sabato 21 dicembre 2019

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (412)

Giuseppe Leuzzi


“Tulipani – Amore, onore e una bicicletta”, del regista olandese Mike Van Diem, premio Oscar 1998, è una commediola fiabesca su un olandese trapiantato in Puglia dopo la guerra, che finisce ubriacone ma la spunta con i tulipani: la sua piccola fattoria si riempie all’improvviso di tulipani. La cosa non piace, al capoccione locale, ai mietitori, agli altri contadini, ma lui tira dritto e alla Bud Spencer li rimette a posto: il capoccione finisce sbeffeggiato eremita - anche se con una coltellata a tradimento ha ragione dell’olandese. Il ridicolo non ha ucciso nessuno? Come no. Se al Sud la gente si abituasse a farsi giustizia dei soprusi.

Nella graduatoria dei paesi che più dedicano tempo, ogni giorno, ai social vengono prime le Filippine, con quattro ore a testa, la Nigeria, con tre ore e mezza, e il Messico, con tre ore e un quarto – in Italia l’uso medio dei social sarebbe di un’ora e tre quarti. Sono statistiche inverosimili – quattro ore sono tante. Ma indicative. Della natura del sottosviluppo – i primi tre paesi dei social appartengono a quello che si chiamava il Terzo mondo, l’area del sottosviluppo, e tuttora hanno problemi di connessione elettrica. Che è anche di risorse economiche (materie prime, infrastrutture, istruzione, credito), ma soprattutto è psicologica e mentale. Per accumulare bisogna avere, ma avere è soprattutto opera d’ingegno.

Immortale ‘ndrangheta
Forse per magnificare la retata ordinata dal giudice di Catanzaro Gratteri, i comunicati parlano di arresti in tutta Italia e all’estero. Mentre i 334 arrestati risultano tutti di Vibo e provincia, più una dozzina di Cinquefrondi ma con attività a Vibo, uno di Alessandria, e uno o due di Roma. Ma non si magnifica piuttosto la ‘ndrangheta, diventata grande piovra , furbissima, accortissima, intrallazzatissima, al comando in Olanda come in Bulgaria?

Lo stesso con i filmati che vengono offerti ai media. Per la retata del giudice Gratteri i Carabinieri hanno riproposto il vecchio filmato di Polsi, che definiscono il cuore della ‘ndrangheta, mentre è un luogo di culto - probabilmente il più longevo di Europa. 

Si dice la retata fatta di “politici, avvocati, commercialisti, funzionari dello Stato,  massoni”. Ma un buon terzo, forse la metà, dei 334 carcerati in un colpo solo dal giudice Gratteri in Calabria è identificato col nomignolo. Segno che tanto moderna e avveniristica la ‘ndrangheta non dev’essere. Trenta-quarantenni identificati col nomignolo sono in Calabria di un certo ceto, non propriamente branché.

Una cosca di 334 persone è in guerra un battaglione e modernamente un reggimento. Tutti concentrati a Vibo Valentia e dintorni. E non sono i soli: arresti di calabresi si fanno a dozzine ogni giorno, in Calabria e altrove. Specie in questa stagione di nomine aperte al Csm nelle grandi Procure. Possibile che gli ‘ndranghetisti siano così tanti? Perché stando in Calabria se ne avverte la presenza malgrado gli arresti.

Non è che si arrestano le persone sbagliate, magari su confidenza degli ‘ndranghetisti veri? Una precedente retata del giudice Gratteri e dei Carabinieri, un legione di mille militari, a Platì nel 2003, con 112 arresti, compresi il sindaco e il pazzo del paese, si è conclusa con 109 assoluzioni.

E comunque il problema resta di Salvini. Che è senatore della Calabria, con 59 mila voti. È vero che la Calabria è la regione dove Salvini ha preso meno voti – appunto 59 mila. Ma ci sono 59 mila calabresi non ‘ndranghetisti o non collusi?

