Una mostra di gessi e
disegni, didascalica. Con ambientazioni originarie, specie per i posteriori,
che Canova curava, con visibilità a tutto tondo, oppure a mezzo di specchi. E
illuminazione notturna, quella che Canova prediligeva quando aveva clienti
nell’atelier di via delle Colonnette,
angolo col Babuino – far muovere le sue curve, fidiesche, alla luce ondeggiante
delle candele.
Lo stesso effetto raggiunge
Mimmo Jodice, che molto fotografò i marmi di Canova. Trenta dei suoi studi sono
esposti alla mostra.
Una installazione introduce, ideata
da Magister, realizzata in collaborazione cobn Robotor, che vede protagonista
un robot. Invisibile, ma che si sa ha lavorato 270 ore alla realiaazione su marmo,
marmo di Carrara, scelto secondo le regole canoniche e canoviane, di una copia
di “Amore e Psiche giacente”. “Amore e Psiche”, la favola di Apuleio, l’amore
adolescenziale, ha a lungo appassionato Canova, e questa è la formulazione più
ambiziosa e meglio risolta.La copia in marmo è stata fatta sul gesso
preparatorio, oggi al Louvre.
Una installazione importante.
Perché apre nuove strade all’industria della copia. E conferma che la copia,
per quanto perfetta, è sempre deludente – come i gessi. Non è solo questione di
patina, la “mano dell’artista” esiste, per quanto invisibile, o indefinibile.
Canova fu incaricato dal papa Pio VII, alla Restaurazione, di recuperare qualcosa dell’ingente bottino di opere
d’arte appropriato dai francesi, e in parte ci riuscì. Era stato tiepido nei
confronti dell’occupazione francese di Roma, anche se intervenne mentre era al
culmine del successo come giovane Grande Scultore, e novello Fidia. E fece statue
di napoleonidi, oltre la famosa Paolina – chw qui non c’è, nemmeno in gesso. Compresa
una in cui ingigantiva lo stesso Napoleone, che all’imperatore non piacque e la
fece relegare in cantina (una copia è visibile a palazzo Bonaparte, dove visse cioè
i suoi ultimi anni Letizia Ramorino, la mamma, recentemente riaperto al pubblico,
a piazza Venezia angolo via del Corso).
Canova. Eterna bellezza, Museo di Roma, palazzo Braschi
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