Lo scrittore svizzero, più
famoso come globe-trotter, ma anche romanziere, poeta, cineasta, propone qui una
messe enorme di materiali su tutti gli aspetti culturali del continente
sub-sahariano. Nel 1947, venti anni dopo e a seguito del successo
sorprendente delle esposizioni africane
a Parigi a cavaliere degli anni 1930, quelle su cui si innesteranno alcune
esperienze artistiche europee, Cendrars recuperava a futura memoria una cultura
senza scrittura nei suoi aspetti di miti, credenze, riti e poesia orali. Un’antologia
costituendo ancora insuperata, perfino in culture, quale quella francese, molto
aperta all’Africa. In materia di feticismo, soprattutto, totemismo, cosmologia.
Con una ricca panoplia di racconti, fantastici, d’avventura, di animali, morali,
d’amore, nostalgici, umoristici, e contemporanei o modernizzanti. Testimonianza anche di una lingua francese allora
più ricca, di termini e concetti afro-francesi.
Nel buio che avvolge l’Africa
in quello che si dice sarà il suo millennio – l’Africa invaderà l’Europa, la
demografia lo decreta, eccetera – uno dei pochi fari ancora disponibili sul
continente. Sarà che l’Africa era conosciuta meglio quando c’era il colonialismo.
Blaise Cendrars, Anthologie nègre
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