Il Sud non ha testa
Niente più dopo i “notabili”. Nessuna novità dopo Salvemini. Un secolo abbondante cioè: il Sud è fermo a prima della prima Guerra. È da allora che non ha una borghesia, per quanto compradora, asservita. O come si dice oggi, con rinnovato linguaggio elitario, non ha classe dirigente. Non ha testa, si dice in dialetto calabrese.
Ne ha, anche buoni amministratori e qualche politico, e molta imprenditoria, ma piuttosto disperata, senza infrastrutture, e comunque non abbastanza per competere. È per questo che va indietro? È la causa più probabile: le società meridionali in larghe parti, in Campania, in Calabria, in Sicilia, sono destrutturate. Un’inesistenza che compensano con un assurdo anarchismo in forma di democrazia, che inevitabilmente finisce nell’imbuto della mala economia. Dell’assistenzialismo, quando non della corruzione, o della violenza.
“Il divario tra Nord e Sud è troppo ampio e la qualità nelle scuole troppo variabile. Lo dico con sofferenza, da mezzo calabrese di origine e da mezzo italiano all’estero”, lamenta Vittorio Colao, il manager italiano di successo più internazionalizzato, con Ferruccio de Bortoli su “7 Corriere della sera” – rammaricato (“Vorrei sbagliarmi però”). Lo dice per dire, è impensabile un Colao nato al Sud – lui è nato a Brescia e ha studiato a Milano? No, tanti nati al Sud sono altrettanto vispi e intraprendenti. Il problema è quello che lui dice: la scarsa qualità.
Che non è etnica, naturalmente, Colao testimone. E non è culturale, ci sono buone scuole anche al Sud. Nemmeno determinata dall’emigrazione: l’emigrazione c’è sempre stata, al Sud come al Nord, dal Veneto alla Padania e alla Liguria, senza impoverire le aree di origine. La scomparsa della classe dirigente meridionale, in una col meridionalismo, lattenzione meridionale al meridione, 
viene con la scomparsa di chi le aveva meglio onorate: Moro, Mancini, Colombo, e la Cassa per il Mezzogiorno. Dal picco, anni 1970, il salto è al nulla, senza progressività. La generazione di grandi politici si estingue, si abolisce la Cassa e ogni legge speciale, si abolisce l’Iri e ogni altra impresa pubblica, i fallimenti al Sud si moltiplicano, nella sanità, nell’amministrazione, nella banca – falliscono tutte le banche meridionali, Sicilia, Napoli, di risparmio, popolari. 
O forse no, politici e intellettuali di razza non sono più emersi al Sud, a seguire dietro Mancini, Moro, Colombo, per l’inabissamento anteriore del corpo sociale, databile anni 1960, quando camorra, onorata società (‘ndrangheta) e mafia uscirono dalle fogne e si presero gli appalti, i terreni e gli affari, con bombe, pistolettate, incendi, grassazioni, anche omicidi, nonché rapimenti di persona. Senza essere contrastati.
I Carabinieri (si dice i CC per dire i tutori della legge) non intervenivano a difesa della proprietà. Non è vero? Chi ci è passato lo sa, e sono molte migliaia. Nessuno – cioè: nessuno – ha mai avuto difeso un avviamento commerciale, un’impresa edile o di altra materia, un campo, una fabbrica, quando è andato soggetto alla violenza. Se si è arrivati a processare i criminali, si è dovuto “difendere” da solo in Tribunale: nessun atto istruttorio, nessuna prova. I “Carabinieri” vanno per dirizzoni, e la proprietà non è mai stata uno. Nemmeno quando c’erano i rapimenti di persona, che hanno coinvolto il Nord: zero.
E non è finita, anche se ogni mattina si denunciano decine di arresti. Saranno gli arretrati – l’anno scorso sono stati arrestati un gruppo di Alvaro di Sinopoli, che da almeno sessant’anni imperversano, in nome proprio, non si negano. O è l’effetto dei dirizzoni: ora sono di turno i sindaci (gli Alvaro sono stati arrestati per arrestare un sindaco), dopo le processioni, dopo il caffè degli impiegati, dopo le pensioni fasulle, e in mancanza di altro il voto di scambio, reato vasto e  intramontabile. Insomma, i tutori dell’ordine non stanno con le mani in mano. Ma se voi uscite di casa, un semisconosciuto ha bisogno urgente di 500 euro che vorrebbe da voi, voi naturalmente non avete disponibilità sul bancomat, e la mattina dopo le quattro gomme sono squarciate, o la notte la macchina ha preso fuoco, non succede nulla, assolutamente. Il controllo del territorio non prevede nemmeno un ammonimento.
Mancano le scuole? In un certo senso sì. 

