sabato 25 gennaio 2020

La scoperta dell’Africa è ferma al 1947

Cendrars è variamente tradotto, ma non per questo classico, anche se di facile accesso (in traduzione è però “Piccole storie negre per i bambini dei bianchi”, seguite da “Com’è che i bianchi un tempo erano neri”. Del resto non ripubblicato nemmeno in originale, da trent’anni, dopo le molteplici edizioni negli anni della decolonizzazione. L’Africa indipendente si è perduta.
Lo scrittore svizzero, più famoso come globe-trotter, ma anche romanziere, poeta, cineasta, propone qui una messe enorme di materiali su tutti gli aspetti culturali del continente sub-sahariano. Nel 1947, venti anni dopo e a seguito del successo sorprendente  delle esposizioni africane a Parigi a cavaliere degli anni 1930, quelle su cui si innesteranno alcune esperienze artistiche europee, Cendrars recuperava a futura memoria una cultura senza scrittura nei suoi aspetti di miti, credenze, riti e poesia orali. Un’antologia costituendo ancora insuperata, perfino in culture, quale quella francese, molto aperta all’Africa. In materia di feticismo, soprattutto, totemismo, cosmologia. Con una ricca panoplia di racconti, fantastici, d’avventura, di animali, morali, d’amore, nostalgici, umoristici, e contemporanei o modernizzanti.  Testimonianza anche di una lingua francese allora più ricca, di termini e concetti afro-francesi.
Nel buio che avvolge l’Africa in quello che si dice sarà il suo millennio – l’Africa invaderà l’Europa, la demografia lo decreta, eccetera – uno dei pochi fari ancora disponibili sul continente. Sarà che l’Africa era conosciuta meglio quando c’era il colonialismo.
Blaise Cendrars, Anthologie nègre

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