Si comincia sullo scherzo:
Dio crea per il coté borghese, riempiendo di nanetti il suo giardino
dell’Eden. Si continua col protofemminismo, un po’ boccaccesco – vena
indomabile in Camilleri, fino all’ultimo: Lilith, la prima donna, lascia Adamo
perché vorrebbe cavalcare l’amplesso. Dio crea allora Eva, che è accomodante.
Nascono così i due fratelli, Caino e Abele. Entrambi con una sorella, i parti
sono gemellari. Si continua cioè con gli apocrifi. Quindi con Fo, “La storia di
Caino e Abele”, e con i tanti trattatisti, cabbalisti, padri della Chiesa e
letterati che si sono esercitati su Caino. E una nota interessante: Dante, che
condanna Caino, non lo mette tra i dannati all’“Inferno”, e c’è un perché.
Caino, allontanato da Dio a vagare per il mondo, sarà il costruttore-inventore
della comunità umana: le città, la produzione, lo scambio, la moneta, la
giustizia. Insomma, siamo figli di Caino. Che è la verità della Bibbia.
Con poche cadute. Caino
ammazza Abele per farsi sua moglie, Calmana, che è sua sorella gemella, la
gemella di Caino. Mentre il femminismo di prammatica si rivela maschilista: “Come
eravamo ingenui! Pensavamo che bastasse un solo amplesso per conoscere una
donna. Ci impiegheremo secoli per capire che nemmeno dopo mille amplessi
rusciremo mai a capire cos’è una donna”. Così, Eva fa figli con tutti, fa Caino e Abele per
esempio, ma non con Abramo, in pose per lo più lubriche, e sempre lasciandosi
fare.
Una prima parte svagata,
camilleriana. Una seconda considerata. Filosofica perfino. A partire dalla difesa
che di Caino fa Giordano Bruno – e poi Belli. La “razza di Caino” è quella
degli uomini, della libertà di scelta.
Andrea Camilleri, Autodifesa
di Caino, Sellerio, pp. 83 € 8
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