martedì 12 novembre 2019

L’Orfeo Manganelli

La raccolta del titolo è il libro di esordio di Alda Merini, pubblicato a gennaio del 1953 da Schwarz, a Torino, dove Merini, sfollata nel 1943, aveva fatto gli studi per tre anni in casa dello zio tenente colonnello. Ventunenne ma già riconosciuta, poetessa prodigio a quindici anni, quando una sua composizione era stata letta da Agnelo Romanò, che la indirizzò a Giacinto Spagnoletti, che sarà suo pigmalione attento, mentre Manganelli se ne incapricciava, e poi Quasimodo.
Orfeo è Manganelli: “Orfeo, novello amico dell’assenza,\ modulerai di nuovo dalla cetra\ la figura nascente di me stessa”. Ma sono composizioni rarefatte. Di gergo ermetico, la stagione dell’epoca. E di oscuro, sinistro, ripensamento, se non pentimento: tra i tanti fiori e colori della raccolta, il discorso è soprattutto di spine.
Il volume riproduce la raccolta Scheiwiller del 1993. Con la plaquette del titolo ne fanno parte altre precedenti pubblicazioni: “Paura di Dio”, Scheiwiller, 1955, “Nozze romane”, Schwarz, sempre 1955, e “Tu sei Pietro”, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1962. In nota alla riproposta Alda Merini dirà la raccolta del titolo, 1953, “il primo balzo verso la felicità della menzogna e verso la notorietà”. Realistica anche sugli affetti: “L’amore a quindici anni è circoscritto”, “estremamente attento” ma “fragile”: “L’adolescenza, periodo mitico e burrascoso, è sempre alla ricerca disperata di un vertice (di un verso) che la possa oltraggiare e al tempo stesso difendere”. Nel suo caso da succube: “L’amicizia co Maria Luisa Spaziani e gli amori anche discutibili con noti letterati del tempo” (Manganelli e Quasimodo, n.d.r.) “hanno influenzato la mia prima produzione letteraria”.
Merini insiste anche sulla poesia come dono, che lei avrebbe avuto contro ogni handicap: la madre filistea, la scarsa fortuna e quasi indigenza familiare, gli studi professionali. La grazia avrebbe fatto miracoli: confinata all’avviamento professionale dalla famiglia, un suo componimento, “nel quale avevo fatto un poco il verso a Caducci”, viene letto da una insegnante di latino, e quindi “con unanime assenso dei professori” viene iscritta “agli studi classici superiori e preparata alla maturità”. Di fatto, tornata a Miano nel 1946, suscita l’attenzione di Romanò e Spagnoletti, e di Manganelli, ma è rifiutata all’esame d’ammissione al liceo Manzoni, bocciata in italiano.
Con una postfazione di Vivian Lamarque.
Alda Merini, La presenza di Orfeo, Corriere della sera, pp. 138 € 7,90

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