Milano si odiarono e
combatterono più ferocemente certo che Roma e Cartagine”, C.E.Gaddda, “Immagine
di Lombardia” – in “Divagazioni e garbuglio”, p. 399.,
Il “Corriere della sera” confina a una
pagina di girata, quella con meno
visibilità, il titolo grande “Quella di Roma non fu mafia”. In quella di
riguardo invece, che si vede sfogliando il giornale, limitandosi a “Il valzer
delle sentenze e il finale a sorpresa: la sconfitta della Procura”. Da
intendersi: perché la mafia c’è, a Roma, malgrado le due sentenze definitive
che dicono di no.
Oltre 17 mila bambini non hanno accesso
all’asilo nido in Lombardia perché i genitori si rifiutano di vaccinarli.
Presentando a Roma alla Festa del cinema
le sue memorie, “Lucia Bosé. Una biografia” – che nessun editore italiano ha
voluto – la diva di “Riso amaro” ha questo ricordo dei milanesi a piazzale Loreto,
lei aveva 14 anni: “Andai con altri ragazzi e ho visto Mussolini e Claretta
Petacci appesi a un metro da me. Sono scappata via per la paura mentre tutti
gli buttavano pomodori e patate”. C’era già l’abbondanza.
“Poche cose identificano l’importanza,
anche morale, di Milano e la sua innegabile grandezza di capitale, mancata sì,
da un punto di vista amministrativo, eppure decisa spinta propulsiva di un
Paese del quale, anzi, resta l’unica città davvero di risonanza mondiale, e non
per il passato (ché Roma e Venezia non hanno rivali), ma per il presente, e,
presumibilmente, per il futuro, della intelligenza e della coltivazione tenace
di una idea di lavoro che sapesse unire qualità, arte, artigianato, ironia,
divertimento, creatività e, per dire una parola grossa, ma giusta, grazia”, Stefano Salis, “Il sole 24
Ore”. Infusa? Con l’ironia?
L’arcinemico Barbarossa Milano saluta al
museo del Castello con una stele al “roemischer
Kaiser deutschen Nationen”.
Puzzava nel Sette-Ottocento. Il “foraneo
(brianzuolo)” Parini di Gadda lo lamenta nell’ode “La salubrità dell’aria”. Per
averlo lamentato “un contino bergamaschino che fa il cattivino contro i
Meneghini” - nonché “poetino” “romantichino” - si becca da Carlo Porta un
sonetto d’ingiurie con questo titolo.
Immigrati irregolari in Italia nel 2019
fino a metà ottobre poco più di ottomila. In Spagna, 23 mila. In Grecia, 45 mila.
Il problema per l’Italia è relativo. Ma “un marocchino al semaforo ed è il
terrore”, notava di Milano “Fuori l’Italia dal Sud”, nel 1993.
In Italia i migranti muoiono. Muoiono al
largo di Lampedusa, perché il trasbordo è lungo e pericoloso. Ma questo non si
vuole vedere. Né come e perché questa gente arriva. Milano vuole solo potersi
commuovere, su Lampedusa e gli africani, il più lontani possibile.
“Rumorosa città del silenzio”, la dice Gadda, “Divagazioni e
garbuglio”, 74.
“La Lombardia è la vera terra dei fuochi”, scrive e documenta su
“Panorama” Silvio SturleseTosi: trecento incendi di plastiche e altri materiali
accatastati, in un anno e forse meno, da quando la Cina ha ridotto il
trattamento di materiali da riciclare.
Falde inquinate si denunciano (poco, senza allarme), nel vercellese e
altrove. Era già successo negli ani 1960/70, quando la Lombardia si era accreditata
come discarica, lucrosa, degli scarti tossici (mercurio, cromo, diossina) delle industrie
svizzere e tedesche, che per legge non potevano scaricarli nei loro paesi.
Fiumi di veleni si scaricavano nel Ticino, il Lambro, l’Olona, l’Adda,
che finivano nel Po.
L’antica
Mediolanum, in mezzo al piano, il tedesco ingentilisce in Mailand, terra di
maggio. O terra di mai?
La Lombardia era “il frutteto privato di Dio in terra” per Vernon
Lee, la scrittrice inglese dei racconti noir, specialista del Settecento
Nel 1158, racconta Bernard Lewis in “The Assassins”, si disse che i
milanesi avevano assoldato un commando di terroristi del Veglio della Montagna
per uccidere l’imperatore Federico Barbarossa che li assediava. Di terroristi
islamici. Talvolta le voci sono vere.
Una
dozzina di allenatori al Milan in dieci anni – il più lungo in carica, Gattuso,
mal sopportato. Di più all’Inter. È una gara all’incontinenza.
Ma
non senza motivo: le squadre milanesi non ci stanno a perdere, la colpa è sempre
degli altri.
leuzzi@antiit.eu
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