L’approccio di Zuboff, la maggiore esperta di psicologia sociale,
emerita a Harvard, alle promesse e allo stato di internet è anzitutto etico, cioè politico. Ma l’evidenza
che porta è economica. È l’analisi pronta, intuitiva ma meticolosamente
illustrata e provata, di come Amazon, Google e Instagram, Facebook e Tweet (doppiati
in questi dicotto mesi dal licenziamento del volume dalle centrali cinesi,
n.d.r.), tutte le forme del nuovo capitale della comunicazione, massificano
l’individualizzazione dei consumi. Uno sviluppo che che ha poco o nulla dell’“inevitabilismo”
tecnologico, e molto invece dell’“orientamento economico” di Max Weber, di una
“azione economica”. Cioè di una politica gestionale, cui la tecnologia solo offre
“i mezzi appropriati”. Per un meccanismo semplice già individuato da Durkheim,
che la produzione (il capitale) si adatta alle “nuove condizioni di
esistenza”che lo sviluppo tecnico viene via via creando, impadronendosene.
I monopoli della
comunicazione se ne appropriano con la parcellizzazione della funzione di consumo,
la singolarizzazione, e col tracciamento dei comportamenti e gli orientamenti più
reconditi e le pulsioni. E si affermano, all’istante, per il bisogno
dell’utente-consumatore di uscire dal
consume di massa: se ne appropriano l’esigenza, e la massificano. Con
ramificazioni più sottili ed estese di ogni altro mercato mai esistito.
I comportamenti, una miniera
Questo lo vede ognuno. Internet
è presto diventato, da pascolo di libertà, una minuziosa e gigantesca rete di
controllo. Filosoficamente, o come sociologia della comunicazione, lo sviluppo
è stato pensato da Marshall McLuhan, con “La galassia Gutenberg”, 1962, sul passaggio
dall’oralità alla scrittura, e dal sociale o comunitario all’individuale, e con
“Gli strumenti del comunicare”, 1972, sulla creazione del “villaggio globale”.
La rete è presto evoluta nella forma del “Truman Show”, 1998, del villaggio globale
chiuso in una bolla totalitaria.
Sono cadute pesto le
prime-pie illusioni, che il mercato dell’informazione in rete, senza frontiere,
avesse intriseca “una qualche forma interna di contenuto morale”, che essere
“connesso” è “qualcosa di intrinsecamente sociale, innativamente inclusivo, o
naturalmente tendente alla democratizzazione della conoscenza. La connessione
digitale è ora un mezzo a scopi commerciali di altri”. A fini di profitto. Profittando
di “eventi storici, quando l’apparato nazionale di sicurezza allarmato dagli
attacchi dell’11 settembre fu portato ad alimentare, imitare, proteggere e appropriarsi
le capacità emergenti del capitalismo di sorveglianza a scopo di conoscenza totale
e per la sua promessa di certezza”.
Un meccanismo subito esteso a
tutta l’economia internet – a tutta l’economia, va aggiunto, la rete è un servo
invadente. Non c’è un mercato, uno scambio, spiega Zuboff con serie
interminabili di casi. Noi non siamo i clienti del capitalismo di sorveglianza,
siamo la sua miniera, a cielo aperto. E non è solo questione di soldi, non di
prendi i soldi e scappa: è un sistema che si viene costruendo sopra la società
globale.
I nuovi poteri
Si è sviluppato a velocità utrasonica
un “mercato”, il “capitalismo della sorveglianza”, che si impadronisce dei dati
personali di ognuno e dei suoi comportamenti e li trasforma in dati di comportamento
a fini commerciali. Per ora commerciali, ma già – Russiagate, Oxford Analytica
e altre interferenze – politici, se non ancora di sistema: il big data come riserva di potere politico,
per molti aspetti assoluto, incontrollabile cioè e inevitabie. Siamo già al
controllo dei comportamenti economici o di consumo, si punta alle emozioni e alle
voci, veicoli di promozione-indottrinamento.
“Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi
poteri” è il sottotitolo. Ambizioso programma, forse in funzione scaramantica –
il futuro non sembra, come il presente, apocalittico. La stessa studiosa ha individuato,
analizzato, sistematizzato tre diversi futuri nell’arco di trent’anni, o poco
più, come lei stessa ricorda. Ora siamo nella fase in cui l’ingegnoso, benevolo,
benefattore Google, che ci fa trovare tutto con un clic, mette a frutto plurimiliardario
la conoscenza che con i clic si fa di noi. Cosa mangiamo, cosa compriamo, chi
vediamo, dove abitiamo, per chi (presumibilmente) votiamo.”
