Durata – È concetto che perde credito con
rapidità, da quando è stato risistemato da Bergson, innovando sulla durata
aristotelica, del ciclo vitale di ogni cosa, del periodo di tempo che è
l’esistenza della cosa. Con la durata reale
o pura. Una forma di consistenza,
contrapposta al tempo volatile, come successione di stati di coscienza,
composizione di molteplici stati qualitativi. Si può pensarla sempre come
intreccio melodico, ma allora di dissonanze.
Ora si privilegia l’inconsistenza,
l’irrilevanza anche, degli stati di coscienza compresi. Esclusi perfino dal
linguaggio, che si vuole “corretto”, non discriminante. E per effetto dell’accelerazione,
del cambiamento ritenuto o imposto come stato, se non progetto, del vivente. Si
prospetta l’attivismo, l’innovazione, la costruzione come moltiplicazione dell’essenza,
con esclusione della durata-durevole. Nell’abitazione come nell’abbigliamento,
nei modi di vita. Nella coesione sociale e familiare, quindi personale. La
migrazione prevale sula stanzialità. Essere è una relativizzazione temporale e
valutativa. Niente è più importante – da preservare, durevole. Il cambiamento si
privilegia su tutto. Anche se a rafforzamento come sempre nell’attività umana
degli interessi. Degli agenti, dei soggetti attivi. Interessi personali,
materiali. Costituiti, cioè dominanti, oppure no, start-up, nuovo, che comunque come sempre tira i fili o a questo bisogno
(fine, scopo) si predispone.
Ecologia - La difesa
dell’ambiente, che Nixon ha lanciato nel ‘68, è l’industria a crescita più
rapida, e senza confini: la felicità ha bisogni sterminati, tutti necessari e
urgenti. Riprendersi l’aria, il mare, l’acqua, la vita, è un piano che non ha
obiezioni, dalla villetta a schiera al viaggio a Malindi, dalla fitness
all’acqua minerale. Mentre una vera protezione del’ambiente imporrebbe una
compressione dei consumi e della mobilità.
È
diventata pensiero dominante per accompagnare un processo industriale mosso dagli
interessi che puntano a sostituire il motore a scoppio con quello elettrico
nella circolazione stradale. Un passaggio che imporrà la sostituzione del parco
autoveicoli esistente, attorno a un miliardo di autovetture. Interessi
soprattutto cinesi, che trovano una sponda sensibile nelle utilities di tutto il mondo che forniscono l’energia elettrica. La
natura si protegge da sé, la protezione della natura è un’industria. Quanto
bene indirizzata?
Non
con l’elettrico. La mobilità non fa comunque bene all’ambiente, e quando non lo
distrugge lo inquina. Anche con l’auto elettrica. Che la produzione lascia
inalterata di polveri sottili o particolato, il vero agente patogeno. Mentre
moltiplica gli inquinanti sia nella fabbrica delle batterie motrici sia nel
loro trattamento una volta esauste. E moltiplica le centrali elettriche, di produzione
dell’elettricità.
Per
contenere i consumi (sprechi) e la mobilità non si ipotizza una catastrofe. La
catastrofe si fa incombente se non si procede con la nuova industrializzazione.
Ideologia – È superata dal
pensiero “liquido”, “debole”, dall’informazione diffusa, dai social. Si dice ed
è vero. In realtà “vive diffusa”: se non come sistema di valori, come
ripostiglio mentale. Non sistematica, non coerente, non riflessa o ripensata, e
anzi improvvisata e casuale, e quasi un riflesso condizionato, elementare, epidermico.
Ma con piglio e pretesa all’assolutezza che è dell’ideologia, della compiutezza
in se stessa: come programma di azione che è anche filosofia di vita. Si direbbe:
l’ideologia o dell’inconcludenza.
Marx – Unheimlich, perturbante, è per Derrida
ancora nel 1993, “Spettri di Marx”. Per un bisogno etico e non strettamente
politico - anche se Derrida, che non era stato e non era un ideologo, e non si era mai occupato di Marx prima, intitolava il suo intervento “per una nuova Internazionale”. Ma più per i suoi “fantasmi”,
i fantasmi di Marx. Il titolo essendo da intendere “spettri agitati da Marx” -
il comunismo - e “spettri che agitano Marx”. Volendolo “consegnarlo alla
posterità”, cioè esumarlo dalle macerie del Diamat, il materialismo dialettico
di salsa sovietica, come spettro tra gli spettri, e come teorico della spettralità.
Che Derrida non definisce ma bene si intendono quali esigenze della giustizia,
nella libertà. O almeno come insofferenza al “nuovo trionfalismo”, al nuovo “ordine del mondo”, che si accredita egemonico col solo sancire la morte di Marx. Una spettralità che sa di esorcismo è scongiuro - una affermazione in negativo, Marx non è più quello.
Postumano – Era in
Montale, in un elzeviro, “Sul filo della corrente”, del 1963? Ma con altro
esito. In forma critica, una critica in anteprima, ma proprio alla concezione
di un ruolo provvisorio e artificiale dell’umanità nella storia, di un
equivoco, se non un’ideologia artatamente costruita, dell’Umanesimo: “La innaturalità,
dicono, è appunto il destino dell’uomo, uscito dallo stato di natura per
entrare nella sua fase artificiale. Nell’uomo sapiente c’era ancora qualcosa di
naturale, di scimmiesco, che ora deve estinguersi in vista di un’altra
epifania. Avremo un giorno un uomo totalmente selfmade”. Loro, quelli che “dicono”, erano per Montale i marxisti,
ma in quanto materialisti.
Il
poeta sapeva anche come la cosa si sarebbe prodotta. Il passaggio, “il
travaglio”, all’uomo artificiale dovendo durare “secoli”, prevedeva che “in
questi secoli di anticamera – supponendo che una catastrofe bellica o geologica
non riduca i superstiti alle condizioni dell’uomo di Rousseau – avranno buon
lavoro gli psicanalisti, gli psichiatri e i cultori dell’arte autre”.
Umiltà – È virtù
sconosciuta – anche a papa Francesco, che si professa umile. È non fare caso di
sé. Che è anche una forza – gli umili Montale, il poeta, dice “forse i soli per
i quali si può parlare di successo nella vita”.
È
non professarsi umili. Né diminuirsi: è non imporsi e non pretendersi.
Verità - È di difficile
configurazione, e anche di difficile accesso, presso gli stessi filosofi, e
ognuno di essi in particolare: che cosa hanno voluto dire. L’interpretazione è la
regola, l’ermeneutica, ma allora, senza un obbligo di chiarezza-coerenza,
sofistico.
L’ermeneutica
configura una verità per tutte le stagione, cioè un filosofare per tutte le
stagioni. E questo non è filosofico. Non è scientifico: non c’è un scienza,
anche solo teorica, buona per tutto.
zeulig@antiit.eu
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