Il sito della mostra dà
l’accesso a via Vecchia Salara (basilica Santi Cosma e Damiano) e invece l’accesso è al Colosseo.
Nel cafarnao del Colosseo, che uno magari non vorrebbe vedere. Col biglietto
(giustamente carissimo) del Colosseo. E con la coda sterminata del Colosseo. Si
provi a fare il biglietto online, è praticamente impossibile – anche lo 060608
comunale per le “attività culturali” sa poco della mostra (due risponditrici su
tre non sapevano nemmeno che ci fosse). Per accedere alla mostra non ci sono
indicazioni, bisogna rifarsi agli addetti alla sorveglianza – molti dei quali la
ignorano. La parte centrale della mostra è al secondo piano del Colosseo: un
corridoio aperto, gelido. Cui si accede per una sessantina di gradini da trenta
centimetri l’uno – l’ascensore è in un angolo remoto, e riservato agli
invalidi.
La mostra è ideata e
organizzata dalla stessa direttrice del Colosseo, Alfonsina Russo. E come è possible,
una mostra per non essere vista? Per aumentare il numero degli ingressi al
Colosseo - e battere infine il Louvre? Improbabile – in due ore di mostra si
saranno fermate a dare un’occhiata non più di una dozzina di persone.
Per limitare i danni ci si
può far bastare il corridoio dei venti del Colosseo, dove è esposto praticamente
tutto. La mostra prosegue nel Foro, al tempio di Romolo e alla Rampa imperiale,
ma se ne può fare a meno - nel Foro non ci sono indicazioni, e i sorveglianti ne
sanno poco o niente.
Il tempio di Romolo espone
reperti romani… Li espone perché trovati a Pantelleria, ma più per suonare l’inno
d’ordinanza all’uguaglianza, con cui i belli-e-buoni della Repubblica si
conquistano il paradiso: che Europa e Africa pari sono, nel grembo del Mediterraneo.
Come no, ma non diciamolo agli africani - quante guerre non si fecero, Roma e Cartagine.
Carthago. Il mito immortale, Parco archeologico del Colosseo, Roma
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