“Già nel 2018 nel 1018 le presupposizioni
della Società Informata erano via col vento”. Dove sono finite? “La Società
Informata, come altri progetti visionari,immaginava un futuro digitale che potenzia
gli individui a condurre una vita più reale e attiva”. È il contrario che è
avvenuto: è “l’oscuramento del sogno digitale e la sua mutazione rapida in un
vorace e del tutto nuovo progetto commerciale che io chiamo capitalismo di
sorveglianza... Dall’analisi al controllo e alla gestione”. Un affare
colossale: “Alla fine del 2018 il mercato globale della «casa intelligente» era
valutato a 36 miliardi di dollari, e si prevedeva che giungesse ai 151 miliardi
nel 2023”.
Orwell, e Deleuze
È Orwell, “1984”, qui
abbondantemente citato: i numeri dietro l’ideologia. E Deleuze, che Zuboff
invece trascura, “Poscritto sulle società
di controllo”, pubblicato prima in “L’autre Journal”, poi in “Pourparler”,
1990, che a seguire sulla “società dei consumi” e la “società
dell’informazione” vedeva quella del controllo.
Siamo definitivamente nell’“età della sorveglianza”, o del controllo,
occhiuto, invasivo, penetrante, costante? La dizione è già nel linguaggio
comune americano, avendo rapidamente soppiantato quella di “età dell’Ict” o
“dell’informazione”. Ed è oggi, non nel Sette-Ottocento di Foucault, la “vera
società” della sorveglianza. Non della sorveglianza come atto punitivo, ma come
atto comune, corrente, commerciale, “naturale”. Come la mente (l’amicizia, la
parentela, gli interessi culturali, gli hobbies, il lavoro e il tempo libero,
l’occupazione e lo svago, gli affetti e le passioni) è sfruttata per carpire
dati. Un procedimento che a sua volta reagisce sulla mente, condizionandola,
cambiandola, anche rapidamente, anche radicalmente. Un’architettura globale di
sorveglianza. Non poliziesca, commerciale. Ma tale da indurre poi i
comportamenti, in automatico o quasi, invece che sanzionarli. Ubiqua, altra
novità, continuativa, senza soste. E invasiva, senza eccezioni o riguardi.
Liberale e libertaria contro il
liberismo
La
Bibbia del nuovo populismo. Del ritorno al rispetto dell’individuo e dei
popoli, delle differenze. Non marxista negli esiti, non socialista: liberale e
libertaria nell’impianto, di radicale condanna del liberismo – che come si
sapeva quando l’economia politica era una scienza approda inevitabilmente al
monopolismo, allo sfrutatmento intensivo e illimitato.
Zuboff
riassume gli esiti della sua ricerca prima di cominciarne l’esposizione,
all’ipotetica voce “Capitalismo di sorveglianza” di un nuovo dizionario. Con
ben otto significati, altrettanti capi d’accusa in una teoria liberale del
mercato, radicali. “Un nuovo ordine economico”, che fa dell’“esperienza umana
la sua materia prima”. “Una logica economica parassitaria”, che la produzione
di beni e servizi subordina “a una nuova architettura globale di modifica
comportamentale”. Una “furfantesca mutazione del capitalismo, segnata da
concentrazioni di ricchezza, conoscenza e potere senza precedenti”. Una
“economia di sorveglianza”. Una “minaccia alla natura umana”. L’origine di “un
nuovo strumento di potere” sulla società e la “democrazia di mercato”. Un
movimento “inteso a imporre un nuovo ordine collettivo basato sulla certezza
totale”. “Un esproprio di cruciali diritti umani” come “un golpe dall’alto: il
rovesciamento della sovranità popolare”.
Uno
scontro di due forme opposte di populismo, alla fine: quello liberale e quello
liberistico, del popolo dei digitanti. Una conclusione che però Zuboff evita –
la sua conclusione, “un golpe dall’alto”, è da terzomondismo, quando usava: dei
frequenti, inevitabili?, colpi di mano che lo contrassegnavano, sotto questa o
quella bandiera, popolare, democratica, socialista, eccetera, ma tutti di
dittature, personali.
L’esposizione,
appassionata, comincia dalla coda, dal futuro: se “il futuro digitale” non sarà
“patria”, per i più, “o esilio”, se non saremo “operai o sudditi”, “padroni o
schiavi”. Un Armageddon prospettando, il luogo dove i cattivi re, complici
della Bestia, confluiscono per la guerra contro Dio. Un Behemot hobbesiano in chiave
digitale.
Con
un indice dettagliato dei vari capitoli, centocinquanta dense pagine di note, e
un fitto indice dei nomi e le parole chiave.
Shoshana Zuboff,
Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell'umanità
nell'era dei nuovi poteri, Luiss pp. 622 € 25
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