Cavallo
Pazzo – Più grande da solo dei quattro presidenti
del vicino Mount Rushmore, il monumento più
grande del mondo è dedicato a Cavallo Pazzo. Molto più grande: i quattro
faccioni di Mount Rushmore, messi l’uno sull’altro, raggiungerebbero la metà o
poco più della faccia di Cavallo Pazzo.
In costruzione dal 1948, opera dello
scultore polacco-americano Korczak Ziolokowski, poi di sua moglie Ruth. Che nel
1998 ha completato la parte frontale del viso. Da allora si considera il
monumento finito: inaugurato da Clinton, meta di 4-5 milioni di visitatori ogni
anno. Ma dopo 71 anni, il monumento è realizzato solo per un terzo. Il progetto
lo vuole alto quattro volte la statua della Libertà. Seduto su un cavallo, il
braccio sinistro sollevato a indicare qualcosa. Sui 200 metri, in ampiezza (esattamente
195) e in altezza (172).
Il monumento a Cavallo Pazzo è anche una
sorta di proprietà privata: è gestito da una fondazione dei figli di Korczak e
Ruth Ziolkowski. I “Sioux”, in realtà i Lakota, nella cui riserva il monumento
è situato, non toccano un centesimo. Il governo federale ha provato un paio di
volte a rilevare l’area e il monumento per finanziarne la costruzione, ma Ziolkowski
prima e poi i suoi familiari hanno rifiutato l’offerta. I Lakota dal canto loro
non riconoscono l’appropriazione del territorio,
Il progetto è nato su un’idea di un capo
“Sioux” (Lakota), Luther Orso in Piedi, che nel 1939, poco prima di morire, ha o
avrebbe scritto a Korczak Ziolkowski, che aveva lavorato per qualche tempo al
Mount Rushmore, per protestare che un monumento analogo era necessario per i
nativi. Orso in Piedi avrebbe saputo di Ziolkowski perché era stato premiato
per la scultura all’esposizione mondiale di New York. Nel 1947 Ziolkowski si
stabilì in Sud Dakota, nelle Black Hills non lontano dal Mount Rushmore, e
cominciò a comprare terreni. Un anno dopo avviò la costruzione del monumento a
Cavallo Pazzo, con una prima esplosione. Alla presenza, fa ricordare dai figli,
degli ultimi reduci della battaglia di Little Bighorn, il torrente del Montana,
dove Cavallo Pazzo, con i Lakota, i Cheyenne e gli Arapaho sconfisse il
colonnello Custer e il Settimo Cavalleria.
Degenerescenza
– Ritorna con l’“Alzheimer”, dopo un lungo
periodo di disattenzione, se non per la forma dell’arteriosclerosi. Era tema di
diffusa esplorazione al culmine dello scientismo, a metà Ottocento. E il problema forse più discusso. Effetto, come oggi, del progresso: le migliori
condizioni di vita e di trattamento sociale accrescevano la moltitudine degli anziani.
E con essi dei mutilati, di guerra o civili, e delle persone problematiche. Un
trattato famoso del 1857, “Trattato delle degenerazioni fisiche, intellettuali
e morali della specie umana”, di uno stimato scienziato, lo psichiatra Bénédict
Morel, che officiava a La Salpétrière, la addebitava a una sorta di
predisposizione alla nascita, rilevandola dall’infanzia – la “demenza precoce” –
all’età adulta Ma la “degenerescenza”, come la chiamò, era parte dell’opinione intellettuale
prevalente all’epoca, che la collocava nel darwinismo, come una sorta di “maturazione”
fisica, individuale, ma applicabile anche alla società e alla storia. Analoga,
anche se su presupposti diversi, all’ideologia odierna della crisi.
Media
- “I costi di un’emittente televisiva a
medio raggio, una volta che sia uscita vittoriosa dalla guerra della
concessione delle frequenze, sono di gran lunga superiori a quelli di un
quotidiano che ricopra la stessa porzione di territorio”, Andrea Camilleri,
“Come la penso”, 294. Ciononostante, le tv prosperano, i quotidiani muoiono: la
tv raccoglie – sa raccogliere – la pubblicità. Internet lo sa, e la raccoglie
ancora meglio della tv, i cosiddetti Grandi Giganti della rete, subito
prosperissimi e ricchissimi.
Camilleri intendeva provare,
bizzarramente, che Berlusconi aveva speso un’enormità per diventare capo del
governo. Mentre il contrario è vero: Berlusconi non ha speso un’enormità ma ha
guadagnato un’enormità con la televisione, prima di diventare capo del governo.
Mentre i quotidiani hanno cominciato ad andare in fallimento, sopravvivono a
furia di tagli ai costi e di sovvenzioni. Perché ha inventato la pubblicità per
tutti – “il mobiliere Aizzone” e la Brianza tutta di Telemilano.
