L’Iran non è un paese arabo. Bisogna
dirlo? Sì. E fa differenza? Sì, se ne differenzia in modo radicale, per molti
aspetti.
È una società urbana, anche se
disseminata sparsamente sul territorio. Istruita. Islamica ma non nemica del
mondo. Con un forte senso della cultura – della storia. E con un forte realismo
- ben cosciente che non può, e comunque non ha interesse, a fare la guerra agli
Stati Uniti, come si crede.
L’Iraq, che si differenzia dall’Iran
per una consonante, è all’estremo opposto: una società tribale. Come la Libia
nel Mediterraneo, a fronte dell’Egitto - anche della Tunisia.
Gli ayatollah, che governano l’Iran da
quarant’anni, sono sicuramente una teocrazia, dalla mano dura, anche se si fanno
eleggere. Ma sono persone colte, che amano discutere. Hanno posizioni anche
diverse e perfino opposte, su problemi specifici e in generale, anche sul
regime, e le fanno valere: tra di loro si rispettano. Il loro governo si può
assimilare in Italia a quello degli Stati della chiesa.
In Iraq i capi sciiti, specie quelli
che si rifanno agli ayatollah, sono dei ras politici, prevalentemente a base
tribale.
In Iran c’è uno Stato. Un governo che
governa, una polizia, le forze armate, in un disegno politico. In Iraq, come in
Libia, no. Ci aveva provato Saddam Hussein, e in Libia Gheddafi, ma li hanno abbattuti
– l’Occidente li ha abbattuti in nome della libertà, tribale.
L’Iran è la Persia, di cui eredita la
storia - in parte, anche inconsciamente, la fa valere. Quando l’impero persiano
è finito, sotto i colpi di Alesandro Magno, dominava una buona metà del mondo
conosciuto, dal Mediterrano, Grecia esclusa ma Egitto compreso, fino all’India
e nell’Asia centrale. La sconfitta non cancella la Persia, la comunità di cultura
e storia. Che è riemersa quale parte intelligente, e spesso dirigente, dell’islam,
anche se non ne ha mai ospitato nessuna delle dinastie imperiali – ha avuto
ancora re ma non conquistatori.
L’iraq vanta un passato forse ancora
più impressionante, l’area dei fiumi, la Mesopotamia: Sumeri, Babilonesi (nella
babilonese Ur nacque il padre Abramo), Assiri, poi parte pregiata dell’impero
persiano, di quello romano, poi sede per cinque secoli dell’impero islamico
abbaside, dal VII al XIImo. Poi più nulla. Il nome deriva dal persiano, per
“terre basse”, in raffronto all’altopiano iranico. Con una popolazione sparsa, di
40 milioni. Regolata dalle tribù, dalla creazione dopo la prima guerra fino a
oggi. L’Iraq è non meno ricco – non più povero - dell’Iran: il il reddito pro
capite medio nei due paesi si aggira sui 5 mila dollari l’anno. Ma senza
governo, o Stato.
L’Iran si è risollevato col disegno imperiale dell’ultimo scià, Reza
Pahlavì. Di cui Khomeini si è impadronito, pari pari – modernizzazione forzata
esclusa.
Khomeini aveva passato undici anni in autoesilio - contro la modernizzazione dello scià - in Iraq, nel luogo santo di
Kerbala, ignorato. Diventò Khomeini in Francia nel 1978, protettto dai servizi
segreti francesi, che ne diffusero anche il verbo, attraverso audio e
videocassette. E abbatté lo scià, filoamericano.
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