Un romanzo scorrettissimo –
un tempo se ne potevano scrivere. Perfino nel titolo, si salta l’Oriente
Express che tanti eccitava in quegli anni, siamo nel 1932. Si passa
dall’“ebreo”, con tutte le connotazioni deteriori, alla giornalista ubriacona,
che si inventa le interviste, nonché lesbica dominante, usa-e-getta, e sordida,
alla ballerinetta coatta, con la “inglesità” superba e micragnosa, specie
all’estero – proprio come oggi. E non sono le sole scorrettezze.
É il quarto romanzo di
Greene, scritto a ventott’anni per “avere successo di pubblico”, cioè a
sensazione – dopo due semi-fallimenti. Il primo da lui sottotitolato “un
divertimento”, per dire opera di svago, che invece sarà il modulo prevalente
del suo raccontare, dei morti viventi. Malinconico. Perfino disfattista. In
questo primo caso violento. Che però fu pubblicato, e con successo – oggi
nessuno lo scriverebbe e comunque nessuno lo pubblicherebbe, o altrimenti
sarebbe una carneficina. All’origine, probabilmente, della narrativa degli
sconfitti.
Sono qui i primi sconfitti di
Greene, malgrado l’onestà e le buone intenzioni. Il quarto capitolo della quarta
parte è di una malinconia abrasive. Mentre il ladro di professione passa le frontiere.
Solo si salvano la giornalista arrivista. E gli affari, gli “ebrei”: “l’ebreo
manifesto e l’ebreo camuffato”, che si è rifatto il naso, “porta ancora la
cicatrice”, e “l’ebreo diventato cristiano”. Non è facile divertire con questo
teatro, ma Greene si fa perdonare. E senza effetti speciali: il Conrad che
tanto ammirava sa riprodurre senza l’ambiente esterno esotico, in interiore homine.
C’è già, ai ventotto anni, il
Graham Greene (cui Manzini in prefazione attribuisce un disturbo bipolare…)
della vulgata: “Il romanziere è in certo qual modo una spia”. Delle debolezze
del mondo. Un “divertimento”, come Greene lo vuole, ma non un libro
“spensierato” – Domenico Scarpa, che lo rimpolpa di una succosa postfazione.
Pieno di pensierini. Del tipo: “La fedeltà non è la stessa cosa del ricordo: si
può dimenticare ed essere fedeli, si può ricordare ed essere infedeli”. Ma
soprattutto pieno di personaggi e situazioni scorrette. Più tipi che personaggi,
ma forti. Perfino rinfrescanti, nella narrativa stinta di oggi, a boccuccia.
Graham Greene, Il treno per Istanbul, Sellerio, pp.
pp. 356 € 14
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