venerdì 17 gennaio 2020

Compiti in classe Sellerio

Un esercizio a rischio, la stucchevolezza del compito in classe, anche se da primi della classe. Ma qualche racconto si anima in proprio. Timm soprattutto, che si diverte in scioltezza con Tabucchi – con Pessoa – presente\assente a Lisbona.
Sellerio festeggia i cinquanta anni della sua collana madre con dieci storie dei suoi autori, a partire da Camilleri - la cui ultima storia è però rimasta incompiuta. Una raccolta di racconti su racconti. Ogni autore ha scelto un’opera della collana, e sul titolo, o sul tema, ha imbastito un racconto originale.
Manzini ha scelto Bontempelli, “La scacchiera davanti allo specchio”, un racconto per giovanissimi, su cui celebra la fine del teatro, anche lui divertendosi. Del teatro che faceva pubblico e opinione - il pubblico non manca, anzi si è moltiplicato, manca l’opinione: la critica, il peso specifico (i capi servizio spettacoli nei media fanno fatica a tenerne conto). Giménez Bartlett mette insieme Penelope Fitzgerald, “La libreria”, e la chefmania. Calaciura ha scelto Sciascia, “L’affaire Moro” – in realtà la novella “Il treno ha fischiato” di Pirandello (presenza singolarmente impalpabile nel catalogo Sellerio), di Sciascia è l’aneddoto finale, della psicosi indotta dal “terribilismo” brigatista. Alajmo rifà “Luisa Adorno”, la nuora toscana che racconta la famiglia siciliana nella quale è entrata. Molesini ha un “artista killer” alla Max Aub – anche questo basato su un fatto vero: la ricca vecchietta che lascia erede il cane. Camarrone racconta con Dovlatov, “La valigia”, la grande emigrazione sovietica verso la miseria a New York, un trasloco allo Zen di Palermo, Zona Espansione Nord - roba d’architetti, come tutto il degrado democratico, ma questo dobbiamo saperlo noi: allo Zen 2, disprezzato dallo Zen 1, “con la lapa  senza tettuccio dello zio Antonio”, la motocarrozzetta Ape. Un bozzetto, ma impertinente politicamente, un po
Decisamente impertinente Attanasio, che rievoca con Manzoni una caccia all’untore in Sicilia nel primo Ottocento. Un racconto storico alla Sciascia, con tanto di bibliografia, in aggiunta ai ringraziamenti. Ma perché l’argomento è sensibile: si tratta della “irresponsabile malafede di impreparatissimi e supponenti liberali”. La caccia all’untore è opera dei liberali siracusani del 1820-21, che per alimentare la rivolta isolana contro i Borboni di Napoli dissero la minaccia di colera opera degli stessi regnanti, tramite un agente straniero. Un girovago che proponeva il cosmorama, con la giovanissima moglie a la figlioletta. Non i soli morti linciati o lapidate della cinque giorni siracusana. La rievocazione dello scandalo precedendo con un rinfrescante con Platen, il poeta dimenticato, forse perché scelse di vivere nel Regno.
Fontana va sul filosofico, col “Dell’imperfezione” di Greimas - ma in senso ironico? si muore come si deve, di vecchiaia, inamabili, e si muore andando incontro alla felicità.  
AA.VV., Cinquanta in blu, Sellerio, pp. 378 € 15

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