venerdì 31 gennaio 2020

La guerra è dei materiali

La guerra non è più nostra, umana: “In questo scontro non si confronteranno, come al tempo delle armi lucenti,  le capacità del singolo, ma quelle dei grandi organismi. Produzione, stato della tecnica, chimica, organizzazione scolastica, rete ferroviaria: sono queste le forze che, invisibili, lottano tra di loro dietro le nuvole di fumo della battaglia dei materiali”. Ormai è scontato, ma all’epoca no, al tempo della Grande Guerra. Di cui – poco o nulla celebrato nelle celebrazioni – Jünger resta il testimone più attendibile, la patina di un secolo lo conferma.
Non c’è gloria, la guerra è uccidere. Qualcuno è morto sucida. Il tenente Sturm, cioè Jünger, procede alla sua solita routine, il passaggio da un bunker all’altro, più o meno raffazzonato ingegnosamente, da una gavetta a un liquore, da un anno sempre nella stessa trincea, dopo aver mirato al cannocchiale del fucile un soldato inglese che ha appena dato il cambio di guardia, e forse lo ha ucciso. “Ci si scagliava verso la morte senza vedere il nemico; si veniva colpiti senza sapere da che parte veniva lo sparo”. Si combatteva anche alla baionetta, corpo a corpo, senza altro slancio che della sopravvivenza.
Il secondo libro di Jünger, 1923 – poi dimenticato, da lui stesso recuperate nel 1960. Con gli stessi materiali del primo, “Nelle tempeste d’acciaio”, che aveva fatto furore nella Germania della sconfitta: i taccuini del giovane tenente, che, mentre studiava zoologia a Heideberg, “improvvisamente, per una momentanea confusione dello spirito”, si era trovato mobilitato. Ma non  drammatizzati, se non per la tensione interna alle considerazioni che vi si volgono. Che l’entomologo futuro scrittore condivide con due compagni di trincea, al modo dei dialoghi platonici. Con la nostalgia già di Parigi, ancora non conosciuta: di Baudelaire, del flâneur – come già di Stendhal nel primo libro. Cioè dell’ipernemico.
Dialoghi-soliloqui platonici, tristi. Ma qui si avvia l’entomologia dell’umano, singolo e in  comunità (qui ristretta, nelle trincee al fronte), che sarà la cifra di Jünger. Sovrastata già dalla tecnica, fredda. Solo temperata dal cameratismo, dalla socievolezza. Dopo aver mirato alla sentinella inglese, il tenente Sturm “continuava a chiedersi con insistenza: era ancora lo stesso di un anno fa? L’uomo che ancora di recente stava scrivendo una tesi di dottorato su «La riproduzione dell’ameba proteus per sezione artificiale»?” La guerra ha perduto molti, oltre ad averne uccisi.
Ernst Jünger, Il tenente Sturm, Guanda, pp. 89 € 11

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