mercoledì 25 dicembre 2019

Il fantasma di Marx

Il titolo è da intendere “spettri agitati da Marx” - il comunismo - e “spettri che agitano Marx”. Derrida vuole Marx ancora in circolazione, ma in forma fantasmatica. Che (in qualche modo) spiega. Ma vuole anche “consegnarlo alla posterità”, cioè esumarlo dalle macerie del Diamat, il materialismo dialettico di salsa sovietica. Da qui la proposta di spettro tra gli spettri, e di teorico della spettralità. Che poi non definisce, ma s’intende quale esigenza di giustizia, nella libertà. O almeno come insofferenza al “nuovo trionfalismo”, al nuovo “ordine del mondo”, che si accredita egemonico col solo sancire la morte di Marx. Una spettralità che sa di esorcismo e scongiuro - una affermazione in negativo: Marx non è più quello.
Derrida non è mai stato uno marciante, e anzi ha avuto qualche problema - a fine 1983, quando già il “sistema” scricchiolava, fu fermato a Praga, reo di avere partecipato a un seminario filosofico organizzato da Charta 77, il movimento di opposizione. Con la caduta dell’Urss, della “macchina per fare dogmi”, trova invece che molto va salvato. Senza rivendicare eredità, ma convinto che “uno almeno dei suoi spiriti”, degli spiriti di Marx, va salvato. Di un pensiero e una prassi che legge non sistematici né omogenei, o coerenti, e anzi caratterizzati al contrario, dagli abbandoni repentini, i ripensamenti, le causalità problematiche – è vero che Marx era umorale. Che cosa va salvato? Va salvato Marx come spettro, e come teorico della spettralità.
Fin qui tutto è semplice, perfino scolastico – siamo al celebre incipit del “Manifesto”, il catechismo di Marx. Come arrivarci, invece, con Derrida è complicato, perfino labirintico. Attraverso cioè una rilettura minuziosa dei testi che spesso lascia sospesi più che informati. Anche perché Derrida fa come Marx: usa molto Shakespeare, e poi i soliti Heidegger, Blanchot e Kojève. Con molte parole composte e decomposte. Le concatenazioni, perfino le omofonie. Senza farsi mancare l’aspetto ludico – questo ben marxiano, è il procedimento che Marx privilegiava. E quasi ironico, se non parodistico. Ma l’impianto è serio. La dedica è alla memoria di un militante comunista sudafricano assassinato.
Marx è ben ancora vivo e combatte insieme a noi. Solo sottaciuto, temendosene lo spirito di rivolta che tanto ha alimentato. Una sorta di morto vivente. Uno spettro, come l’ombra del padre di Amleto. Sta lì anche se non parla, a ricordarci che “il tempo è fuori di sesto”, le cose non vanno. Il libro è del 1993, ma Derrida già sa che la globalizzazione, con i licenziamenti in massa in Europa e negli Usa, e il taglio dei salari, è una controrivoluzione: “Bisogna proprio gridare che mai, nella storia della terra e dell’umanità, la violenza, l’ineguaglianza, l’esclusione, la miseria, e dunque l’oppressione economica, hanno coinvolto tanti esseri umani”.
Ma, poi, non cessa di essere Derrida, il Marx ghostbuster è presto abbandonato. La questione trasferendo alla  decostruzione, di Marx e della contemporaneità. A Heidegger.  A Blanchot. Il Marx di Derrida non è uno spettro politico, è “l’apertura messianica a ciò che viene, cioè all’evento che non si potrebbe attendere come tale, né dunque riconoscere anticipatamente, all’evento come l’estraneo stesso, a colei o colui per cui si deve lasciare un posto vuoto, sempre, in memoria della speranza”. La memoria della speranza.
Un libro – ancora oggi – controcorrente. Anche, in certo senso, anti-Derrida: una presa di posizione malgrado tutto politica. Vuole dichiaratamente essere una denuncia delle “piaghe del nuovo ordine mondiale”: la disoccupazione, il salario da fame, il debito estero del sud del mondo, le guerre economiche e interetniche, e perfino quelle “umanitarie”. Con un sottotitolo militante, da capo-cellula: “Stato del debito, lavoro del lutto e nuova Internazionale”.
Curiosamente, Marx ossessiona Derrida, altrimenti insensibile se non tetragono, da morto. Gli spettri di Marx sono quelli di Derrida, a disagio nella “fine della storia”.
Jacques Derrida, Gli spettri di Marx, Cortina, pp. 245 €® 24
The Spectres of Marx, pp. 277, free online

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