Fanno uno strano effetto di
attualità queste note di viaggio di ottant’anni fa. Che non dicono molto, ma sì
l’essenziale dell’Africa. “Fantasma” all’epoca per Leiris, che non ne sapeva
nulla, e poco ne ha imparato. Fantasma ancora, spiega per questa riedizione,
nel 1951, per la stessa “decolonizzazione” che sembrava dopo la guerra prendere
piede, e gli aveva l’aria di un’impostura. E per questo aspetto fantasma ancora
oggi, che tanto se ne parla: terra
incognita - anche se la scoperta dell’Africa è stata fatta prima di Gesù
Cristo.
Tra
il 1931 e il 1933 Leiris, trent’anni, XVImo arrondissement
, i Parioli di Parigi, un po’ surrealista, ma in rotta col surrealismo professo, confuso anche sul piano
personale, dice nella prefazione, o “dell’emotività” (degli affetti?), riesce a
farsi includere nella spedizione etnografica Dakar-Gibuti che Marcel Griaule ha
organizzato, con mansioni ancillari. Naturalmente divenendone il dominus, per le note che ha preso nella
lunga traversata, e che al ritorno André Malraux si è incaricato di fare
pubblicare da Gallimard, di cui era consulente – unica manomissione editoriale
al lunghissimo testo il titolo, più di fantasia che di relazione “scientifica”.
Nella nota del 1951 al diario del 5 aprile 1933, a Gondar, Leiris stesso spiega i limiti della pubblicazione: “essenzialmente
effemeridi o note di agenda”, con “poca introspezione”. Sopraffatto, si
direbbe, da ciò che vede o cerca, ma con poco succo.
Griaule,
massima autorità in fatto di etnografia e di Africa, non apprezzò gli appunti e
interruppe ogni contatto col suo assistente avventizio – che poi diverrà massima
autorità degli studi di antropologia, successivamente, dopo la pubblicazione
nel 1934 di “Età d’uomo”. Non resta molto in effetti: Leiris, appassionato di
riti della possessione - come sarà nel dopoguerra in Italia per De Martino -, finisce
irretito dalla genia dei mediatori culturali, si direbbe oggi, gli informatori. Sono interpreti e attori a soggetto, quelli che: cosa vuole l’Europeo antropologo,
etnologo, folkorista noi glielo facciamo trovare.
A distanza si vede a sbalzo. Un
mondo a sé, poiché sa, dovendo sapere i rudimenti della lingua dell’ospite, come
irretire il ricercatore, diventandone il dominus. In
Africa con particolare velocità e manomissione, l’africano sa essere
convincente - non ha una sola ragione. Favorirà il ricercatore per quello che
lui\lei pensa debba interessargli, e il grado di scientificità è testimoniato-provato
dalle mance. Fra trucchi costanti, quotidiani, comprese divinazioni e transe a questo
fine.
Il
libro è così, voluminoso di dettagli inutili. E di una realtà parallela. Minuzioso, dettagliato e inconcludente.Una
realtà fatta di cerimonie e magie quasi ovunque reliquate e bizzarre – un piccolo
business. In questo una testimonianza a futura memoria, benché involontaria, dello stato degli studi etnografici.
La
seconda metà del libro è un diario ora per ora di un distinto gruppo di questi mediatori,
attorno a una donna mezzo fattucchiera mezzo naiade, benché nonna e bisnonna, provvista di figlie e nipoti. Senza esito, se non inattendibili riti del sangue –
nella cristianissima Etiopia – o dell’acqua. E feste tradizionali “vendute” in
onore degli ospiti. Per un tallero in più, o un orologio, o una penna
stilografica. Anche una raccomandazione per un nipote, che sia accettato tra
gi ascari, le truppe coloniali.
Di
unico interesse a distanza, nelle due-trecento pagine di Gondar, le serate e
feste col Console, che è il console italiano. Che si presenta “rigorosamente
in camicia nera”, e fa discorsi “oltraggiosamente politici”, ma si dimostra
informatissimo di tutte le guerre e guerriglie intestine all’impero, comprese
quelle che la carovana scientifica andrà a incontrare. Sono le divisioni che promuoveranno
la conquista italiana e l’impero.
Il 1933 è anche l’anno del tentato assalto, da
parte di una banda etiope, organizzata da agenti inglesi – in concorrenza con l’Italia
sulla Somalia - al consolato italiano a Gondar. Prima o dopo l’arrivo della missione Griaule. Ma Leiris non
ne fa cenno: è un’invenzione, posteriore, del governo italiano?
Massaua
italiana alla fine del viaggio apparirà bella e pulita. La missione arriva in
treno da Gibuti ed è accolta con onori e banchetti, nel segno dell’amicizia
franco-italiana – che in realtà non c’era, anche la Francia progettava un attacco tra la Somalia italiana e l’Etiopia, ma Leiris non lo sa, è digiuno di politica. Il governatore italiano è “un Ercole, oppure un dio marino”.
La
missione parte per il rientro da Massaua su “un cargo misto a motore che si
chiama «Volpi». Tutto nuovo, tutto curato, tutto bello”. È la festa della regina
d’Italia e il “Volpi” è pavesato a festa, come tutte le imbarcazioni del porto. “Cabine
spaziose e ben aerate”. A bordo “una madre americana e le sue tre figlie” – “che
flirtano in continuazione con gli ufficiali, comandante compreso” (“al punto che”
Leiris si domanda “se le ragazze non siano delle professioniste”).
Sul
finale, forse favorito dalla scoperta dell’Italia, dell’Africa italiana pulita, Leiris ha anche l’idea di un
racconto africano, su “un personaggio nel genere di Axel Heyst (v. Conrad)”.
Da non confondere con il Kurz conradiano del più celebre “Cuore di tenebra”:
Heyst è lo svedese in età che ha scelto di vivere solo in un’isola felice (chiamato
Axel come tributo al dramma analogo, intitolato “Axel”, di Villiers de l’Isle-Adam),
che si innamora di una voce, lento protagonista del romanzo tardo di Conrad “Vittoria”.
Ma
è un bagliore isolato, il viaggio finisce a pesce. Gibuti è cadente e sporca:
non ci sono che belgi, whisky, e prostitute somale, che giocano alle ninfe, appaiono e scompaiono - come usava nei night-club in Europa. È l’inizio di una fine brusca e malinconica. Piogge torrenziali.
Il “Volpi” riparte senza il gruppo Griaule, lo stesso Leiris ha perso ogni voglia
di andare a Calcutta, dove il piroscafo farà scalo, per sbarcare le americane: “Il viaggio esotico è
finito. Niente più desiderio di Calcutta, né di donne di colore (come fare l’amore
con le vacche: alcune hanno un sì bel pelame!), e nessuna più illusione, di quelle
che mi assediavano”.
Un libro per molti aspetti tuttavia ragguardevole, giustamente famoso. Tradotto trentacinque anni fa da
Rizzoli, è ora introvabile. Una nuova traduzione è censita dalle librerie online.
Una nuova traduzione, secondo Amazon, è prevista per l’1 gennaio 2030 (nell’attesa
si può prenotare...). Secondo altre librerie è già stato pubblicato nel 2015 da Quodlibet,
allo stesso prezzo di Amazon, € 26, ma si può solo prenotare.
Michel
Leiris, L’Afrique fantôme, Tel
Gallimard, pp. 658 € 18,90