venerdì 22 novembre 2019

L’amore più caro della vita

Un giorno di novembre che a Roma può essere tiepido e dorato, Franceschino incontrò Maria all’angolo con la casa della Fornarina, una bellezza esotica e familiare. Per la pienezza delle carni e la maturità del gesto, sotto l’occhio sbarazzino nel colorito biondiccio.
Franceschino, che trascorrendo vita precaria emergeva da terre umide e buie, assaporava il tepore delle pietre e l’aroma degli amori impregnati nei muri e nei cespi di rose, e ne ebbe il cuore traboccante. 
Fu questo stesso eccesso a prendere lei. Spiegò a lui, per quel poco che parlava invece di colmarlo con lo sguardo, che qualcosa d’impossibile incombeva. Che lui non considerava, come se sapesse. E più spesso lei lo evitava. Prendeva strada attraverso i giardini, o su per la collina, a ore antelucane o imprevedibili, e forse per corridoi oscuri dentro il palazzo dei carabinieri, gallerie che portavano all’antica accademia, camminamenti nella prigione. Ma lui paziente aspettava all’angolo della porta Settimiana, e ne era premiato.
Era un gioco di destini, la cui attesa si riempiva, a ore, a giorni, di sbocchi di vitalità. Anche dopo, per un tempo, che egli alla porta ebbe incontrato invece i suoi cacciatori sotto irriconoscibili sembianze, che lo avevano perduto e non se lo fecero scappare, trasportandolo su e giù per celle senza porte e senza suoni in ceppi. Fino a quando non ne perderà la memoria. Benché si viva, sembra, anche in carcere, ogni sensazione essendo un ricordo.

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