L’“uomo
forte” Salvini è naufragato per una minuzia: citofonare un bravo ragazzo, con
codazzo di tv e media vari, per accusarlo di spaccio, solo perché figlio di un
tunisino? Allertato da una vicina e da un carabiniere che non amano “i negri”?
Forse no, forse ci sono dei limiti alla crescita della Lega, peraltro ancora
inspiegata. Ma forse sì: la politica si basa su percezioni, non su calcoli.
Muovere
la piazza su spinta di uno dei tanti solitari che incontriamo a blaterare sui
mezzi o al mercato è un limite. Di personalità, di mentalità, di cultura, e di consulenza
remunerata, di consigliori. Demenza consigliare una provocazione sulle turbe di
sconosciuti, demenza montarla. Si capisce che l’uomo non ha la stoffa, neanche
del politico cinico vecchio stampo (si fa ancora caso del “nuovo”, benché
inerte): nessun politico sarebbe andato al traino di una donnetta – avrebbe pensato
che gliela mandava il nemico, una provocazione.
Ma
l’“uomo forte” occupava, e ancora occupa, una forte rendita di posizione. Il
bisogno di governo è tale che si adatta a chiunque, basta occuparsi dei
problemi reali. Anche sbagliando. La democrazia si anima come lo sport, con i
playmaker.
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