mercoledì 1 gennaio 2020

Morte a Milano

Faletti in libertà. Nella Milano ancora non “da bere”, dove la malavita è ancora marginale. Tra Br, la solita Dc corrotta, e la inevitabile “linea della palma” mafiosa, già determinante ma ancora sott’acqua.
Evirato per una questione di malavita, un innominato Bravo procaccia escort milionarie. Ma siamo al tempo del sequestro Moro, e la cosa non può non avere conseguenze sul tran-tran quotidiano del magnaccia, i clienti importanti, le malandrinate, le bevute, il tiratardi, le schedine del totocalcio da fregare. Il romanzo sarà, dopo una lunga buona metà delle quattrocento pagine, delle Br e dei servizi segreti – naturalmente “deviati”, anche se non ci sono mai state spie vergini, o comunque giuste.
Tutto vero. Cioè falso, inventato, ma è quello che è successo. Cioè: non c’è altra spiegazione.  Tra sparizioni, agnizioni, buoni improvvisamente cattivi e cattivi buoni. Molte morti fredde, poco sesso malgrado il titolo, e la crudeltà della politica – Moro rapito considerato un Moro morto. 
Una sorta di esercitazione in bravura di Faletti dopo i primi successi. Pieno di colpi di scena. Forse troppi: un noir freddo, benché dispendiosamente parlato, in una Milano disanimata. Con molte massime sapienziali: “Non c’è memoria che possa ricordare ogni attimo”, “La memoria mezzo per avere la certezza di essere esistiti”, “Mi chiedo se Dio ha provato rimorso quando ha permrsso che uccidessero suo figlio”….
Anche il racconto è disanimato. Malgrado le complicate geometrie, o forse a causa di esse. Il racconto lo fa il protagonista, che quindi è obbligato a vedere tutto, oltre che a sopravvivere. E la cosa procede per inerzia: si ha voglia di andare avanti, ma, si sa, verso la delusione.

Giorgio Faletti, Appunti di un venditore di donne, Bcd, remainders, pp. 397 € 2,97


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