domenica 5 gennaio 2020

Il giallo di Trump scritto da Clinton

Sembra scritto oggi – la killer ha perfino voglia di Andrea Bacchetti che suona il concerto per clavicembalo n. 4 (di Bach, la gelida killer solo ascolta Bach) al Teatro Olimpico di Vicenza, senza nemmeno un errore di spelling . Il presidente deve già ordinare l’attacco a due capi terroristi, che si incontrano per pochi minuti nello Yemen, con un missile da un drone. L’unica differenza è che uno dei due si protegge con i figli, sette, scudi umani – il caso Suleimani complicato con quello al Baghdadi: il capo jihadista del romanzo si chiama anche lui Suleiman. Mentre deve difendersi dallo Speaker, il presidente della Camera dei Rappresentanti, che cerca una “scorrettezza presidenziale” qualsiasi per incriminarlo. Il famoso impeachment, liquidato col disprezzo: “Il presidente Gerald Ford disse una volta che una reato impeachable è qualsiasi cosa la maggioranza della Camera dei Rappresentanti dice che lo è” - un gioco a costo zero, contro l’opportunità di entrare nella storia, “rimuovere un presidente dalla carica”. Una storia che avrebbe potuto scrivere Trump oggi ma l’ha scritta Clinton un paio di anni fa.
La “scorrettezza” è ricalcata su quella imputata a Hillary Clinton segretario di Stato nel 2012, quando l’ambasciatore americano in Libia fu ucciso a Bengasi dai jihadisti con i quali era andato a negoziare. La mattinata si è aperta con i notiziari tv “falsi, tutti”, Msnbc, Cbs, Fox, Cnn – “dove raccolgono tutta questa merda?”, riflette il presidente, e si risponde: “Devo ammettere che è sensazionale, e il sensazionale si vende meglio”. L’Arabia Saudita si viene a sapere che sarà governata da un principe ereditario di soli 35 anni, in un regime di vegliardi, nominato successore dal proprio padre, contro le abitudini e le regole della famiglia. E il sospetto è già che sia la Russia a manovrare i cyberattacchi. Mentre l’Europa è già scomparsa – “non esiste”. Nell’epoca della sorveglianza: video, telefonica, social, hacker.
Una attualità che fa rabbrividire. E anticipazioni assurde, ma chi sa? Squadre di ucraini antirussi si aggirano mercenarie per l’Europa e il Nord Africa – queste ci sono probabilmente già, in Libia, mandate da Putin, i cecchini a colpo singolo. Al soldo di un terrorismo jihadista, o di chi tira le fila del terrorismo jihadista. Che considera suo feudo “l’Europa centrale e sud-orientale” - come direbbe il segerario di Stato Pompeo oggi? Il killer è donna: bella naturalmente e giovane, e rigorosamente vegetariana, “non si uccidono gli animali” – oltre che in simbiosi con Bach dentro le cuffie. Lei stessa è una sopravvissuta delle guerre jugoslave, dei massacri serbi. Il capo jihadista Suleiman è turco. E, novità nella novità, “non è musulmano. È un estremista laico e nazionalista che vuole combattere l’influenza occidentale sul Medio Oriente e sull’Asia centrale.  Il suo Jihad non ha nulla a che fare con la religione”. È anche un cyberterrorista più che un assassino sanguinario, ma per questo più temibile. 
Nelle poche ore di un venerdì che precede la scomparsa del presidente molte cose avvengono o sono discusse alla Casa Bianca che si sono avverate per Trump, in questo romanzo pubblicato due anni fa, dopo una laboriosa gestazione, con due scalette e “molte, molte stesure”. Il meccanismo è quello del Mafia-Stato: contro la minaccia cercare anche un contatto diretto col nemico. Qui il pericolo da scongiurare è più grande: una attacco informatico che distruggerebbe la potenza militare e l’economia americane. Un attacco che si sa essere in itinere – una prova generale, in piccolo, è stata effettuata a Toronto in Canada,  uno “spauracchio” è stato fatto circolare al Pentagono  – ma non si sa quando e in che modalità. Il presidente è convinto che il terrorismo jihadista è manovrato e pagato, e decide di “vedere” di persona le poste in gioco. E parte l’azione. In poche ore, le quarantotto di un week-end prima della seduta lunedì della Camera dei Rappresentanti dove il partito avverso e, nel proprio partito, i concorrenti, non vedono l’ora di pugnalare il presidente. Proprio su contatto cercato col nemico. Su questo termine ristrettissimo Patterson costruisce un coinvolgente suspense – benché alla 007, spettacolare più che credibile.
Tutto è all’ultimissima piega della politica. Molte donne alla Casa Bianca e al potere. Donna è anche il killer professionale: bella e tutto quanto, e fredda. I media sono marci. I servizi segreti burocratici. La rappresentazione è amara del sistema politico americano, un truogolo da basso impero: “frustrazione, polarizzazione, paralisi, decisioni sbagliate, opportunità sprecate”. Da parte  di Clinton, il presidente americano del più lungo boom economic (prima di questo di Trump….), cui si deve per chiari segni il quadro politico: avvelenato contro il Congresso, un branco di intriganti, e contro i media, una mandria di sciacalli. Più amaro considerando che la vicenda personale di Clinton, del tentativo di incriminazione, viene aggiornata a venti anni dopo, quelli che stiamo vivendo, a carico di un presidente che dovrebbe incontrare per troppi motivi la sua disistima. In un mondo senza più privacy, sotto “la videosorveglianza, le intercettazioni, i social media, gli hacker” - senza più personalità, possibilità di essere se stessi.
Infine “arrivano i nostri”, come si deve – il presidente è ancora qui per raccontarcela, il racconto è in soggettiva. Ma non è più una favola, certamente non eroica.

Bill Clinton-James Patterson, Il presidente è scomparso, Longanesi, pp. 496, ril. € 22

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