I giornali sopravvivono soprattutto di
tagli alle redazioni: al numero, all’anzianità, alle qualifiche e alle
retribuzioni dei giornalisti. Pensano di sopravvivere come giornali senza
giornalismo, come veicoli pubblicitari. Finora senza risultati, se non
ulteriori tagli: la pubblicità ha bisogno di un veicolo di richiamo.
Normanni
– Furono gli “agenti del papa” per la
latinizzazione del Sud Italia nella vecchia polemica greco-ortodossa contro la chiesa “latina”, di Roma. L’accusa è riconosciuta ora fondata dallo stesso Vaticano, indirettamente,
con la “restituzione” di chiese e complessi monastici, benché demaniali, a comunità
greco ortodosse. Un fatto sporadico, ma solo perché non si trovano abbastanza greci
(anche bulgari, russi, rumeni) greco-ortodossi disposti a trasferirsi in Italia.
Significativo comunque nel fatto. Una decina di casi si registrano in Calabria, dopo
quello del complesso di san Giovani Therestì a Bivongi. E un paio in Sicilia. Col
coinvolgimento di non grandi comunità di monaci, in tutto meno di una
cinquantina.
La discesa dei Normanni su commissione è
comunque un fatto storico. In un primo tempo i papi del dopo Mille, quando la
potenza bizantina si era fatta residuale, avevano puntato sui Longobardi. In
funzione anti-bizantina e contro le incursioni arabe. Nel 1040 il discusso e
discutibile papa Benedetto IX, Teofilatto dei conti Tuscolo, il casato orgoglio
dei Trasteverini, che da alcuni decenni era solito “nominare” il papa (il papa più giovane, di appena vent’anni,
papa tre volte, la seconda dopo essere stato scacciato dal partito dei Romani avverso
ai Trasteverini, la terza volta dopo essersi venduto la carica, a un suo amico,
dannato dai successori e nella memoria storica come ladro e anche assassino) ne
aveva dato investitura a Guaimario V e Gisulfo di Salerno. Nel 1051 ad Argiro,
figlio di Melo da Bari – il duca longobardo di cultura greca che si ribellò ai
bizantini, contro i quali, non trovando aiuto nell’imperatore in Germania
assoldò, per primo in Italia, alcuni cavalieri normanni, capitanati da Gilbert
Buatière, che però non gli evitarono la sconfitta.
Roberto il Guiscardo, figlio di Tancredi
d’Altavilla, era già in Calabria, regione ortodossa al pari del Salento, nel
1057. Nell’agosto 1059, nel corso del sinodo di Melfi, ricevette dal papa
Nicola II formale investitura per la conquista del Sud. Ma giù a giugno il
Guiscardo si era impadronito di Reggio.
Nel 1054 la chiesa latina si era separata
formalmente da quella ortodossa – il Grande Scisma, d’Oriente per i latini,
d’Occidente per gli ortodossi – dopo alcuni secoli di dura controversia. A fine
ano papa Leone IX scomunicò il patriarca Michele I Cerulario – che a sua volta
scomunicò il papa. Ma già in precedenza, sul finire del X secolo, Roma si era
sottomesse importanti diocesi del Nord della Calabria, Bisignano, Malvito e
Cosenza, grazie ai legami che esse avevano con l’archidiocesi di Salerno, in
terra longobarda.
La conquista normanna fu rapida. Tanto
che i figli di Tancredi, Roberto e Ruggero,
cominciarono a litigare per il bottino – già nell’assedio di Reggio. La
questione ortodossa fu confidata a Ruggero, in quanto dominus del nuovo regno che andava a costituire dalla capitale
Mileto – in attesa dello sbarco agognato in Sicilia, allora occupata
prevalentemente dagli arabi.
Gli accordi di Melfi avevano creato anche le
condizioni giuridiche per l’assestamento dei Normanni nel Sud Italia, in
Puglia, Calabria e, a Dio piacendo, in Sicilia. I Normanni si impegnavano a sostenere
il papa in ogni circostanza, e a garantire la successione pontificia.
Nominato a Melfi duca di Puglia, Calabria
e Sicilia, Roberto il Guiscardo era a tutti gli effetti un vassallo del papa.
Nel nome del quale Roberto e poi, con più intensità, Ruggero si adoperarono per imporre la chiesa latina. Con l’elargizione di
benefici e feudi, la creazione di chiede e monasteri, la concessione di terre a
comunità ecclesiali quali i cistercensi, favorendo il monachesimo benedettino
contro quello basiliano, e la creazione di chiese, monasteri, culti, con
reliquie e immagini miracolose, specie della Madonna sotto innumerevoli titoli.
Con effetti rapidamente pregnanti sull’opinione popolare.
La “grecità” fu però persistente. Il rito latino
fu a lungo celebrato in greco. Ci vollero tre-quattro secoli per sradicare la
presenza ortodossa nel Salento, in Calabria e in Sicilia. La costituzione di un
ceto sacerdotale latino prese tempo, e così pure la creazione di un episcopato.
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