venerdì 3 gennaio 2020

Il bluff degli ayatollah

Visto per una volta il loro gioco, il poker degli ayatollah si mostra un bluff. L’America che mostrano di disprezzare ne ha colpito con precisione l’obiettivo principale, il capo del fanatismo militare dei religiosi. 
I khomeinisti hanno adottato e esacerbato la pretesa imperiale dell’Iran a quarta – perfino terza – potenza mondiale che era del defunto scià. Approfittando delle debolezza dei presidenti americani con i quali si sono confrontati, Carter, Reagan e Obama, o benign neglect. E delle furie inter-arabe, in Libano, in Siria, e dopo Saddam Hussein nello stesso Iraq. Ma sempre minacciando molto, e limitando il fatto. 
La risposta di Trump li ha spiazzati. Non hanno gli strumenti militari per reagire, a parte i missili terra-terra a pioggia, a caso. Contro l’America perdono l’ombrello di Putin. Mentre riattizzano l’animosità araba e islamica anti-sciita, per esempio in Turchia. 
La Shiia predica il sacrificio, ma l’Iran è stanco degli ayatollah: avrebbe dovuto essere la Turchia del Millennio, un paese trasformatore e integrato nei mercati, e ristagna nell’arretratezza, con infrastrutture (strade, acqua, luce) primitive. Proteste spontanee in tutte le città a dicembre sono state confrontate con decine di morti, e la censura più rigida. 
La violenta reazione verbale è il segno della debolezza dei religiosi che hanno sottomesso lIran. Contro Trump è d’uso dire tutto, e non costa agitare folle qui o là per i video. Ma l’Iran è diviso e stanco, e gli ayatollah lo controllano poco.

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