sabato 11 gennaio 2020

Il nuovo papa è svogliato

Il primo episodio della nuova serie è svogliato: un interminabile conclave. Tutto ricco al solito, magniloquente, ma è lo sfruttamento da varie angolature della stessa scena. Tenuta su da un cardinale Voiello-Silvio Orlando invadente, nemmeno tanto spiritoso. Dopo l’ombra di una suora che va in estasi lavando il corpo esanime del papa giovane – di cui sapremo che è sopravvissuto a tre (?) trapianti di cuore. E un accenno di balletto delle novizie in sottoveste trasparente, sotto una grande croce luminosa, ma modeste. Confrontate da una brusca guardiana, una suora nana - ripetizione da Fellini, ma anche questa fredda. 
Sorrentino resta irrispettoso e grande bellezza, ma è disappetente: il serial non è il suo genere (Fellini avrebbe voluto cimentarvisi, ma non ce la fece, e quindi non abbiamo maestri del genere)?
Il secondo episodio è più mobile. Loquace anche questo, ma sui toni a sorpresa dello “young Pope”. Girato in una residenza inglese, con parco, maggiordomo e tutto il necessario di “Downton Abbey”. Interlocutore il futuro papa Malkovich, un nome che è già una presenza. Con argomenti da cardinale Newman, inglese santo e eccentrico. Che non è parte dello sceneggiato, ma ne aveva anticipato lo spirito. Da “ultimo cercatore di verità”, quale si voleva, che diceva: “Il Signore rifiuta la simpatia”. Lui personalmente invece l’apprezzava, che ebbe come motto “cor ad cor loquitur”, il cuore parla. E si volle sepolto nella stessa tomba di Ambrose St.John, un frate, amico di una vita fin dal collegio, la cui morte aveva pianto “più di un marito, o di una moglie”.
Questo nel “New Pope” non c’è, la parte che sarebbe stata più succosa della trasferta inglese – Sorrentino non fa ricerca, il suo del resto non è un cinema storico. Ma Malkovich supplisce, in proprio e anche come personaggio: vive con i vecchissimi genitori, con i quali però non si parlano. Più vivace pure il contorno: la location, i dialoghi british, l’obbligatoria scena di sesso – qui “dal vero”: un cunnilingus telefonato - con le vibrazioni del cellulare? - di una sapida Cécile de France. E suppliscono le immagini, sempre memorabili, in cui Sorrentino eccelle. E i dialoghi mai banali, questioni perfino arcane discusse con diletto. Limitate le provocazioni  – il minimo di quanto il produttore pretende, di nudi, amplessi, #metoo etc..
Resta comunque sempre un Fellini in grande stile. Rifinito, “classico” - alla Bertolucci, “L’ultimo imperatore”. L’idea che Fellini non ebbe – e soprattutto non i mezzi, ora delle potenti reti tv, i contenitori il più mirabolanti possibile di pubblicità. 
Al fondo ancora l’innominato Moretti. Del film sul papa renitente - della inadeguatezza - e di altri tic, o modalità. Qui - oltre che nei tempi e gli stacchi, sorprendenti e irriverenti-riverenti - nel verbiage del protagonista, che si chiama e si risponde. 
Paolo Sorrentino, The new Pope

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