lunedì 18 novembre 2019

La più grande fabbrica di fake news

I Mittal padre e figlio vanno da Conte lunedì scorso. Poi no, ci vanno martedì. Ma nessuno li ha avvertiti.
I commissari governativi denunciano ArcelorMittal: non sta ai patti.
Le Procure di Milano e di Taranto aprono inchieste su ArcelorMittal. Minacciose: i Mittal si sono venduti le scorte, si sono presi i soldi del risanamento senza fare risanamento, comprano gli impianti per chiuderli, fanno false comunicazioni sociali, fanno bancarotta fraudolenta.
Il governo può benissimo nazionalizzare l’ex Ilva di Taranto.
Taranto può fare a meno del siderurgico. Si fa al suo posto una fabbrica non inquinante. Con un centro tecnologico. E il turismo, con le cozze.
Come no. Basta vedere Bagnoli a trent’anni dalla chiusura.
Si vuole Taranto la più grande fabbrica d’Europa, ma allora anche di bufale. Ogni neo statista ha sulla città e sull’impianto una ricetta, quello che prima gli viene in mente, tanto per dire una cosa, in armonia con la neo politica. Non hanno colpa, gli italiani li hanno votati. Ma l’informazione, questo il punto, si limita a fare a questa corte della stupidità da cassa di risonanza, giornalisti e opinionisti, economisti o tuttologi.
Nessuno che spieghi i Mittal, lasciando intendere che siano due indianacci di m...., accasciati nelle anticamere del Grande Statista Conte, non i più grandi siderurgici del mondo. Che non comprano per chiudere. Che il mercato dell’acciaio è in sovrapproduzione. Che il governo ha aperto ai Mittal il diritto di recesso introducendo la colpa per i danni pregressi, ex Italsider-Iri e ex Riva. Che Taranto con ArcelorMittal perdeva 600 milioni l’anno, senza perderà 1 miliardo. Che chiude l’impianto una manager che aveva dimezzato le Acciaierie di Terni cinque anni fa, nominata amministratore delegato a Taranto appena ieri, il 15 ottobre, perché consulente dei 5 Stelle al ministero dell’Economia. Nessuno che senta i metalmeccanici, che sanno di che si tratta. O la stessa manager cesariana.
Nessuno che rida, seppure amaro. Di Conte che parla da operaio tra gli operai, come se fossero imbecilli. Del presidente della regione Puglia Emiliano, un ex giudice che pensava di fare il capo del partito Democratico, e non sa dov’è Taranto. Dei grillini, che pensano sia bene chiudere le industrie, al Sud. Dei tonitruanti “commissari”, che sono avvocati di paese, di Fasano e Grottaglie, nominati da una ministra di paese, tanto per la gratifica. O della Procura di Taranto: programmava da tempo, con preannunci a ripetizione, di spegnere l’altoforno centrale di Taranto, e ora vuole carcerati i Mittal per “sabotaggio dell’economia”, senza senso del ridicolo. Di Milano che invece impone di non chiudere l’impianto.     

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