Assab
- 1882, muore Garibaldi, Egidio Osio
annota: “L’impressione generale è che tutto quanto veniva direttamente da
Garibaldi era buono, bello, nobile, generoso: tutto quanto viene dagli altri
era, è, e sarà sozzo, ignobile, perverso”. Osio, generale, era il vice-governatore
- una sorte di vice-padre - di Vittorio Emanuele III. Lo fu dal 1881 al 1889,
dai dodici ai vent’anni del futuro re, di cui completò l’educazione. Lombardo
(il nome è ben manzoniano), era stato giovane volontario col Piemonte nel 1859,
quindi militare e diplomatico, a Berlino e in Africa.
Nel 1883 il governo preparava lo sbarco a
Massaua. Osio, richiesto di un parere dal ministro degli Esteri Mancini, gli
spiega che “nessun punto della costa del Mar Rosso risponde a un concetto serio
di politica coloniale” (“Dunque, secondo Lei, tutti quelli che mi spingono a
occupare Massaua sono tutti matti?” “Tutti matti, eccellenza”). Il generale
conosceva Massaua per essere stato nel 1867-68 osservatore di una spedizione
punitiva britannica in Abissinia contro Ras Teodoro.
Franchi
– Erano tribù germaniche, ha stabilito Nicholas
Fréret nel 1714, “De l’Origine des Français et de leur établissement dans la
Gaule”. Che comincia apodittico: “Non si dubita più oggi che i Francesi non
siano originari della Germania, e l’opinione che li fa discendere dai troiani,
da un Francus, figlio di Ettore, o
sbucare dalle paludi del Tanai (Don, n.d.r.) è abbandonata da tutti. Le nazioni
hanno le loro chimere, come i casati illustri…”. Subito poi smentisce la
ricostruzione storica più verosimile: che le tribù di Pannonia, nel V secolo,
furono talmente apprezzate per il loro valore e la loro fedeltà all’impero, che
l’imperatore Valentiniano le congedò esentandole dalle tasse. Da qui il nome di
“franchi”, uomini liberi. Che dalla Pannonia erano intanto arrivati al Reno, e
da qui passarono in massa in Francia. No, sostiene Fréret al terzo capoverso:
la Francia era tedesca già nel 240, perché si hanno “prove incontestabili” che
in quell’anno le tribù dette Franche erano attestate sulle due rive del Reno,
da Colonia all’oceano, ed erano forti e indipendenti.
Fréret fu un poligrafo molto dotato, fin
da giovane, e molto dotto, autore di molte memorie che resistono negli annali,
specie degli studi di mitologia e religione. Avviò anche lo studio del cinese.
“L’origine dei Francesi” gli costò la Bastiglia: ne approfittò per riesumare la
“Ciropedia” di Senofonte.
Nicolas
Fréret sarà anche uno pseudonimo fra i tanti di D’Holbach, il barone Tedesco
Paul Heinrich Dietrich d’Holbach, naturalizzato francese (anche il titolo
baronale era francese, acquisito da uno zio, che aveva fatto buoni affari sotto
le Reggenza, successiva alla morte di Luigi XIV), grande massone, membro della
loggia cui era affiliato Benjamin Franklin, e lo sarà Voltaire nell’ultimo mese
di vita. D’Holbach pubblicherà a suo nome, quando
Fréret era morto da tempo, l’“Examen critique des apologistes de la religion
chrétienne” e altra saggi di ateismo.
Ma quella di Fréret sui francesi-tedeschi non era del tutto una
novità. Nell’anno 49 a.C., del ritorno di Cesare dalla Gallia, “un gran numero di
Germani – centoventimila venne riferito – ha attraversato il Reno e si è
stabilito nelle terre degli Elvezi, una tribù bellicosa, la cui risposta è
stata di spostarsi a loro volta verso ovest, all’interno della Gallia, in cerca
di nuovi territori” (R.Harris, “Conspirata”, p. 336)
Molta
letteratura d’appendice nell’Ottocento, decine di migliaia di pagine, divide
la Francia tra franchi oppressori e galli onesti lavoratori, oppressi.
Nella
storia, i ruoli Otto-Novecento – da metà Ottocento a metà Novecento - fra
tedeschi e francesi, aggressori e aggrediti, sono stati anche rovesciati. Simone
Weil, “L’enracinement”, pp.138-43 /tradotto come “La prima radice”), che pure
scriveva nel 1943, esule a Londra con De Gaulle contro il nazismo, denuncia l’atroce
conquista della Francia sotto la Loira da parte dei francesi-franchi. I “tedeschi”
di un tempo erano i francesi, nella Francia attuale sotto la Loira, massacratori
di Albigesi e trovatori che non erano francesi, nonché in Borgogna, nelle
Fiandre, in Sicilia. E nella conquista feroce del Sud hanno creato
l’Inquisizione, per meglio perseguitare i felici popoli sottomessi.
La filosofa
ricorda tra l’altro: “La Franca Contea, libera e felice sotto la lontanissima
sovranità spagnola, si batté nel Seicento per non diventare francese. La
popolazione di Strasburgo si mise a piangere quando vide le truppe di Luigi XIV
entrare nella sua città in piena pace, con una trasgressione della parola data
degna di Hitler”.
Dante Giacosa – I venticinque anni della morte non si celebrano dell’ingegnere designer che “fece” la Fiat quando era
tra le prima case automobilistiche mondiali.Ha progettato e disegnato la Topolino,
la Seicento e la Nuova 500. E poi anche l’850, la 128, per la quale ebbe
riconoscimenti internazionali, e la 127.
