Della noia e degli annoiati
si era già occupato nei tre tomi dell’opus
magnum in tono censorio, al t. 1, sezione III, cap. VIII, “Della pigrizia,
dell’ozio, della noia e dei suoi effetti”, fustigando colui “il cui spirito è senza cultura, senza altri
mezzi di distinguersi nel mondo che il fasto, l’abbigliamento, il lusso, la
fatuità”, e che “non sa mai come impiegare il suo tempo; porta di circolo in
circolo la sua noia, la sua inettitudine, la sua presenza incomoda: sempre
faticoso a se stesso, lo diviene agli altri; la sua conversazione sterile non
gira che su minuzie indegne di occupare un essere ragionevole”. Bersaglio
sempre il cortigiano, razza allora diffusa a Parigi e dintorni.
Qui rigira paradossalmente il
punto di vista: “Tuttavia, se esaminiamo la cosa a sangue freddo troveremo che
la noia produce esseri molto reali e ben caratterizzati, che gli annoiati hanno
un ruolo molto rispettabile nelle società opulente e raffinate, e che la felicità
degli Stati esige che ci sia un gran numero di annoiati”. Insomma, la noia è
segno di benessere: “In effetti, è in seno alle nazioni ricche, istruite,
civilizzate che la noia comunemente staziona; una nazione selvaggia, laboriosa,
non ha il privilegio di conoscerla, tutti lavorano e nessuno ha il tempo né i
mezzi di annoiarsi”.
Un paradosso con un brivido:
l’orizzonte del barone è ristretto a Parigi e alla corte. Al più, il suo
trattatello è sulla linea della “Favole delle api” di Mandeville - che sarà
anche di Marx: dell’inutile come motore dell’utile. Ma presto si riprende:
“Come ci si annoierebbe in un paese infelice in cui non ci sono né Avvocati né
Autori né Medici né vapori. Dove tutti, perfino le donne, sono all’opera, e il
lavoro come si sa è nemico mortale della noia”.
Poi si diverte. Specie con la
noia dei filosofi: “attiva e passive”, “assoluta e relative”. Il noioso
relativo esce da un film dei Vanzina, “un uomo fuori posto, uno che è gradevole
per molti ma forse è agli occhi di sua moglie il più noioso dei mortali”. “Il
noioso assoluto è quello che un sapiente italiano ha chiamato noioso di passo” – “in effetti,
solitamente inoperoso, non ha altra funzione che tendere imboscate”. L’analisi
si allarga agli sbadigli, alle “visite”, ai fischi in teatro, alla digestione
dei ricchi. E ai sovrani: “Un sovrano che s’annoia mette in moto l’universo.
Se Alessandro non si fosse annoiato…” Perché è come Omero dice, che chiama i re
“mangiatori di popolo”: “Obbligati a digerire nazioni intere, devono avere lo
stomaco molto affaticato e indigestioni frequenti…”. Ma il più resta da fare:
“Ridurre l’arte di annoiare a sistema è scoperta riservata al progresso futuro
dei Lumi”.
Paul-Henri
Thiry d’Holbach, Apologie de l’ennui et
des ennuyeux, free online
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