giovedì 28 novembre 2019

La distruzione di Roma

Sono bastati tre anni di Raggi per distruggere Roma. Le ha levato l’Olimpiade sicura del 2014, che avrebbe risolto i problemi della città per cinquant’anni, viari e infrastrutturali di ogni tipo, nel nome del meno è più”. Per imporle uno stadio di cui nessuno ha bisogno, e altre operazioni immobiliari di periferia da codice penale. Le ha levato i servizi: i trasporti, la nettezza urbana. Ha abbandonato il verde, che era il pregio della città. Il giardino degli Aranci, che è stato il respiro dell’inverno almeno mezzo secolo di vita romana testimoniabile, e probabilmente per decenni prima, ha lasciato alle cocciniglie e alle fuliggini, di alberi ingrigiti che non fioriscono e non fruttificano, per un terzo già secchi. Peggio, si adopera per imbastardire il centro storico.
Roma ha un centro storico enorme. Una grande città nella città. Che bene o male ha resistito alla speculazione dei piani terra, in questo mezzo secolo di isole pedonali da pizze al taglio, gelati, giocolieri e jeanserie. Fino al “nuovo” di Raggi, con esazioni di ogni tipo, e disservizi mafiosi, per primo nella raccolta dei rifiuti, e nella pulizia – il “decoro urbano”. Ora con l’allungamento della Ztl. Furbo, nel nome della protezione ambientale. Di fatto per allontanarne ogni attività produttiva: non ci sarà più l’ora serale dopo le dicitto in cui portare l’oggetto da riparare all’artigiano, o ritirare un acquisto pesante, importante. Chiudono già le librerie, chiudono gli ultimi artigiani, del legno, del ferro, chiudono molti negozi familiari tradizionali, perché le sanguisughe degli affitti milionari e i coatti dello struscio a perdere possano esercitarsi liberamente.
Facile ricordare i barbari. Ma Raggi è a capo dei 5 Stelle, un movimento che ha illuso con l’onestà e l’interesse comune. Si dice anche che Raggi non sia una cima. E comunque che la colpa è dei romani che l’hanno votata. Ma lei non ha colpa, e con lei i suoi elettori. Lei non decide: decide Grillo, che è un uomo d’affari. E con lui il “movimento” sotterraneo, che emerge nei casi, non isolati, di corruzione.

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