Milano
Ambrogino d’oro ex aequo quest’anno per l’Immacolata a Borrelli, il Procuratore Capo dello sfascio, e a Penati, il sindaco di Sesto San Giovanni, carcerato per tangenti e “disconosciuto” dalla politica (dal Pd), prima di essere assolto. Milano si cautela, non è ipocrisia, Milano non è ipocrita. Ha anche smesso il collo torto.
 
“A Milano la ‘Dolce Vita’ di Fellini fu fatta conoscere per la prima volta dai gesuiti di San Fedele”, Montale, “Auto da fé”, p. 290 – “(non senza qualche ‘conseguenza’ per alcuni dei promotori)”. Era il 1960.

Capitale sicuramente è, degli hater. Da tempo, da prima di Bossi e la Lega. Quando usavano le targhe di provincia, e la targa Roma veniva mutata, inevitabilmente. O contro Craxi, “figlio di un siciliano”, benché avvocato rispettato e prefetto della Liberazione a Como  – l’odio è forte ancora a vent’anni della morte, contro i suoi figli, nei social, nelle lettere ai giornali, che le pubblicano, il “Corriere della sera” riquadrate.

La città dove si vive meglio è quella dove uno su quattro non riesce a pagare l’affitto – la città col più alto tasso di morosità. E dove uno su sette è povero. Si può permettere molta eroina, questo sì – quella dell’oppio. Ma perché la Procura “napoletana” chiude un occhio.  
E si può permettere, certo, “Il Sole 24 Ore”, che fa le benefiche classifiche.

“La terra dei fuochi? È giù al Nord”, ironizza “la Republica”. Anticipando una ricerca sull’inquinamento diffuso, a cielo aperto, concentrata su “50 criticità ambientali dimenticate, luoghi perduti – e ancora pericolosi – distrutti da sversamenti, amianto, inquinamento industriale, devastazione del suolo”. Una denuncia particolareggiata – “solo in Lombardia si contano più di1.800 siti contaminati o potenzialmente pericolosi”, etc.. Ma confinata al magro supplemento “Scienze”, che nessuno legge. Per la buona coscienza. .,

Dell’azienda napoletana che lavora à façon per i grandi milanesi della moda scoperta con decine di lavoratori in nero non si fa il nome. Nemmeno degli stilisti milanesi per cui lavora. Solo si fa sapere – “Corriere della sera” - che “le aziende dell’alta moda richiedono situazioni trasparenti e  lavoratori «in chiaro», preferibilmente italiani – per questo tanti si rivolgono agli opifici napoletani che non impiegano manodopera cinese”. Non è mafia.

Di un giovane faccendiere milanese dice un comico milanese alla trasmissione di comici “Stati generali” su Rai 3: “Non c’è un momento in cui non si senta superiore”. Ma è una debolezza o una forza?

Juventus-Milan: il Milan gioca bene ma perde. Cancan di “Corriere della sera” e Gazzetta dello Sport” contro l’arbitro. Nelle grandi e nelle piccole cose, la legge Milano è quella: produrre molta spazzatura, e buttarla accanto, di sotto, dove capita: aggredire per essere.

Sei mesi prima l’arbitro  Rocchi “fa” letteralmente la partita per il Milan in Milan-Lazio. Dà al Milan un rigore che non c’è, nega alla Lazio un rigore che invece c’è, ammonisce chi gli pare, eccetera. Ma questo non si sa: il “Corriere della sera” gli dà 6.5, la “Gazzetta dello Sport” 7, “un arbitro che il calcio italiano rimpiangerà”.

Questo lunedì. Il giorno dopo, quando la polemica monta e i fatti non si possono nascondere, la “Gazzetta dello Sport “ astuta la annacqua con ben due pagine sugli errori degli arbitri. In cui quelli di Milan-Lazio sono annegati con tutti gli altri, della serie A, e anche della serie B.

Il “Corriere della sera” si distingue nella contorta campagna della Procura di Milano contro Eni. Il gruppo petrolifero pubblico è l’unico fattore di corruzione a Milano, città in affari pulita per eccellenza: la città dove si vive meglio senza Eni vivrebbe ancora meglio?

Il più curioso qui è che i processi terminali della Procura di Milano contro Eni non intimoriscono, come dovrebbero, gli investitori istituzionali e i grandi fondi, che continuano a comprare. 
I processi in corso vanno iscritti dalle società nelle comunicazioni periodiche agli azionisti. Ma quelli della Procura di Milano contro l’Eni non fanno paura. Nessuno crede a Milano?

leuzzi@antiit.eu

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