Amore
–
Nasce improvviso, e può durare quasi niente, ma dev’essere reciproco, anche
solo per un istante – il coup de foudre
(Mario Soldati, “Un viaggio a Lourdes”, § 2): “Gli amori sfortunati, a guardar
bene, non sono mai veri amori: ma puntigli, disperazioni, perversioni”.
Buona fede – È pericolosa.
Giuridicamente accertabile e quindi pesata favorevolmente. E tuttavia
rischiosa, diceva l’abate Galiani a Parigi, contro i philosophes del suo tempo, che semplificavano e sancivano, senza
dubbi né riserve: “Non abbiate paura dei bricconi né dei malvagi. Abbiate paura
dell’onesto uomo che si inganna; egli è in buona fede verso se stesso, crede il
bene e tutti si fidano di lui; ma, sfortunatamente, s’inganna circa i mezzi di
procurare il bene agli uomini”. Necessariamente no, non sempre quindi. Ma
sempre in buona fede.
Italiano-Americano
- In
“The Irishman” quattro italo-americani, Scorsese, Pesci, De Niro e Pacino,
fanno convincenti la storia dell’America. Una storia appassionante, ma di
mafia, di violenza. Anche irlandese, ma a regia (narrazione) e con
impersonificatori (il Fixer, il Killer, il Capo) italici, italiani del Sud.
Come è possibile – che sia convincente?
È
una sineddoche, la parte per il tutto? O italiana è solo la capacità critica,
di sintesi? Una storia “italiana”, di facce e nomi d’artista che richiamano
l’Italia, del Sud, metafore dell’America pura e dura? La doppia nazionalità è
il modo di essere di una comunità nazionale che si è formata per commistioni,
costanti, robuste.
Lavoro – Defatigante,
ansiogeno – effettivamente una condanna, non solo biblica, religiosa. È il
motore dell’entusiasmo-depressione. Un dopante: “Ogni giorno ha la sua dose personale, la sua dose di ansietà”,
è notazione di De Quincey, l’opium eater,
Non propriamente della condizione umana, malgrado la condanna biblica: a
partire da un momento nella storia, dall’uomo moderno.
Lusso – Il lusso è utile, e può ben essere l’anima dell’economia. E più
nelle forme ostensive, della corruzione compresa. È
reputato fonte di ricchezza, se non la fonte per eccellenza della ricchezza, proprio
in quanto consumo, da numerose trattazioni, da Mandeville a Sombart, Marx compreso. E fino a Rathenau: in un
paese nel quale non ci sono più ricchi ci sarà solo gente povera, molto povera.
Non lo disse ma lo pensò anche Augusto, al tempo delle guerre
civili, che divenuto signore di Roma lamentò al scomparsa della toga nei ceti
plebei. Ma lui stesso se ne potrebbe ritenere causa: al tempo delle guerre
civili l’assoluta povertà, e nel suo tempo come nelle guerre civili lo
svilimento della competizione politica per le cariche, col suo carico di corruzione,
erano le cause ovvie della depressione reddituale e sociale.
È al fondo il consumo, che anche nelle frange più povere è
condotto da quello ricco, per imitazione, del bisogno se non del gusto.
Cancella il senso del limite, è la base dell’accumulazione. E del bello, delle
forme, dell’estetica. La regina Elisabetta ha – ha avuto - un guardaroba di
tremila abiti. In Italia si faceva grande architettura e ottima pittura,
scultura, nelle corti, benché piccole. In Germania ottima musica, anche in
corti piccolissime.
Memoria – È il
fondamento della resistenza, della costruzione dell’io.
Si
perde con la famiglia, con la scomparsa della famiglia?Eugenio Scalfari ha un
lampo, nel memoir “Grand Hotel Scalfari”, a proposito del
“trasferimento della memoria personale, dal più grande al più piccolo”. Oggi il
passaggio di consegne “è diventato impossibile. Come se nei rapporti tra il vecchio
e il bambino si fosse alzato un muro visibile che impedisce ogni forma di
comunicazione. Accade tra padre e figlio. Ma ancora più grave è che ciò avvenga
tra un nonno e un nipote”.