Guardiano notturno – Detto dello Stato limitato, o Stato “debole”. Era stato Lassalle, il primo
socialista, nel 1862 in Was nun?, e
ora che fare, a proporre l’alleanza fra trono e classe operaia, “contro il
liberalismo e la teoria inglese dello Stato debole”, la teoria del “guardiano
notturno”. Che invece,
spiegherà Gramsci, non è lo Stato debole: “L’espressione di «Stato-veilleur de nuit» corrisponde
all’italiano di «Stato carabiniere» e vorrebbe significare uno Stato le cui
funzioni sono limitate alla tutela del’ordine pubblico e del rispetto delle
leggi”, come se le private e privatissime forze e funzioni non fossero
anch’esse Stato, “anzi, lo Stato stesso”.
N.N. – Nomen nescio, non conosco il nome in
latino, oppure “non nominato”, cioè non iscritto all’anagrafe da un genitore, era
in uso nella carta d’identità fino al 1975, quando il rivoluzionato diritto di
famiglia abolì dall’anagrafe e dal documento l’identificativo paterno. Era in
uso specialmente per i nati da madre sposata, il cui marito avesse
disconosciuto la paternità.
Fernand Pouillon – Architetto e costruttore,
nonché romanziere, è stato il precursore-inventore dell’edilizia popolare di
grandi conglomerati – tipo il Corviale di Roma, le Vele di Napoli – già negli
anni 1950 ad Algeri, allora colonia francese. Costruttore prima che architetto:
il primo edificio da lui costruito è del 1936, quando aveva 24 anni, la laurea
del 1942 - facilitato dalla smobilitazione
dall’esercito. Coniugava la creazione di comunità, seppure unite solo dal
vincolo abitativo, moltiplicando i servizi in comune, con la limitazione dei
costi. In teoria – in pratica realizzò grossi complessi presto invivibili, e i
rovina, per una impossibile cogestione dei servizi tra i condomini.
Negli
oltre cinquant’anni di vita professionale, ha progettato e realizzato più di 2
milioni di metri quadri in Francia, Algeria e Iran, stima nel 1986, nel
risvolto del suo romanzo “Il canto della pietra”, tradotto. Ha scritto pure
questo romanzo, sempre sul fabbricare. Era nato in Provenza, terra di armonie.
È finto fallito.
Moro-Rapacki – Il Piano Rapacki, dal nome del
ministro degli Esteri di Polonia dal 1956 al 1968, da lui presentato all’Onu
all’assemblea generale dell’autunno 1957, prevedeva la creazione al centro
dell’Europa di una zona denuclearizzata. Comprendente le due Germanie, la
Polonia e la Cecoslovacchia. La proposta fece sensazione ma non ebbe seguito.
Tre anni dopo fu ripresentata, sempre all’Onu, col nome di piano Gomułka, il
segretario del Pc polacco.
Il piano
Rapacki si vuole anche Moro-Rapacki.
Ma di Moro non c’è traccia negli annali - nel 1958 ancora brandiva le armi
contro i socialisti, contro il centro-sinistra. Di un piano Moro-Rapacki si
parlò, ma solo in Italia, quando Moro fece lui stesso il governo con il partito
Socialista, che era stato in passato, con Pietro Nenni, neutralista – ma Nenni,
ministro degli Esteri di Moro, fu molto “atlantico”.
Paul Robeson – Il grande basso
baritono americano, alfiere dei diritti civili dei neri, in America e a Londra,
dove lavorò per una decina d’anni tra le due guerre, attore di teatro e
cantante di concerti, era potente e
prestante anche fisicamente - il miglior giocatore di football americano nei
suoi anni di università. Al punto da meritarsi nel 1932 l’elezione in tribunale
ad amante di lady Edwina Mountbatten, la ricchissima ereditiera futura vice-regina
dell’India – in quanto moglie di Lord Louis Mountbatten, cugino del re Giorgio
V e nipote della regina Vittoria, ma spiantato, o quasi.
In
tribunale il suo nome fu fatto da un giornale di pettegolezzi. Anche per la
fama di donnaiolo che l’attore-cantante si era fatta a Londra - testimoniata
pure dalla moglie, che però gli resterà accanto. Lady Edwina dichiarò di non
conoscere Robeson e il tribunale le credette. I biografi dei Mountbatten sono
divisi. Era stato il giornale “The People” a parlare della relazione di lady
Edwina con “un amante nero”, e a dire in tribunale il nome di Robeson.
Un
amante nero, almeno uno, di lady Mountbatten c’era, riconosciuto per tale: Leslie
“Hutch” Hutchinson, un cantante jazz dei Caraibi, anche lui dotato fisicamente,
molto popolare nella cafè society londinese.
Ma forse la relazione – come l’indiscrezione a “The People” – era solo
promozionale. Hutchinson fu in attività a lungo, anche dopo la guerra, e le
conquiste a mano a mano moltiplicò, a beneficio dei giornali popolari: Merle
Oberon, una duchessa di Kent, la principessa Margaret, sorella minore della regina
Elisabetta II, a lungo dominio del gossip,
e anche un uomo, ma di fama anche lui, il compositore Cole Porter. Sembra invece accertato che quando morì, nel 1969, solo e povero, i funerali furono pagati dai Mounbatten - lady Edwina e il marito erano già morti da dieci anni.
astolfo@antiit.eu
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