Faletti in libertà. Nella
Milano ancora non “da bere”, dove la malavita è ancora marginale. Tra Br, la
solita Dc corrotta, e la inevitabile “linea della palma” mafiosa, già
determinante ma ancora sott’acqua.
Evirato per una questione di
malavita, un innominato Bravo procaccia escort milionarie. Ma siamo al tempo del
sequestro Moro, e la cosa non può non avere conseguenze sul tran-tran
quotidiano del magnaccia, i clienti importanti, le malandrinate, le bevute, il
tiratardi, le schedine del totocalcio da fregare. Il romanzo sarà, dopo una
lunga buona metà delle quattrocento pagine, delle Br e dei servizi segreti –
naturalmente “deviati”, anche se non ci sono mai state spie vergini, o comunque
giuste.
Tutto vero. Cioè falso,
inventato, ma è quello che è successo. Cioè: non c’è altra spiegazione. Tra sparizioni, agnizioni, buoni
improvvisamente cattivi e cattivi buoni. Molte morti fredde, poco sesso
malgrado il titolo, e la crudeltà della politica – Moro rapito considerato un
Moro morto.
Una sorta di esercitazione in
bravura di Faletti dopo i primi successi. Pieno di colpi di scena. Forse troppi:
un noir freddo, benché
dispendiosamente parlato, in una Milano disanimata. Con molte massime
sapienziali: “Non c’è memoria che possa ricordare ogni attimo”, “La memoria
mezzo per avere la certezza di essere esistiti”, “Mi chiedo se Dio ha provato
rimorso quando ha permrsso che uccidessero suo figlio”….
Anche il racconto è
disanimato. Malgrado le complicate geometrie, o forse a causa di esse. Il
racconto lo fa il protagonista, che quindi è obbligato a vedere tutto, oltre
che a sopravvivere. E la cosa procede per inerzia: si ha voglia di andare avanti,
ma, si sa, verso la delusione.
Giorgio Faletti, Appunti di un venditore di donne, Bcd,
remainders, pp. 397 € 2,97
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