Ma
può essere il contrario. Non è il ruolo paterno che si affievolisce, anzi esso è
accentuato nella coppia e nel matrimonio contemporanei, che sono quasi un
“matrimonio repubblicano”, indissolubile benché mortale. È la memoria che perde
valore, quindi sostanza. Si dimentica
più che ricordare, l’oblio si coltiva più che il ricordo, bisogno primario è
innovare, si conosce per altri automatismi. O forse solo per l’ideologia dell’up-to-date. Del contemporaneo. Del nuovo –
dell’eterno rinnovo, anche solo vocale. Della conoscenza come consumo – anch’essa
– invece che accumulo. Dell’essere come non-essere, o sottilizzarsi. Per
l’esigenza primaria di sentirsi integrati, nel mainstream, quale che sia.
Non
c’è epoca o comunità più prona alla manipolazione e al controllo di quella che
si esercita sul presente. Chimera camaleontica, facile anche da manipolare, sia
pure solo per interesse (denaro)..
Ozio – È di ardua concezione. I trattati sono molti,
ma la definizione sfugge. Si potrebbe dire la condizione “naturale” dell’uomo,
prima dell’accensione prometeica. Ma anche questa traballa. L’esperto di comunicazione
Paolo Landi, uno che vive “nell’attività anche nel riposo”, si dice “un tipo
totalmente occupato e nello stesso tempo totalmente ozioso” – “cosa fa Chiara
Ferragni”, chiede retoricamente della influencer
prototipo, quella che più “lavora” con e sui social. L’ozio come attività è
sicuramente spaventoso.
Populismo – (Ri)nasce con
la rete: il populismo odierno, di Trump e Salvini, nasce e si sviluppa con la
rete internet. In varie derivazioni: antipartitismo, antipolitica,
giustizialismo, sovranismo, anche anticapitalismo ma di fatto succumbismo. Il Front
National in Francia e Orbàn in Ungheria sono fenomeni nazionalisti - quello di
Orbàn in ambito Popolari europei, benché autoritario.
Diventa
fenomeno di massa, populismo, con i social. Ma come tale, come veicolo di
populismo, la rete era già denunciata agli albori di internet: Langdon Winner,
“A Victory for Computer Populism” è un saggio del 991, “Technology Review” 94, n.4.
Realtà – È quella di
Leonardo, secondo Gramsci, in un passo dei “Quaderni del carcere”, (3, XX §
(48)), contro “la concezione storico-politica
scolastica e accademica, per cui è reale e degno solo quel moto che è
consapevole al cento eper cento e che anzi è determinato da un piano
minutamente tracciato in antecedenza e che corrisponde (ciò che è lo stesso)
alla teoria astratta”: “La realtà è ricca delle combinazioni più bizzarre ed è
il teorico che deve in questa bizzarria rintracciare la riprova della sua
teoria”. Leonardo? “Leonardo sapeva trovare il numero in tutte le
manifestazioni della vita cosmica, anche quando gli occhi profani non vedevano
che arbitro e disordine”.
Scrittura - C’è nella
scrittura, nella buona scrittura, dotata, qualcosa di più grande del
percepito e dell’espresso, o del vissuto. Freud e Heidegger (e Nietzsche,
eccetera), o Stendhal e Schopenhauer (ma anche Platone, Rousseau, eccetera),
scrittori dotati, sono molto più grandi delle loro teorizzazioni, o del
loro misero vissuto. Di una grandezza incomparabile, poiché la misura un
fascino sterminato.
Ciò può essere fonte di meraviglia,
entusiasmo o paura. Ma è esaltante: da solo dà la misura del potenziale umano,
della realtà dell’uomo.
Storia – “Il cammino
della storia non è quello di una palla di biliardo che una volta partita segue
una certa traiettoria, ma somiglia al cammino di una nuvola, a quello di chi va
bighellonando per le strade, e qui è sviato da un’ombra, là da un gruppo di
persone o da un strano taglio di facciata, e giunge infine in un luogo che non
conosceva e dove non desiderava andare” – Robert Musil, “L’uomo senza qualità”
(pp. 408-409 Einaudi).
“L’andamento
della storia è un continuo sbandamento. Il presente è sempre un’ultima casa al
margine, che in qualche modo non fa più completamente parte delle case della
città. Ogni generazione si chiede stupita: chi sono io e chi erano i miei
antecessori?” (id.).
zeulig@antiit.eu
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