giovedì 2 gennaio 2020

Che lusso la noia

“La noia è lo sprone che fa marciare il mondo”. Un trattatello spiritoso lasciato inedito dal barone, offerto postumo nel 1790, a un anno dalla sua morte, ai residui abbonati dalla sopravvissuta “Correspondance littéraire” già del barone Grimm e di Diderot. Il severo materialista della “Morale universale” si dilettava anche de minimis, in tono più o meno faceto. Per esempio “Dell’arte di arrampicarsi, a uso dei cortigiani”.
Della noia e degli annoiati si era già occupato nei tre tomi dell’opus magnum in tono censorio, al t. 1, sezione III, cap. VIII, “Della pigrizia, dell’ozio, della noia e dei suoi effetti”, fustigando colui  “il cui spirito è senza cultura, senza altri mezzi di distinguersi nel mondo che il fasto, l’abbigliamento, il lusso, la fatuità”, e che “non sa mai come impiegare il suo tempo; porta di circolo in circolo la sua noia, la sua inettitudine, la sua presenza incomoda: sempre faticoso a se stesso, lo diviene agli altri; la sua conversazione sterile non gira che su minuzie indegne di occupare un essere ragionevole”. Bersaglio sempre il cortigiano, razza allora diffusa a Parigi e dintorni.
Qui rigira paradossalmente il punto di vista: “Tuttavia, se esaminiamo la cosa a sangue freddo troveremo che la noia produce esseri molto reali e ben caratterizzati, che gli annoiati hanno un ruolo molto rispettabile nelle società opulente e raffinate, e che la felicità degli Stati esige che ci sia un gran numero di annoiati”. Insomma, la noia è segno di benessere: “In effetti, è in seno alle nazioni ricche, istruite, civilizzate che la noia comunemente staziona; una nazione selvaggia, laboriosa, non ha il privilegio di conoscerla, tutti lavorano e nessuno ha il tempo né i mezzi di annoiarsi”.
Un paradosso con un brivido: l’orizzonte del barone è ristretto a Parigi e alla corte. Al più, il suo trattatello è sulla linea della “Favole delle api” di Mandeville - che sarà anche di Marx: dell’inutile come motore dell’utile. Ma presto si riprende: “Come ci si annoierebbe in un paese infelice in cui non ci sono né Avvocati né Autori né Medici né vapori. Dove tutti, perfino le donne, sono all’opera, e il lavoro come si sa è nemico mortale della noia”.
Poi si diverte. Specie con la noia dei filosofi: “attiva e passive”, “assoluta e relative”. Il noioso relativo esce da un film dei Vanzina, “un uomo fuori posto, uno che è gradevole per molti ma forse è agli occhi di sua moglie il più noioso dei mortali”. “Il noioso assoluto è quello che un sapiente italiano ha chiamato noioso di passo” – “in effetti, solitamente inoperoso, non ha altra funzione che tendere imboscate”. L’analisi si allarga agli sbadigli, alle “visite”, ai fischi in teatro, alla digestione dei ricchi. E ai sovrani: “Un sovrano che s’annoia mette in moto l’universo. Se Alessandro non si fosse annoiato…” Perché è come Omero dice, che chiama i re “mangiatori di popolo”: “Obbligati a digerire nazioni intere, devono avere lo stomaco molto affaticato e indigestioni frequenti…”. Ma il più resta da fare: “Ridurre l’arte di annoiare a sistema è scoperta riservata al progresso futuro dei Lumi”.
Paul-Henri Thiry d’Holbach, Apologie de l’ennui et des ennuyeux, free online

Nessun commento:

Posta un commento